MEDA Al centro professionale s'insegna un'amicizia
Al Cfp Terragni Claudio Bottini racconta del suo incontro con Giussani. Tra ricordi e aneddoti, una domanda: «Chi è il vero amico?». Cronaca di un incontro che «non è stato una conferenza, ma una chiacchierata tra amici»Meda, Centro di formazione Terragni. Una classe ascolta attenta una lezione: le domande sono tante e grande è l’interesse per quello che ha da dire chi sta parlando. È successo lo scorso 26 maggio; in cattedra, Claudio Bottini, uno dei responsabili lombardi di Comunione e Liberazione, invitato dall’istituto e dal Circolo San Francesco di Meda a raccontare della sua giovinezza e in particolare del suo incontro con don Giussani, fondatore del Movimento di Comunione e Liberazione. Ma perché proprio qui, al Cfp Terragni?
Il tutto ha inizio qualche mese fa quando il Circolo San Francesco, centro culturale molto caro ai medesi, decide di intitolare un parco al sacerdote brianzolo, e commissiona un monumento celebrativo del fondatore di Cl all’istituto Terragni, scuola professionale regionale, terza in Italia come centro d’eccellenza per l’artigianato artistico. I ragazzi iniziano, con due professori, un lavoro di ricerca su Giussani: «Abbiamo voluto studiare questa figura come educatore, come persona che è riuscita ad aggregare attorno a sé un gran numero di ragazzi», spiega Renata Barzaghi, insegnante di Tecniche Pittoriche dell’istituto che, precisa, accoglie studenti di diverse confessioni religiose. «Volevamo esplicitare i principi su cui lavorare, e ogni ragazzo in particolare si è concentrato su una frase di Giussani che l’aveva colpito». Quindi si è pensato di organizzare un incontro con qualcuno che lo avesse conosciuto di persona. Ed ecco, appunto, Claudio Bottini.
«Come ogni giovane avevo dentro di me una forte domanda di verità e giustizia, e per questo motivo cominciai a frequentare una formazione politica extra-parlamentare», ha raccontato Bottini, davanti a una classe di 16 ragazzi. Ma poi, l’incontro con alcuni studenti di Cl: «Vedere questi ragazzi stare insieme mi meravigliava. L’amicizia gratuita che li legava non poteva non affascinarmi. E poi quel prete, don Luigi, aveva un modo di fare che ti faceva sentire unico. Non c’era gesto che non facesse con amore; magari cose semplici, banali, quotidiane, ma sempre compiute con gusto». Bottini si è soffermato molto sul suo rapporto personale con il «Gius», raccontando anche alcuni aneddoti: «Un giorno andammo in una villa sul Lago Maggiore, dove c’erano dei bellissimi giardini fioriti. Giussani ci disse: “Ragazzi, ammirate questi fiori” e ci lasciò lì per qualche minuto. Tornò e ci chiese se nel frattempo era successo qualcosa. E tutti rispondemmo: “No”. Allora ci disse: “Ragazzi, la vita (come questi fiori) viene su per infinitesimi”». I ragazzi sono rimasti a bocca aperta. Anche quando Bottini ha definito il cuore come fattore decisivo che spinge al desiderio di felicità e che ci fa decidere le scelte più importanti.
«Le domande sono state tantissime, e non soltanto sulla figura di don Giussani», racconta ancora la Barzaghi. «Di fronte a come parlava di libertà e amicizia, ognuno aveva da dire la sua: “Chi è l’amico?”, “Come fai a capirlo?”». Tra Bottini e i ragazzi è iniziato così un confronto aperto a 360 gradi. «C’era un ragazzo che gli chiedeva: “Io ho un amico in difficoltà, come faccio ad aiutarlo?”. Non è stata una conferenza, ma una vera chiacchierata tra amici. Mi ha colpito la franchezza, la concretezza e la vivacità con cui ha scosso tutta la classe: un esempio di vita vissuta intensamente credendo in quello che uno fa».