Un momento dello spettacolo.

Una compagnia in scena per abbracciare il buio

Grande successo per "Delitto e castigo" della scuola nella Bergamasca: 1300 spettatori e quattro repliche, per uno spettacolo di altissimo livello. Il segreto? «Incontrare sul palco un autore»
Fabrizio Rossi

«Ogni anno pensi: il prossimo spettacolo non sarà mai bello come questo. E invece nasce sempre qualcosa di più grande». Cecilia, seconda scientifico, esprime l’esperienza di tanti. A Trescore Balneario, 9mila anime nella Bergamasca, è appena calato il sipario su Delitto e castigo. Due ore e mezzo di teatro che hanno coinvolto, tra attori e tecnici, più di cinquanta studenti de La Traccia, il centro scolastico di Calcinate. Per assistere ad una delle tre serate, s’era prenotata gente da mezza Italia (per un totale di 1300 spettatori, tanto che s’è dovuta aggiungere una quarta replica).
Ma quello che colpisce, uscendo dalla sala, non sono i numeri. Né l’altissimo livello della performance, che con ragazzi dai 14 ai 18 anni non ti aspetteresti. Il vero spettacolo è la bellezza di giovani che hanno preso sul serio una proposta che, da subito, volava alto: «Quest’anno agli studenti abbiamo chiesto una fiducia totale in chi avevano davanti», racconta Roberto Rossi, preside delle medie alla Traccia e regista dell’opera insieme ai colleghi Stefano Mascetti e Stefano Nembrini. Quando a fine ottobre s’è pensato al romanzo di Dostoevskij, qualcuno ha chiesto: «Un testo così complesso? Siete sicuri?». Invece la scelta ha funzionato: «Il punto non era portare agli altri qualcosa di cui avevamo capito tutto», spiega Rossi: «Ma incontrare un autore, attraverso il teatro».
Nei suoi nove anni di vita, la Compagnia teatrale La Traccia ha messo in scena di tutto: dai classici Cyrano e Romeo e Giulietta ai racconti di Giovannino Guareschi sulla sua esperienza in lager, da Novecento di Alessandro Baricco a Barabba di Pär Lagerkvist. Questa volta, la prima sfida è stata scrivere il copione: un lavoro di tre mesi, mentre ad ogni ragazzo è stato proposto di leggere tutto Delitto e castigo. Poi ore e ore di lavoro sui personaggi principali: l’ex studente Raskolnikov, il suo amico Razumichin, la prostituta Sonja, figlia dell’ubriacone Marmeladov, il giudice istruttore Porfirij Petrovic... Quindi l’aggiunta delle altre figure, come i “pensieri” di Raskolnikov: dodici ragazze per dare voce, come un coro greco, al suo tormento. Dall’idea di ammazzare una vecchia usuraia agli estenuanti interrogatori degli inquirenti, fino alla decisione di confessare il delitto e partire per la Siberia, condannato ai lavori forzati. Così ogni sua riflessione si trasforma in bisbiglio, lamento, urlo. Come a mostrare che ogni scelta e mossa, anche la più segreta, non è isolata ma ha un impatto, nel bene o nel male, su tutto il mondo.
Alla scenografia ci hanno pensato gli studenti del nuovo liceo artistico della Traccia. Hanno diviso il palco in nove quadrati separati da veli, esprimendo la scissione vissuta da Raskolnikov (raskolnik, in russo, significa proprio scismatico): «È lo spazio di un io frammentato, che pensa di sfuggire alla verità di sé», dice Rossi: «Sarà l’incontro con Sonja a ridonare unità a Raskolnikov».
E ora che il palco è stato smontato, è tutto finito? La risposta sta nelle righe che Chiara - alias Nastasja, serva della padrona di Raskolnikov - ha scritto agli amici, dopo l’ultima replica. Per lei, che si prepara alla maturità, è l’ultima davvero: «La grandezza che abbiamo servito non è stata la grandezza di una sera», racconta. «Da quelli di prima ai “miei” di quinta, ho visto tutti cresciuti, nuovi, con una serietà che mi commuove: io una cosa così non la chiamo fine, la chiamo inizio».
Perché ogni giorno il nostro cuore si dibatte tra il bene e il male. E ogni giorno possiamo restare incastrati, o aprirci ad un abbraccio di misericordia come quello offerto da Sonja a Raskolnikov. Per questo, il book fotografico distribuito nelle serate aveva come titolo Abbracciare il buio: «Il teatro ti educa a dire di “sì” a qualcosa che non conosci», spiega Rossi: «Ma, dentro ad una compagnia, non è un buio abitato dal vuoto». Come ha detto Marco, vale a dire Raskolnikov, alla fine dello spettacolo: «Io l’ho abbracciato, il mio buio. E c’è solo da guadagnarci: non si perde nulla».