La "ragione" di un test

Seicentomila studenti di terza media alle prese con le prove Invalsi per la valutazione dell'apprendimento. Domande troppo difficili, analisi del testo ridotta a quiz, matematica come puro esercizio. Ecco, secondo due presidi, cosa va rivisto
Anna Leonardi

«E quest’anno tutti a Pittulungu!». Così stemperavano la tensione su Twitter alcuni di quei seicentomila tredicenni che, in coda al consueto esame di terza media, si sono sottoposti alle prove Invalsi e che, grazie a un suo quesito, hanno incidentalmente scoperto che Pittulungu è una meravigliosa spiaggia vicino a Olbia. Ma i test Invalsi non hanno scatenato solo l’ironia degli studenti, anche molta stampa si è intrattenuta per qualche giorno a sottolineare l’estrema difficoltà dei quiz. E non a torto, visto che sei studenti su dieci hanno ritenuto la prova non proporzionata alla preparazione ricevuta.

Mariapia Veladiano, preside e scrittrice, dalle pagine di Repubblica di ieri, affonda il colpo mettendo in luce come nel test di Italiano, volto a valutare la capacità di comprensione di un testo, i candidati siano stati messi davanti a domande “impossibili”. Non perché di difficile soluzione, ma perché per rispondere veramente a cosa si nasconde nell’animo del protagonista del racconto di Castellaneta (un uomo solo e vecchio che mette in vendita la sua collezione di francobolli tramite inserzioni pur di incontrare qualcuno) non può bastare mettere la crocetta giusta su una delle quattro risposte preconfezionate. Come può un tredicenne, che fa già esperienza di tutte le sfumature della noia, dell’indifferenza, del vuoto, del desiderio e della compagnia trovare la risposta in una multiple choice? Sa bene che nella vita il sistema binario non vale. Quell’uomo, che alla fine viene ucciso da un potenziale acquirente, è vittima «del meccanismo che lui stesso ha messo in atto» (come vuole la risposta corretta), ma è ancor più vero che è vittima «della cattiveria del prossimo», anche se per il quiz si tratta di una risposta sbagliata. E quindi come si può valutare con certezza l’errore nella comprensione?

«La vera comprensione di un testo nasce dentro un confronto con sé, dentro un’immedesimazione», racconta Tiziana Villa, preside di scuola secondaria. «Certamente i quiz a risposte chiuse sono un aspetto limitante, ma se ben formulate possono comunque aiutare a un paragone. Il problema rimane quindi porre le domande giuste che evitino equivoci. Occorre ragionare bene per indurre al giusto ragionare». E c’è una cosa su tutte che facilita questo lavoro ed è l’utilizzo dei grandi autori. Non perché non si debba valutare la comprensione di testi di tipo tecnico-scientifico: come la relazione sull’idrogeno e un semplice biglietto ferroviario, proposti dalla prova Invalsi 2012. Ma confrontarsi con un testo di grande contenuto, aiuta l’allievo a spingersi in una più profonda comprensione, perché lo invita a trovare il nesso con sé, lo aiuta ad usare la ragione in tutta la sua ampiezza. «Spesso i contenuti testuali sono banalizzanti, riducibili solo alla dimensione strumentale. La ragione invece è esigenza di nessi, di significato e non si accontenta di un allenamento per indurre risposte parziali. Sarebbe molto interessante considerare questo aspetto anche in un test di tipo misurativo come l’Invalsi», spiega la Villa.

Ma a sollevare le ansie di alunni, genitori e insegnanti è stato il “cattivissimo” test di matematica. A conferma delle ricerche internazionali che vedono gli italiani agli ultimi posti, l’80% dei candidati lo ha ritenuto il più complesso. «Il problema è stato che le prove Invalsi si ispirano a un modo anglosassone di fare matematica, dove la disciplina è vista come un allenamento all’uso della ragione nel problem solving. Ma la matematica non può essere ridotta a questo puro esercizio. Allenare la razionalità in questo campo è ben più che risolvere i problemi. Non possiamo prescindere dai contenuti, per esempio da un teorema di Pitagora o dai solidi, perché rappresentano il dato di partenza che aiuta la ragione ad aprirsi e la rende capace di quel processo di astrazione che è il cuore del ragionamento matematico».