L'opera di Mazzotta

di Roberto Filippetti

Autunno del 1997, Oswieçim-Auscwitz, chiesa di San Giuseppe Lavoratore. Americo Mazzotta ha portato a termine la grande opera. La pittura murale in sanguigna nell’abside ha per titolo un versetto di Isaia: «Le vostre ossa saranno come erba fresca». Poi, in quattro episodi, il racconto di come la Polonia abbia salvato l’Europa: “La battaglia di Vienna” del 1683 vinta da Jan Sobieski contro i turchi; i fatti di “Varsavia” nel 1920, con il generale Józef Piłsudski contro i sovietici; la vittoria disarmata di Solidarność con Lech Walesa e il martirio di padre Jerzy Popiełuszko del 1983; infine la Terzo millennio adveniente di Giovanni Paolo II. A lavoro terminato, il pittore scatta qualche foto prima di tornare in Italia, quindi esce dalla chiesa e vede parcheggiare una scassatissima Fiat 500. Ne escono due anziani che si rivolgono a lui in polacco, poi in inglese e alla fine in francese, lingua che lui conosce; l’uomo chiede di poter entrare, la donna tace; i tre entrano e l’uomo, dopo un lungo silenzio, chiede chi abbia fatto quel lavoro. Con un po' di imbarazzo Mazzotta confessa di essere lui l’autore. Allora, l’anziano signore si tira su la manica della camicia e gli fa vedere i numeri tatuati sul braccio, poi, chinandosi, gli prende le mani e, con le lacrime agli occhi, gliele bacia, mentre la signora, un passo più indietro, piange silenziosamente.

Ecco: la pittura di Americo tocca fin nelle viscere, avendo optato per un figurativo epico che narra il Fatto e i fatti con un tenero ed energico amore alla realtà abitata dal Mistero. Questo capolavoro di Auschwitz ha trovato il favore anche di molti ebrei, perché si tratta di un'arte propriamente cattolica, cioè per tutti, purché non la si guardi col filtro del pregiudizio ideologico.

Da quando Americo - pittore già affermato, giunto «nel mezzo del cammin di nostra vita» - ha incontrato il movimento di CL, ha avuto chiara la strada, il metodo. Di lì a poco, nel marzo del 1989, s'è imbattuto in una compagnia di artisti: attraverso Compagnia delle Opere ha conosciuto i vetratisti dello Studio Iride di Palermo. Ricorda Calogero Zuppardo: «Fu un incontro intenso e proficuo. Ad artisti provenienti da varie parti d’Italia venne ricordato che l'evento cristiano genera realismo. Avevamo una strada da percorrere insieme: bisognava rimboccarsi le maniche e semplicemente lavorare. Non contava tanto esprimere se stessi, quanto servire il popolo a cui per Grazia si appartiene, stando alla larga dai condizionamenti di certa critica omologante che spesso spaccia per moderno ciò che è solo effimero». Ne è venuta una trentennale collaborazione, una comunione fra architetti, artigiani e artisti che molto ricorda il cantiere medievale.

Ventisei anni fa Americo e Calogero hanno dato vita all'Associazione "Il Baglio", con un Laboratorio di una settimana all’anno, da una parte all’altra d'Europa, ad incontrare padri e maestri quali Camisasca, Scola, Lepori, Schönborn, Erdő, Piacenza, Comastri, Danzi, Sarah… Ma anche grandi amici come Giovanna Parravicini a Mosca, gli eredi di Gaudì a Barcellona, gli artisti della Galizia e di Santiago de Compostela, Rupnik e il Centro Aletti a Roma... Perché s’impara seguendo, «rubando con gli occhi». E valorizzando i talenti: quando Americo ha conosciuto Alfredo Truttero e noi del "DiSegno" di Padova, ci ha chiesto di organizzare corsi in cui insegnare, a partire dal disegno, appunto.

A Mazzotta sono stati commissionati lavori importanti e spesso di grandi dimensioni. Angelo Scola gli ha chiesto opere sia a Grosseto, dove era vescovo, sia all’ingresso della Università Lateranense, dove è stato Rettore (affresco inaugurato da Giovanni Paolo II). Massimo Camisasca e i suoi missionari a Nairobi gli hanno commissionato, nella chiesa progettata da Luigi Cioppi, un pavimento in graniglia alla veneziana concepito come un Eden africano, cosicché camminarvi sopra in forza del battesimo è già pregustare una bellezza dell’altro mondo in questo mondo. L'opera è stata realizzata da maestranze locali, ed anche la statua della Madonna nera è stata intagliata in legno da un artista africano: era uno spettacolo vedere come Americo entrava in rapporto con queste persone. Lo stesso è accaduto con gli architetti e gli scultori: Francesco Baldi, Maurizio Bellucci, Stefano Capretti, Paola Ceccarelli ed Elena Ortica tra Ravenna, Rimini e Firenze; Angelo Molfetta tra Puglia, Abruzzo ed Auschwitz; Calogero Zuppardo e Roberto Alabiso da un capo all'altro della Sicilia, dove Americo ha deciso a lungo di abitare. Poi, tornato nella sua Toscana, il grande ciclo nel Cimitero Monumentale dell'Antella. Infine, le mostre al Meeting e molto altro...

Mazzotta, come ogni grande artista, ha anche sperimentato nuove tecniche: ha dipinto su pietra ad affresco rinvenuto; ha sperimentato i colori ceramici per vetro, o la trasposizione laser da bozzetto su grandi dimensioni; grazie all’amicizia con Andrej Tarkovskij (di cui fu autista e... guardia del corpo) ha incontrato due studiose russe dalle quali ha appreso l’antichissima tecnica dell’encausto. Era impressionante vederlo aggirarsi tra le colline dell’entroterra pesarese in caccia di resine di vecchio albicocco: «Vedi Roberto, l’albero sta morendo», mi disse: «Ma prima ci fa quest’ultimo regalo per l’encausto nella nostra chiesetta di Fermignano». Ecco, Americo: tu sei per me il fuoco, l’encausto della Bellezza, oggi.