Foto di gruppo in vetta.

In vacanza per scoprire che «siamo prodigi»

Ad Arabba, 160 ragazzi delle medie dei “Navigatori di Ulisse” hanno giocato, pregato e cantato. Con una domanda, davanti a tutto: «Ed io che sono?»
Fabrizio Rossi

Sono arrivati da Crema, Lodi, Piacenza, Mantova... Per una vacanza che ad Arabba, dal 2 all’8 luglio, ha coinvolto 160 ragazzi delle medie che hanno aderito alla proposta dei “Navigatori di Ulisse” (così si chiama la compagnia che li invita, anche durante l’anno, ad un’esperienza cristiana). Tema della settimana, guidata da don Lorenzo Buttafava di Piacenza: “Ed io che sono?”. La domanda del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia ha accompagnato ogni momento: dai giochi - le squadre erano dedicate a grandi amanti del cielo stellato come Chopin, Van Gogh, Galilei e, appunto, Leopardi - alla preghiera, dalle gite alle serate.
Ed è stata una sfida per tutti: «Non abbiamo mai smesso di richiamare al valore di ogni gesto», racconta Alessandro, che insegna Scienze in una scuola media di Milano e a Crema segue un laboratorio teatrale. A partire dal modo di stare in albergo: «Per esempio, molti si divertivano a suonare l’allarme degli ascensori. Allora abbiamo detto: “Potremmo chiuderli, e tutti a piedi. Invece vogliamo trattarvi da uomini: vi fa davvero felici questo passatempo?”. Non se l’aspettavano. E diversi mi hanno detto: “Nessuno ci aveva mai guardato così”». Lo stesso nei canti: ogni mattina una solista intonava Il mio volto. Le prime volte non mancava il brusio. Poi qualcuno ha fotocopiato le parole e le ha inserite nei libretti: «Il giorno dopo, senza che nessuno se l’aspettasse, i ragazzi si sono messi a cantarla». Che in paese ci fosse una compagnia particolare, qualcuno se n’è accorto. Dai passanti che si sono ritrovati coinvolti nella caccia al tesoro, ai due anziani che, vedendo passare 160 ragazzi in silenzio durante la gita, ne hanno fermati alcuni per chiedere: «Ma ci dite chi siete?».
Alla fine di ogni giornata, don Lorenzo invitava tutti a domandarsi: oggi cosa ho visto di bello e cosa ho scoperto di me? Quanti accettavano la provocazione potevano ritrovarsi ogni sera a gruppetti, liberamente, insieme ad un adulto o ad un ragazzo di Gs. Oppure, semplicemente buttar giù qualche riga e imbucarla nella hall, in una cassetta pensata proprio per questo: «Scrivete ciò che vi colpisce e le domande che avete davanti a quel che succede», è stato proposto il primo giorno. In questo modo, i ragazzi hanno potuto trattenere meglio le cose viste: «E i grandi obbedire a quel che accadeva, senza programmi», spiega Alessandro. Alcuni esempi? Federica: «Salendo al Piz Boè mi sono accorta che non ero mai sola: c’era sempre un amico capace di incoraggiarmi. Al rifugio, più guardavo il paesaggio, più mi stupivo. Subito mi è sorta una domanda: ed io che sono? Che sono per meritarmi questo?». Andrea: «Mi è piaciuto quando don Lorenzo ha detto che è Dio a darmi ogni momento della vita. Lì ho capito: Lui mi ama e anche molto. Quando mi comporto male non sono contento, ma è come se Dio mi dicesse: “Andrea, va’ avanti perché io ti amo! Tu questo non lo vuoi!”». Greta: «In questa vacanza ho scoperto la parte “desiderosa” di me. Arrivando al Piz Boè, ho raggiunto la bellezza che ammiravo dalla vallata e che mi sembrava irraggiungibile, e ne vado fiera». Francesco: «Ieri i miei amici mi dicevano di non andare ai gruppetti, ma mi sono reso conto che restare in camera con loro non era quello che mi corrispondeva: io sono fatto per qualcosa di altro, cioè per quello che stava succedendo in salone, dove si parlava della verità, di ciò che mi interessa davvero». Monica: «Mi sono commossa quando don Lorenzo ci ha detto che noi, con i nostri difetti e le nostre stupidate, siamo dei prodigi».
Tutti segni di un cambiamento dei ragazzi che, per primi, stupisce i grandi: «Non è mai scontato», dice Alessandro. «Vedere questi fatti mi interpella a capire cos’è successo. Anche perché la ferita che vedo in loro è la stessa che ho io. E, ogni volta che me n’accorgo, scopro di più il mio volto».