Libri dell'estate. Il segreto

Il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà legge il "Diario di un curato di campagna" di Georges Bernanos (Da "Tracce", giugno 2021)
Giorgio Vittadini

Un giovane prete viene inviato a fare il parroco nel piccolo paesino francese di Ambricourt. La sua azione piena di umanità e di fede, fortemente contrastata dalla meschinità di molti suoi parrocchiani, viene narrata in un suo diario fino alla morte prematura. La trama del romanzo è quindi semplice, quasi elementare, ma solo in apparenza.

Infatti chi si accosti oggi al libro di Georges Bernanos deve liberarsi di almeno due pregiudizi. Il primo è che sia un libro ambientato in una campagna ormai scomparsa e di scarso interesse. Inoltrandosi nella lettura ci si accorge invece che il contesto, mutatis mutandis, è del tutto simile a quello di oggi. Nei concittadini del curato prevalgono cattiveria, noia e soprattutto un’immensa e mascherata solitudine, non solo rispetto alla Chiesa, ma all’esistenza. Che differenza c’è se guardiamo alla vita di tanti di noi cristiani oggi?

Ma qui sta il secondo pregiudizio: che il libro racconti di una vita come sconfitta. Dall’apparente dominante tristezza sbucano continuamente i segni di qualcosa di diverso. Quando il curato va a trovare la contessa e scopre le grandi bassezze di una famiglia apparentemente rispettabile, esclama: «I nostri peccati nascosti avvelenano l’aria che gli altri respirano». E nel dialogo si compie il miracolo: la nobildonna rivela che l’origine del suo cinismo affonda nel grande amore a un figlio morto precocemente, e per la prima volta accetta il suo destino e muore riconciliata con la vita.

Nel diario c’è un uomo che nel quotidiano «ha accettato una volta per sempre la terribile presenza del divino nella sua povera esistenza». Nel cancro che lo porterà alla morte, si vede una vita fino all’ultimo divenuta missione, quando chiede l’assoluzione finale dai peccati a un ex compagno di seminario tubercolotico che ha lasciato il sacerdozio. Non è solo abnegazione o sacrificio, è molto di più, come si capisce dalla predica di Pasqua: «Non è colpa mia se sono vestito come un beccamorto. Dopotutto, il Papa si veste di bianco, e i cardinali di rosso. Io avrei diritto di andare in giro vestito come la regina di Saba, perché porto la gioia».

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Quella strana gioia che porta la fede anche nel dolore, la stessa che ho trovato in un biglietto di mio nonno vent’anni dopo la sua morte: «Nell’amore verso Gesù e Maria ho trovato la forza per proseguire quasi gioiosamente nella mia vita piena di lotte, di contrasti, di sofferenza e anche di bellezza». Il segreto di mio nonno e del curato di Bernanos, la speranza per ciascuno di noi.


Georges Bernanos
Diario di un curato di campagna
San Paolo
pp. 368 - € 12