Insegnare, ovvero entrare nella realtà

A metà ottobre, tra Milano e Bologna erano in duemila. L'occasione, il convegno nazionale di insegnanti promosso da "Diesse", "Foe" e "Rischio educativo". Due giorni di lavoro e incontri. Ecco cosa è accaduto
Giovanni Mulazzani

Alla fine, si sono superate anche le migliori aspettative. Tra convegno e convention, il 12 e 13 ottobre, si sono radunati a Milano e a Bologna oltre duemila insegnanti di ogni ordine e grado, provenienti da molte regioni italiane. Il tema: “Nuovi insegnanti e nuove scuole che crescono”. L’invito: approfondire questo argomento, prima in un convegno di ampie riflessioni e testimonianze promosso da Diesse, Foe (Federazione Opere Educative) e associazione culturale Il Rischio Educativo; poi nella convention di Diesse che aveva al centro le “Botteghe dell’Insegnare” (tavoli di lavoro dove gli insegnanti possono approfondire le loro discipline mettendo in comune l’esperienza fatta nelle rispettive scuole, discutendo con i colleghi), e momenti assembleari con il filosofo ucraino Aleksandr Filonenko, il presidente della Compagnia delle Opere, Bernhard Scholz, il segretario generale di Avsi, Alberto Piatti. Per finire, un sorprendente Paolo Cevoli.

Per che cosa tutto questo? «Insegnanti che costituiscono un popolo si sono mossi per dare forma e continuità al desiderio che li anima come persone», afferma il comunicato finale: «Infatti, mai come in questo momento è vero che l’insegnamento e la scuola rinascono da chi non teme di comunicare agli altri l’ipotesi positiva con la quale egli stesso entra ogni giorno nella realtà».

In effetti, gli spunti positivi per ripartire sono stati tanti durante la due giorni. Nella lezione magistrale del professor Charles Glenn, docente all’Università di Boston, è apparso chiaro che la libertà di educazione che fonda la parità scolastica, cioè un sistema di istruzione dove le famiglie e gli insegnanti possono scegliere la scuola che corrisponde al proprio ideale educativo, costituisce non solo un diritto, ma in un certo senso un dovere, cioè un compito non più rimandabile. È esattamente quello che hanno espresso nei loro racconti coloro che sono intervenuti sabato mattina: Rose Busingye della Luigi Giussani High School di Kampala, Uganda, Donatella Morelli dell’Istituto Tirinnanzi di Legnano, Mauro Monti di Piacenza, Emanuele Triggiani di Bari, Marta Sangiorgio dell’Istituto Sant’Andrea di Biassono. Testimonianze che scuole nuove e nuovi insegnanti ci sono già.

La convention di Diesse ha rilanciato poi il lavoro tipico dell’insegnante: dare forma al proprio “oggetto” di insegnamento per comunicarlo agli alunni più pieno di significato. Il lavoro intenso delle Botteghe ha dato visibilità alla paziente ricerca tra insegnanti del percorso che rende formativo ed educativo l’incontro con un autore della letteratura (italiana ed europea), la matematica, l’arte, il latino, la grammatica, la storia, la lingua inglese, ecc. Fino a comprendere aspetti “trasversali” della scuola, come la valutazione, la governance di un istituto, la progettazione. In tutto, diciannove Botteghe che hanno dissodato un terreno a servizio di tutta la scuola italiana e di tutte le persone che la frequentano ogni giorno.