La mostra su Dante a Verona (foto Associazione Rivela)

Una mostra per interrogare Dante sul senso della vita

A Verona, gli studenti accompagnati dai volontari dell'associazione Rivela, in un viaggio alla scoperta della Divina Commedia: cosa dice il poeta fiorentino all'uomo di oggi?
Maria Acqua Simi

C’è una mostra multimediale, a Verona, che sta facendo parlare di sé. Ospitata negli spazi di Castel San Pietro, è intitolata Il mio Purgatorio. Dante profeta di speranza, conta 33 tappe scandite dalle illustrazioni del fumettista Gabriele Dell’Otto e dai testi di Franco Nembrini, insegnante e saggista. Ogni giorno riceve centinaia di visitatori, molti anche dall’estero. Cosa la rende così speciale? Facciamo un passo indietro.

Dal 2002 nella città veneta esiste l'associazione Rivela, nata per portare sul territorio le mostre itineranti del Meeting di Rimini per l’amicizia tra i popoli. Molti volontari, un ottimo rapporto con la Diocesi locale, l’associazione ben presto si fa conoscere e apprezzare. «Nel 2018 abbiamo accolto la richiesta di portare le mostre nelle scuole superiori coinvolgendo anche gli studenti, nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro», racconta Raffaella, una dei volontari e “colonna” dell’associazione. «Ai ragazzi proponiamo un percorso fatto di studio intenso e di formazione, affinché diventino autonomi nel presentare le mostre ai propri compagni di classe e al pubblico. Quell’anno partimmo con una mostra su Giotto. Non potevamo immaginare che sarebbe stato l’inizio di un’avventura molto più grande».

Aderiscono un centinaio di giovani provenienti da scuole ed esperienze diverse: con Rivela vanno alla scoperta non solo della Cappella degli Scrovegni ma anche di Siena (con la mostra “Cor Magis”, curata da Mariella Carlotti), di Leonardo Da Vinci o di Romano Guardini. Gli insegnanti sono entusiasti, i ragazzi pure. Nel 2019 la Diocesi di Verona chiede all’associazione di pensare, con largo anticipo, qualcosa per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, nel 2021.

Tra i pannelli della mostra 2023 dedicata al Purgatorio (foto Associazione Rivela)

«Verona, insieme a Firenze e Ravenna, è una delle tre città dantesche e non potevamo certo tirarci indietro», spiega Ermanno Benetti, presidente di Rivela. «Pensammo subito di coinvolgere Franco Nembrini perché avevamo visto che al Meeting di Rimini il volume sull’Inferno, che aveva pubblicato con Mondadori, insieme alle illustrazioni di Dell’Otto, aveva appassionato tantissimi ragazzi».
Nembrini e Dell’Otto accettano senza riserve. L’idea? Una mostra multimediale costruita con gli studenti. Prima tappa: l’Inferno.

Le scuole aderiscono subito. La Diocesi e il Comune di Verona, insieme all’associazione “Cento Canti”, patrocinano il progetto, ma il Covid ferma tutto per un anno. Nessuno, però, demorde. «Nel 2022 oltre cento ragazzi del triennio delle superiori si coinvolgono in un appassionante lavoro: interrogare Dante sulle questioni esistenziali e le domande di senso che tutti hanno, e provare a rintracciare le possibili risposte nella Divina Commedia. In questo modo il Sommo Poeta diventa profeta di speranza, perché capace con le sue parole e i suoi esempi concreti di accompagnare l’uomo di oggi: tutti desideriamo la felicità ma spesso dobbiamo affrontare "il nostro" inferno», spiega ancora Benetti.

Dopo mesi di preparazione la mostra pensata per gli studenti, curata da Nembrini con l’aiuto di due giovani universitari, viene allestita presso il Bastione delle Maddalene, con un percorso multimediale attraverso cunicoli sotterranei che si prestano perfettamente ad ospitare l’Inferno. I ragazzi si alternano a spiegare alle migliaia di visitatori (quasi 13mila durante la prima edizione) come Dante sia più attuale che mai.

