I giessini di Milano radunati al Parco Sempione

GS. Un luogo dove dire io con verità

Quasi duemila ragazzi delle superiori della Lombardia si sono trovati per la Giornata di inizio anno di Gioventù Studentesca. Al mattino, il giocone al Parco Sempione di Milano. E nel pomeriggio, il dialogo con don Carrón...
Stefano Giorgi

Domenica 7 ottobre ore 10, piazza Cadorna, a Milano, incomincia a riempirsi di ragazzi. Allegri si salutano, alcuni si abbracciano come se si ritrovassero dopo tanto tempo.

«Cosa c’è, una manifestazione sportiva?», chiede un passante incuriosito, «No, sono i ragazzi di Gioventù Studentesca che si trovano per la loro Giornata di inizio anno», «Ah». E rimane lì a guardare. Siamo quasi 1800 di Milano e Lombardia.

“Un luogo dove dire io con verità” è il titolo della giornata. «Se nella vita bisogna cercare questo luogo attraverso incontri, scoperte ed esperienze, allora nel gioco va messa a tema questa ricerca», spiega Matteo, insegnante di Educazione fisica e ideatore della caccia al tesoro al Parco Sempione. Le squadre sono state lanciate a cercare luoghi di arte e cultura e lì fare le prove.

Il pomeriggio, al Teatro Dal Verme

Pronti, via! Poi il pranzo al sacco e i primi whatsapp di Marta: «Prof, come al solito io pensavo: che rottura giocare alle 11 di mattina, ma quel prof lì, con tutta la sua energia è stato un esempio di febbre di vita per cui il mio cuore è contento di aver trovato una compagnia dove posso vedere, toccare, ascoltare e vivere questa gioia... e poi i giochi: ognuno era una prova da superare per scoprire di più il proprio io».

Finito il pranzo, ci si raduna davanti al teatro Dal Verme, per l’assemblea. La band di fiati di Giovanni, come al Triduo a Rimini, ci fa cantare nell’attesa che le porte si aprano.

Si entra: le note della Goccia di Chopin ci accolgono insieme alla proiezione del commento di don Giussani: «Quando un uomo si accorge di questa nota […] diventa come una fissazione. […] È la fissazione che fa l’uomo: il desiderio di felicità». Poi i canti e subito si entra nel vivo del dialogo tra tutti noi e don Julián Carrón. Un dialogo fatto di domande e contributi dei ragazzi, riportati da don Pigi, filmati (provocante lo spezzone del primo episodio della terza serie di Black Mirror, “Caduta libera”: la vita è rincorrere i like?), brani letterari e canzoni.

Carrón incalza subito: «Abbiamo voglia di riprendere perché abbiamo visto qualcosa di così affascinante da far venire la voglia di partecipare all’avventura del vivere o già cominciamo più stanchi di prima? La domanda che faccio a voi e a me stesso è quella che debbono affrontare tutti all’inizio del nuovo anno». Certo che abbiamo voglia. «Ma, come diceva don Giussani tanti anni fa: “Il grande problema del mondo oggi è: come si fa a vivere?”», incalza Pigi: «Come si fa, appunto, a vivere quando a volte prevale l’ansia del non riuscire ad essere come si vorrebbe, l’ansia del giudizio degli altri e, in fondo in fondo, una grande solitudine?».

Piramide umana al parco

«Questo è cruciale», inizia a rispondere Carrón. «Perché il problema è che cosa resta in noi di tutto quello che viviamo. Tante volte possiamo partecipare a tante cose, ma è come se non rimanesse nulla. L’incontro con don Giussani mi ha consentito di fare un cammino umano dove tutto quello che succede mi può far crescere nella consapevolezza di che cosa è importante. Amici, non ho altro di più importante da dirvi di quello che ho imparato da don Giussani: un metodo per la vita». Cioè? «Se noi continuiamo a fare le cose senza giudicarle, di questo non resta nulla. Cosa facciamo, quando studiamo matematica, per vedere se il nostro tentativo è giusto o no? Confrontiamo il nostro esercizio con quello correttamente svolto dalla prof alla lavagna, cioè diamo un giudizio. Senza arrivare a dare un giudizio, io ancora non ho imparato niente anche se ho ripetuto l’esercizio duecentomila volte! Applicate questo alla vita: senza giudicare non si impara niente e si diventa scettici. Occorre imparare questo metodo: uno cresce veramente solo quando impara, cioè quando giudica. Così la vita diventa un'avventura interessante».

