Firenze.

Dal dialogo i frutti. E un lavoro che non finisce

Terza puntata del diario dalla tre giorni toscana. Il viaggio di ritorno da Firenze a Milano. Con la gratitudine nel cuore e un compito tra le mani: «Dire sì alle sfide di ogni giorno e darsi da fare perché lo studio sia sempre più condiviso»

«Oh oh come take my hand. Riding out tonight to case the promised land. Oh oh Thunder road... ». La radio suona Springsteen e noi quattro ci allontaniamo da Firenze in auto cantando a squarciagola, quasi fossimo su una highway americana. Ovviamente non è notte e non stiamo cercando di raggiungere la terra promessa, ma qualcosa di epico in questo viaggio di ritorno c'è.

Stamattina, nella giornata conclusiva dei Colloqui Fiorentini, Vincenzo Foschi, presidente di Diesse, ci ha ricordato che studiare è un “compito”: «Ogni giornata che inizia contiene una sfida che va accettata. Bisogna lavorare affinché la realtà dello studio possa acquistare un senso maggiore e tutti possano rendersene conto. Ma questo compito non lo si può affrontare da soli, lo si intraprende insieme. Da soli non possiamo dare un significato a ció che studiamo. Questo accade solo nel dialogo». E in effetti quanto abbiamo dialogato in questi giorni! E non solo di Foscolo, ma anche un po' di noi stessi.

Pietro Baroni concludendo il lavoro dei seminari ha detto che di fronte alla frase «Tu passeggerai sovra le stelle» non possiamo restare indifferenti: «Questa frase può esprimere una illusione o una realtà, ma la cosa che non si può negare è che sono parole desiderabili». E in effetti, a furia di parlare di realtà e illusione, ci stavamo dimenticando che la parola più vera è “possibilità”: la letteratura ci apre a una possibilità di verità. È quello che ci ha ricordato il poeta Davide Rondoni stamattina, durante la sua lettura del sonetto di Foscolo Alla sera: «Quando ci accostiamo a un testo letterario non dobbiamo limitarci al "mi piace o al non mi piace", perché i testi non vanno capiti ma compresi, cioè bisogna trattenere ciò che c'è di vero in quello che si studia. Così, il "forse" con cui la poesia prende l'avvio (forse perchè della fatal quiete / tu sei l'imago a me si cara vieni / o sera), è l'invito del poeta a condividere la sua ricerca, a chiamarti in causa di fronte al problema che lui stesso si é posto. Il poeta, infatti, anche quando sembra dare al lettore delle sentenze definitive, in realtà pone degli interrogativi».

E che ci fosse del vero nel lavoro fatto in questi giorni si è visto sopratutto durante le premiazioni: studenti che applaudivano studenti, docenti che applaudivano studenti, e, cosa ancor più sconcertante, studenti che applaudivano docenti. Sembrerà retorica, ma vedere un insegnante sulla sessantina, dall'aria distinta, posare tutto fiero per la foto di rito, con le sue lunghe braccia sulle spalle di due quindicenni in All Star e maglietta, e, con sincera commozione, congratularsi con loro per il premio ricevuto, ci ha fatto capire che il valore di queste giornate è nel lavoro che si è fatto assieme ai professori, è nell'aver accettato la sfida.
Jacopo, Nadia, Francesca, Daniele