E sono loro, questi ragazzi, la vera novità. Nessuno a priori esperto di Dante, nessuno a suo agio nel parlare in pubblico; eppure, talmente coinvolti e stupiti da desiderare di proseguire l’anno successivo con il Purgatorio. Nasce così la seconda edizione – in corso adesso e fino al 4 giugno – che coinvolge circa 120 studenti di 14 scuole superiori veronesi.
Anche gli istituti bancari, le aziende locali e le istituzioni, si mettono in gioco, racconta ancora Benetti, perché riconoscono il valore culturale ed educativo dell’opera.

«Dante per me ha sempre vissuto nel futuro. I discorsi, le tematiche che affrontava erano molto "avanti" e avere una persona così famosa in tutto il mondo, italiana, che ancora oggi può suscitare domande, per me è affascinante. Lavorare a questa mostra mi ha fatto riscoprire la bellezza dell’arte, che è una mia grande passione», racconta Aghata, una delle studentesse guida della mostra. Ma un episodio, che le è accaduto, dice ancora di più. Un giorno, mentre è di turno, arriva un gruppo delle medie. Mentre spiega la selva dei suicidi (canto XIII), dice a quei giovani di ricordarsi che il corpo è un tempio e che, poiché la vita ci è stata donata, non possiamo farci del male «perché valiamo tantissimo». Di fronte a lei una trentina di ragazzi a bocca aperta, e i genitori che li accompagnano sono commossi.

Perché Aghata li ha incantati così? «Io alle medie non avevo un riferimento», dice lei, «ero molto sola, avevo soltanto la mia mamma. Ero timida e avrei voluto qualcuno che mi dicesse che la mia vita vale, anche se ci sono alti e bassi, e che farsi male non è la soluzione. Noi siamo qui per qualcosa, Dante dice che l’essere umano è sulla terra perché ha uno scopo, una missione. E io sono d’accordo con lui, altrimenti io per quale motivo sarei qua? A cosa servo? Il mio corpo è importante perché fa parte di questo compito da scoprire, non posso trattarlo male».

Sono tanti i ragazzi che testimoniano come questo viaggio dentro la Divina Commedia li abbia interrogati. Tra loro Gloria («Mi sembrava che Dante chiamasse me, che mi dicesse “finalmente sei arrivata”») o Miriam, Leonardo, Celeste, Manuel, Caterina, Federico e altri che esaurite le ore “canoniche” hanno voluto continuare a fare le guide. Una guida, la loro, non improvvisata ma nata da ore e ore di studio, riflessioni, correzioni, discussioni. E che si è tradotta anche in un lavoro creativo: alcuni studenti dell’istituto “Alle Stimate”, ad esempio, hanno programmato un robot dalle sembianze dantesche che accompagna i visitatori con disabilità e i bambini su e giù dalla montagna del Purgatorio.

La mostra sull’Inferno è stata poi richiesta da diversi parroci, che ne hanno colto il valore educativo, e così molti ragazzi si sono proposti di continuare a fare la guida anche in altri comuni durante l'anno. Tutti vogliono continuare. «Per noi la cosa più bella è aver visto questi giovani mettersi in gioco perché si sono sentiti valorizzati e accolti», chiosa Benetti.

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Non lo dicono solo i curatori. Uno dei fornitori, dopo aver visitato l'installazione con moglie e figli, si ritrova stupito dalla preparazione e dalla passione che i ragazzi hanno nell'accompagnare i visitatori alla scoperta dei canti danteschi. «Ho 55 anni e guardando i miei coetanei mezzi tatuati mi dico: chissà come saranno ridotti i loro figli... Ma dopo aver visto quei giovani mi sono ricreduto. Ho visto che c’è una speranza».

Del resto, lo ha scritto lo stesso Nembrini. «Vale la pena fare la fatica di leggere Dante? Vale la pena se si parla con Dante, cioè se si entra nella letteratura con le proprie domande, i propri drammi, il proprio interesse per la vita. Allora, improvvisamente, Dante parlerà. Parlerà al nostro cuore, alla nostra intelligenza, al nostro desiderio; ed è un dialogo che una volta cominciato non finirà più».

Per informazioni o prenotazioni visita il sito della mostra