Ma nella vita con chi ci confrontiamo? Il criterio è cosa gli altri pensano di noi? Carrón, per spiegare, porta l’esempio del braccio ingessato, del dolore che provi e del medico - ipotetico Nobel del gesso – che sostiene che siccome te l’ha fatto lui, tu non puoi provare dolore. Eppure ti fa male. «Se un dottore non ti guarisce, lo lasci: questo è il giudizio. Tu potrai non avere il Nobel, ma sai quando stai bene e quando no. Voi avete dentro un criterio per giudicare tutto. Si chiama cuore: quelle esigenze di bellezza, felicità e giustizia che sono come la nota di Chopin che abbiamo ascoltato. Il mistero che ci ha fatti ci ha lanciati nel reale con un questo detector. La questione è cominciare a usarlo. Perché usandolo si incomincia un cammino di conoscenza delle cose che fa vivere con intensità».

È come la scoperta del segreto del mondo. ma...«Ma io questa intensità la vedo solo a momenti e me ne vergogno», sottolinea un contributo. Riprende Carrón: «È un cammino». E racconta di quel ragazzo che era stato in coma per un incidente e a cui quando ne era uscito, tutto sembrava nuovo, tutto lo riempiva di stupore, ma dopo un po' quello stupore cominciava a venir meno. «Tante volte chiediamo che ci sia qualcosa che subito ci faccia render conto delle cose, un miracolo. “Aspettatevi un cammino, non un miracolo che eluda le vostre responsabilità, che elida la vostra fatica, che renda meccanica la vostra libertà”, ci diceva don Giussani. Non possiamo imparare tutto in un colpo, le cose diventano tue in un cammino. A chi non piacerebbe poter vedere il moroso o la morosa come il primo giorno? O gli amici con tutto lo stupore del primo giorno? O andare a scuola come il primo giorno? Noi siamo insieme solo per questo: per sostenerci in questo cammino». Ma c’è ancora un’ultima resistenza che Pigi rende viva: «Tanti ragazzi non si vogliono bene, non si sopportano». Risponde Carrón: «Anch’io non mi sopporto e che cosa dice questo? Che ci sono! Prima di non sopportarmi, ci sono. Se io ci sono è perché uno mi dice che sono prezioso ai suoi occhi. “Quanto sei prezioso ai miei occhi, nessuno ti vuole bene come me che faccio te”. Il cammino che dicevamo - e lo strumento principale è la Scuola di comunità - è per renderci conto che non ci facciamo da soli, allora tutto diventa un dialogo con questa presenza».

È la stessa scoperta di Anna, di Imola: «A Gs mi hanno accolta senza sapere chi ero. I miei amici di Gs mi amano senza conoscermi, senza voler per forza indagarmi e vivisezionarmi: amano Anna perché Anna c’è».
La messa conclude il gesto ed il Vangelo è un altro invito all’uso del cuore: «Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10). Ma «cosa vuol dire essere come bambini? Essere sinceramente, schiettamente leali col proprio cuore», ci ricorda Pigi nell'omelia.

Usciamo e arriva subito il primo whatsapp di Antonio, di Treviso: «Collegamento perfetto!!! Giornata splendida: al mattino caccia al tesoro per le vie di Chioggia poi pranzo e canti insieme in attesa del collegamento». Perché a Milano eravamo in 1800, ma altri 2500 erano collegati in varie città italiane, in Germania e Portogallo; e altri ancora lo vedranno in differita (Repubblica Ceca, Argentina, Cile, Colombia, Ecuador e Paraguay).

Ore 21,22 un altro messaggio: «“Un luogo dove dire “io” con verità”. Non penso avrebbero potuto scegliere titolo più adatto alla giornata che ho vissuto “io” oggi: dai giochi all’incontro ho avuto la conferma di essere nel mio posto, dove posso liberare il mio desiderio. Desiderio che tante volte, purtroppo, tendo a mettere da parte per comodità, perché questa spinta ad andare oltre può essere scomoda e fastidiosa. Senza questo desiderio, però, non potrei essere Sofia». Anche per gli adulti è stata una giornata importante. Scrive Valentina, giovane collega: «All’assemblea è stato di nuovo come sentire un annuncio, io quasi non sarei più andata via. Io oggi me la sono goduta ed essere lì con i ragazzi godendo noi stessi di quell'annuncio è già un fare loro compagnia». E chi non aveva ragazzi da accompagnare? «Me stessa ho portato, ma quello che ora desidero è di portare tutto il mondo», scrive Monica, insegnante di Scienze.


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