Mario Zarpellon

«L’uno, il 99 e l'unità»

Si vedono solo per pochi secondi. Sono i volti della gente comune nel filmato per i 60 anni del movimento "La strada bella". Siamo andati a scoprire chi sono... (da Tracce, novembre 2014)
Alessandra Stoppa

Quando la sera il Mario e la Gina sono a cena, loro due soli, dopo quasi sessant’anni di matrimonio avventuroso e affollato, guardano la sedia vuota a capotavola. «Lì, moglie, c’è Gesù», le dice lui con un cuore bambino. Ha 85 anni, alto, smilzo, ma la voce roca e appassionata al racconto di una vita tutta lasciata alla logica di Dio. «Noi si è ancora in viaggio!». Picchia sul tavolo entusiasta, come se si partisse ora. «Sempre domandando», dice sottovoce la Gina, quasi a fissare qualcosa nel fiume in piena del marito. «La cosa più importante è la perseveranza! Perseverare nel cammino che il Signore ci ha fatto fare in tanti anni. Se uno si ferma, distrugge anche quello che ha costruito finora». Si brinda.

C’è la giovinezza in questa casa di due anziani signori veneti, emigrati da Bassano del Grappa tra i boschi della Brianza. Nel vano del camino, la tv. Alle pareti, le foto dei figli, dei tanti figli accolti da Mario e Gina Zarpellon. Da sempre è stata un’apertura naturale, respirata nelle rispettive famiglie, «dove il senso di Dio era pane quotidiano. Non avevamo niente, ma la sera la mia mamma mi dava un pentolino da portare ad una donna rimasta senza marito e con tre figli», dice il Mario. Mentre la nonna se lo portava a messa alle cinque del mattino, raccontandogli le vite dei santi. «E io ero felice!». Se ne andava a pregare nel frumento, chiedendo il martirio, la donazione completa, perché era la cosa più bella che poteva accadergli. «Crescendo, ho detto al Signore: quello che desideravo così ardentemente da bambino, diluiscilo nell’arco della vita». Sorride alla Gina: «Moglie! Ci ha preso in parola».
Le prove non sono mai mancate. «Giussani diceva che la sofferenza offerta è il concime della fede. Per noi è stato vero». Gina ha sempre avuto problemi di salute: l’eczema che la riempiva, l’anca che la costringeva alle stampelle. Le avevano proibito di avere figli, ne ha avuti quattro. «L’Anna è nata malata ed è tornata in Paradiso a sei mesi». Mario, intanto, si consumava trascinando il piccone nel fango, sbucciando piante alte tre metri per fare il compensato. Finché «grazie a Dio» non trova lavoro come messo comunale. Lo farà per 23 anni, dedicati a farsi carico di ogni problema, famiglia per famiglia. Quando qualcuno aveva più bisogno degli altri, tornava a casa e guardava la Gina: «Portalo qui», diceva lei. Così hanno iniziato ad accogliere, in 70 metri quadri, dormendo per terra per fare posto al piccolo Giovanni, che per tutti era matto, come ad un’intera famiglia vietnamita. «Dovremmo baciare i piedi ai nostri figli naturali», dice Mario. Loro hanno accolto, per primi, il desiderio dei genitori di vivere cristianamente. Ma di tutti i dolori, tra cui un incidente del figlio Luca, «quello più grande era non avere una compagnia». L’hanno cercata, sempre. Nella pazienza, senza mai accontentarsi, né risparmiandosi: si davano in tutto, innanzitutto in parrocchia.

Un giorno, su Famiglia Cristiana leggono alcune righe su Nomadelfia. C’è scritto: «Dove la fraternità è legge». «Ci siamo guardati e ci è venuto da piangere». Era il ’65. Pochi anni dopo, vendono la casa, lui prende l’aspettativa e si trasferiscono a Subiaco, nel distaccamento di Nomadelfia. «La gente diceva: quelli sono matti...», ride: «Ma per noi erano i segni del Signore che ci preparava a qualcosa di più grande!». «Tesoro, piano, è tardi...», gli dice la Gina quando s’infervora. Lasciata Subiaco per problemi di salute, riprendono a vivere «un po’ nel limbo, ma sempre cercando». Finché non arriva ad abitare sotto di loro una coppia di sposini del movimento:?li vedono ritrovarsi con gli amici, cantare. L’1 agosto del ’78 andranno alla loro prima vacanza con CL. «Parcheggiamo e un ragazzo ci viene incontro, esultando. Una festa! Ci siamo guardati: ma chi è questo qui? Mi ha fulminato. Proprio come mi era successo con mia moglie».

Aveva 23 anni quando ha capito che «era lei». Consumava la bici girando i paesini in cerca di una grande donna da sposare. La Gina abitava dall’altra parte della strada, si vedevano tutti i giorni. «Chi ci pensava...». Una mattina era lì da solo, con cinque catini di sale per concimare. La vede e le chiede: «Mi aiuti?». «Perché no?», solleva il catino e giù per il campo. «Fulminato! Ho detto: quella è mia moglie». La stessa cosa a quella vacanza: «Lì è nata la nostra nuova vita». Come dice nel video: «Era quello che da tanti anni noi si cercava: l’unità! La comunione!».
Una mattina, anche se si svegliava sempre piena di malanni, la Gina gli dice: «Senti, noi non possiamo stare fermi a dire che è bello e basta. Il nostro cuore scoppia». La casa d’accoglienza la aprono poco dopo, a Seveso, accompagnati dagli amici, da Giussani e poi da Famiglie per l’accoglienza. Per 15 anni, di cui ricordano ogni particolare, hanno accolto un centinaio di persone, tra bambini, ragazzi, adulti. «Ciascuno di loro è una storia infinita». Emanuela è una prostituta, gliela portano chiusa nel baule di un’auto. Una notte si affaccia alla loro stanza: «Vorrei dormire in mezzo a voi». S’inginocchia al loro letto, e inizia a piangere. In casa non c’era mai un calcolo sui soldi. C’era la regola: «La preghiera. La povertà, anche spicciola, tutto doveva essere per il bene e niente per il superfluo. Il lavoro. E l’accoglienza. Chi arrivava non faceva bene solo a noi, ma anche agli altri che c’erano. Eravamo tutti educati all’amore».
«Se non avessimo incontrato il movimento, avremmo messo i remi in barca», dice Mario. E la Gina non potrebbe dire: «Oggi mi è tutto caro. Ogni giorno è una novità. Quando è arrivato Carrón, non capivo. Ma, seguendolo, mi sono meravigliata: ti chiedi come possa esserci qualcuno dopo Giussani. E invece il Signore te ne dà ancora uno. E non finisce mai». Vanno tuttora in caritativa, nella loro ex casa, che hanno donato ad un centro di cura. Mattina e sera, Mario bacia il crocifisso: «Questo mi fa iniziare bene la giornata e me la fa terminare meglio. Un giudizio continuo: Gesù è lì con te. È spasimante di te». In questa casetta, dove lui aiuta lei ad infilarsi le calze e a toglierle, e le legge la biografia di Giussani perché è scritta troppo piccola, la giovinezza è il desiderio della totalità che pulsa nel loro cuore. «Tu puoi riuscire a dare uno, ma l’altro 99 serve ancora a te. Ti serve a chiedere misericordia. Ad essere mendicante. Il solo cammino vero».