Di che stoffa è fatta la ragione dell'uomo? La domanda sempre viva di don Giussani

Un contributo di Costantino Esposito sul volume Bur-Rizzoli "Vivere la ragione. Saggi sul pensiero filosofico di don Giussani" (Da "Il Foglio", 11 maggio 2023)
Costantino Esposito

Ci sono modi diversi per connotare la natura e il compito della filosofia, o meglio del “lavoro filosofico”, che non è solo l'attività di coloro che se ne occupano professionalmente, ma è quell'impegno di ciascun essere umano, a cercare, a decifrare, a riconoscere il senso di sé e delle cose, della natura e della storia. Il che non vuol dire affatto che siamo tutti un po' filosofi, quanto piuttosto che “filosofia” è il nome, elaborato da una lunghissima storia, per indicare uno dei caratteri distintivi del nostro stare al mondo, all'altezza della nostra umanità. Più precisamente, una dimensione costitutiva - il più delle volte non tematizzata, ma non per questo meno decisiva - della nostra esperienza, come esseri dotati di coscienza e libertà. Ebbene, ci sono diversi modi per delineare questo impegno a cogliere il senso del reale, come diversi sono gli stili con cui la filosofia è praticata, ma forse ciò che li collega e li attraversa tutti potremmo chiamarlo una passione per la ragione.

Usando questo nome ci riferiamo insieme a due cose (e qui l'importante è proprio il loro essere insieme): la ragione come la nostra facoltà di conoscere il reale, la capacità di cogliere il mondo, e la ragione come il senso adeguato o ultimo del mondo. Da come questi due poli stanno o non stanno insieme dipendono poi i diversi stili e le varie prospettive del pensiero filosofico. Ma sin dall'inizio, e ancora per noi oggi, è questo il problema filosofico decisivo che accompagna e determina da cima a fondo (anche se tacitamente) la nostra esistenza. Come può la nostra ragione realizzare veramente sé stessa, cioè arrivare a cogliere la ragione del reale? E viceversa come può il senso del mondo rendersi evidente, cioè attestarsi e verificarsi nella nostra esperienza umana?

Queste domande si sono ridestate in me, e con esse il gusto per il lavoro filosofico, leggendo un corposo volume che la Rizzoli ha mandato da poco in libreria, a cura di Carmine Di Martino, che raccoglie più di venti contributi (italiani e stranieri) sotto il titolo Vivere la ragione e con un sottotitolo che forse desterà sorpresa e curiosità: "Saggi sul pensiero filosofico di Luigi Giussani".

Nel 2022 è caduto infatti il centenario della nascita di don Giussani, un protagonista di prima grandezza non solo nella vita della Chiesa ma anche nelle vicende della cultura laica. Giussani è noto ai più per aver dato vita all'esperienza di Comunione e Liberazione, il movimento ecclesiale nato a Milano ma oggi diffuso in tutto il mondo, ed è ritenuto da molti, anche non cattolici, uno dei più grandi educatori del nostro tempo. Ma questo libro, che fa seguito a un altro sul suo pensiero teologico, uscito l'anno scorso, è un'occasione assai interessante non solo per mettere in luce un aspetto meno conosciuto della figura di Giussani, ma per verificare anche noi, oggi, in che modo il “carisma” di quest'uomo, cioè la sua proposta di un'esperienza cristiana tanto affascinante quanto “ragionevole”, costituisca un invito per tutti a interrogarsi sulla stoffa della nostra ragione, cioè sulle sue domande di senso. Se essa sia, come spesso la intendiamo, un mero strumento di calcolo, e cioè poco o tanto un progetto di potere del soggetto che riduce il mondo alle proprie categorie, finendo poi per subirlo secondo gli schemi dei pregiudizi dominanti; oppure se essa sia una capacità diversa, forse la più grande e performante delle nostre capacità, quella cioè di accorgerci dell'essere, di fare esperienza in noi di qualcosa che è altro da noi, di offrire alla realtà uno spazio di manifestazione in cui essa possa dirci il suo senso.

Le diverse voci che compongono questo libro, dai filosofi e studiosi più affermati ai più giovani ricercatori (i nomi vanno scoperti direttamente scorrendo l'indice) concorrono infatti nel delineare, da prospettive tematiche diverse e spesso attraverso confronti espliciti con la tradizione filosofica - da Tommaso d'Aquino a Husserl, da Newman a von Balthasar, da Heidegger a Marion per dirne solo alcuni - l'esperienza come il luogo in cui la realtà si rende trasparente alla ragione. Si tratta di quel luogo di incontro e di "corrispondenza" (per dirla nei termini tomisti) della realtà e del nostro io, senza che la prima venga solo presupposta ingenuamente, senza nesso con la vita degli uomini, ma anche senza che l'io riduca a sé e alle sue reazioni soggettive l'imponenza ontologica delle cose e degli eventi. La realtà paradossalmente emerge nel suo senso oggettivo, nella sua verità, proprio grazie al fatto che noi abbiamo in noi stessi una struttura “nativa”, una “esperienza elementare” che ci fornisce i criteri per giudicare tutto, come corrispondente o meno alle esigenze costitutive del nostro io.

In questo “cuore” dell'esperienza il senso del reale non è una spiegazione dottrinale, ma una scoperta esistenziale sempre nuova (perché ciascuno di noi deve fare il “lavoro” del senso): un incontro tra la voce delle cose e l'attesa della ragione. Per limitarci a un solo passaggio, emblematico, tratto dal suo libro filosoficamente più significativo (Il senso religioso), così scrive Giussani: «L'esperienza stessa nella sua totalità guida alla comprensione autentica del termine ragione o razionalità. [...] Così la realtà emerge nella esperienza e la razionalità ne illumina i fattori. Dire “razionale” è affermare la trasparenza della esperienza umana, la sua consistenza e profondità; la razionalità è la trasparenza critica, che avviene cioè secondo uno sguardo totalizzante, della nostra esperienza umana».

Questa totalità non è un progetto ideologico, ma è una tensione inquieta a tener conto di tutti i fattori in gioco nell'esperienza, compresi quei fattori che noi arriviamo a percepire, ma non potremo mai produrre o ridurre alle nostre costruzioni. Dalle cose quotidiane di cui abbiamo esperienza sensibile, sino alla provenienza ultima della realtà, come una donazione che sperimentiamo analogicamente a partire dai dati che percepiamo: ogni volta riparte e si sviluppa la grande avventura della ragione. Anche Cristo, il Dio fatto uomo, secondo Giussani ha voluto sottomettersi, per così dire, a questa verifica dell'esperienza. Anche il mistero dell'incarnazione, e anche la nostra adesione a esso tramite la fede, porta in sé e vibra di una razionalità in cui l'io e il senso ultimo del mondo scoprono di essere “consanguinei”.

(da Il Foglio, 11 maggio 2023)