«Oltre ciò che già sappiamo»
"Le mie letture" di don Giussani rivisitato in uno spettacolo teatrale in scena al Centro Culturale di Milano il 24 marzo. Ne abbiamo parlato con il regista Paolo Bignamini«Avendo io, nella mia tenera età, “incontrato” Giacomo Leopardi e avendo studiato a memoria tutti i suoi Canti, e da allora, credo, non passando mai giorno della mia vita senza citarmi qualche brano delle sue poesie, ed essendo tutto ciò noto agli amici, essi hanno premuto perché io venissi qui oggi a raccontare non un’indagine esauriente dal punto di vista letterario, storico o esegetico della sua opera, ma semplicemente la testimonianza di quello che la poesia di Leopardi ha suscitato e suscita nel mio animo, di uomo e di credente. Questo, perciò, è il limite della mia offerta, che dunque vuole esprimersi come un gesto familiare e amichevole». Inizia così la lezione su Leopardi tenuta da don Giussani il 24 marzo 1983 al Politecnico di Milano. Bastano poche frasi per mettere in chiaro il suo approccio. Radicale e umile allo stesso tempo. Un metodo riproposto negli altri interventi raccolti in Le mie letture (Bur, 2008), nei quali offre la propria “testimonianza” su Giovanni Pascoli, Clemente Rebora, Ada Negri, Dante, Montale, Paul Claudel, T.S. Eliot e altri ancora.
Ora quelle parole, dalla pagina, tornano di nuovo a essere dette. Il 24 marzo, al Centro Culturale di Milano, va in scena uno spettacolo intitolato proprioLe mie letture, per la regia di Paolo Bignamini, la drammaturgia di Chiara Marchionni e Fabrizio Sinisi, con Matteo Bonanni, Marta Lucini e Antonio Rosti, prodotto dal Centro Teatrale Bresciano. «Abbiamo provato a rendere quelle lezioni nella loro natura teatrale», spiega Bignamini: «Le parole di don Giussani gettano una luce inedita sui testi che ci propone. Un punto di vista inaspettato, che ci mostra Leopardi e Montale al di là di ciò che già sappiamo, al di là del luogo comune». Matteo Bonanni legge i brani del poeta di Recanati, Marta Lucini quelli di Montale. Poi, insieme, recitano tre dialoghi da L’annuncio a Maria di Paul Claudel: quello tra Anna Vercors e la moglie Elisabetta, tra Violaine e Pietro di Craon e, in fine, quello tra Violaine e il fidanzato Jacques. «Antonio Rosti fa la parte di Giussani», continua il regista: «Si rivolge agli attori come se fossero gli studenti a cui era chiamato a parlare e, contemporaneamente, offre di nuovo quelle parole agli spettatori. È una sorta di messa in scena “in prova” e, grazie al fatto di vedere gli attori lì recitare, vederli dire il testo in quel momento, anche il commento al testo prende vita».
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Bignamini spiega che ciò che ha trovato più stimolante nel lavorare su Le mie letture è stato il confronto con il punto di vista di Giussani che «non sempre ho condiviso, ma che sicuramente mi ha aiutato a non dare per scontato ciò che leggevo. Il grande insegnamento, per me, è la problematizzazione di questi testi che non si ferma a ciò che già di sa. Prima ancora che dal punto vista dei contenuti, trovo importante il metodo. Perché quello di pensare di sapere è un problema che abbiamo un po’ tutti».
La lettura è andata già in scena a Brescia e a Lugano e, secondo il regista, ciò che ha colpito è l’efficacia della recitazione di Antonio Rosti: «Non volevo che provasse a imitare la voce del sacerdote brianzolo. Eppure è risultato sorprendentemente incisivo: è stato in grado di rendere l’intensità con cui don Giussani sapeva dire le cose. Questo mi sembra già un buon risultato».