I ragazzi davanti alla casa-museo dei fratelli Cervi.

Dieci Pepponi e 370 don Camilli

Una settimana diversa per decine di ragazzi di alcune scuole milanesi. Dalle colline piemontesi all'Appennino reggiano, fino a Bologna. Sulle tracce di uomini che hanno cambiato la storia

Colpiti dall’esperienza dello studio della mostra dei "150 anni di sussidiarietà" e con il desiderio di capire meglio la frase che le dà il titolo, abbiamo avuto l’idea di fare la vacanza invernale incontrando le esperienze più significative studiate e presentate nella mostra. Ci siamo imbattuti così in persone che, senza paura di lasciarsi provocare dalla realtà, sono state colpite e si sono mosse, fino a rischiare la fondazione di opere, che contribuirono realmente alla costruzione dell’Italia.
I personaggi che più ci hanno entusiasmato sono stati i grandi santi della Torino dell’Ottocento: san Giuseppe Cottolengo, don Bosco e i Marchesi di Barolo, vissuti a pochi isolati di distanza negli anni più duri per la Chiesa piemontese e italiana. Nel tessuto romano delle strade del centro, molti segni riconducono ad una trama di rapporti, piccole tracce che ci lasciano solo intuire la vitalità e la quotidianità di un’amicizia operativa. Nessuno di loro si era prefissato lo scopo di costruire grandi opere, ma tutti si sono lasciati toccare da un fatto drammatico che accadeva davanti ai loro occhi, e si sono messi in gioco per offrire una prospettiva di risposta.
Una targa posta su una piccola casa in centro a Torino ricorda che in quel luogo Cottolengo, ferito dalla vista di una donna incinta morente rifiutata da tutti gli ospedali, decise di affittare 4 letti e iniziare un’opera, la Piccola Casa della Divina Provvidenza, che oggi occupa diversi isolati della città e accoglie migliaia di persone malate. È un luogo di sofferenza, ma, paradossalmente, di pace, come ci hanno testimoniato due ospiti: Angela, cieca e sordomuta, e Teresina, malata di distrofia muscolare. La prima, dopo anni di viaggi a Lourdes per chiedere il miracolo, come ci ha raccontato, si è accorta che il miracolo lo aveva già ricevuto: la pace del cuore; la seconda esprime, sorridendo, la sua trentennale permanenza al Cottolengo nella targa che si è fatta regalare per la sua carrozzina, su cui è scritto «Ti amoooo».
Reggio Emilia: dopo una sosta nel Monferrato a degustare agnolotti e malvasia con l’amico Paolo Massobrio, arriviamo all’ingresso di Casa Cervi. Un trattore Balilla giace arrugginito e sostiene un vecchio mappamondo. È l’immagine simbolica che Ildo Cigarini, presidente di Boorea, una grande associazione di cooperative, ci indica per comprendere l’esperienza socialista da cui è nato il movimento cooperativo reggiano. Era uno degli argomenti che più ci aveva fatto discutere durante la preparazione della spiegazione della mostra, perché non riuscivamo a capire, o forse non volevamo credere, che uomini provenienti da una tradizione diversa dalla nostra, potessero aver contribuito positivamente alla storia dell’Italia. Allora abbiamo chiesto direttamente a loro di aiutarci a conoscere questa esperienza.
All’ingresso della casa-museo Cervi i nostri amici ci accolgono così: «Noi siamo dieci Pepponi, e voi 370 don Camilli». Così è stato. Una strana sintonia su molti temi ci ha sorpreso. Il valore del lavoro (il trattore, appunto), la conoscenza (nella casa di questi contadini una piccola biblioteca raccoglieva scritti sulle tecniche più avanzate del loro mestiere) e l’apertura al mondo (il mappamondo) sono ciò che danno dignità all’uomo. E i membri della famiglia Cervi, non soddisfatti della vita offerta dalla società, non si sono rassegnati, ma hanno voluto tentare di trasformare la propria condizione; il loro impegno per la giustizia si trasferisce dal loro umile lavoro alla politica, dalla stalla alla piazza. Ciò che all’origine muove e mette insieme le persone è il desiderio di bene per sé e per gli altri. In questo da tutti possiamo imparare.
Chi prende sul serio questi desideri realizza cose grandi. Lo abbiamo visto alla fabbrica della Ducati, dove Mario e Giovanni, a partire dall’amicizia nata ai tempi dell’università, hanno costruito il laboratorio della "Fisica in Moto", una realtà educativa all’interno di una delle imprese più creative e di successo del settore motociclistico mondiale. E di fronte all’entusiasmo di tanti di noi che facevano le Tende per Avsi davanti a San Petronio a Bologna, ci siamo scoperti grati di appartenere al movimento, che toccando le corde più profonde del cuore dell’uomo, chiama ciascuno di noi e degli uomini che incontriamo a cambiare la storia.

Diego, Pietro, Andrea, Saverio, Edoardo, Caterina, Paola, Elisabetta e Giulia, Milano