Monsignor Christophe Pierre, nunzio apostolico negli Stati Uniti

Il Nunzio Pierre: «Riscoprire il mio incontro»

Il Nunzio apostolico negli Stati Uniti, Christophe Pierre, ha presentato di recente, alla Georgetown University di Washington, la traduzione inglese de "La bellezza disarmata" di Julián Carrón. Da "Tracce" di novembre, brani dal suo intervento
Christophe Pierre

Nel libro di Julián Carrón ci sono elementi molto importanti, perché ci toccano nel profondo. Ed è il motivo per cui questo libro mi è piaciuto davvero: mi ha toccato il cuore. Mentre lo stavo leggendo ho anche pensato: questo libro ci aiuta a capire papa Francesco, perché ci dà ragioni teologiche e pastorali, ragioni psicologiche e filosofiche per farlo. Questa è una cosa molto urgente, perché oggi molte persone non capiscono il Papa. E se non comprendi Francesco, non puoi amarlo e seguirlo. E tutti noi, se siamo cattolici, abbiamo il compito di capire il nostro leader e seguirlo. Queste pagine ci forniscono un buon metodo.

Per prima cosa, circa dieci anni fa sono andato in Messico, quando c’era l’Assemblea dei Vescovi latino-americani ad Aparecida. Lì ho visto una Chiesa che lavora insieme, pensa insieme, e cerca di rispondere alle sfide del nostro tempo. E le sfide di oggi sono il rapporto con la società in cui viviamo e la difficoltà di individuare ciò dovremmo offrire come Chiesa per evangelizzare il mondo: non quello di ieri o di domani, questo mondo. E per offrirgli la gioia del Vangelo, come dice papa Francesco, non per risolvere un problema, ma per aiutare le persone a essere e vivere come discepoli di Gesù in questo tempo.

Quando ho letto il documento finale di Aparecida, ho pensato: «Mio Dio, è fantastico». Ad averlo scritto erano stati dei Vescovi - non psicologi, non tecnici, non specialisti di organizzazioni pastorali, non burocrati della Chiesa, no: Vescovi -, persone preoccupate per la gente e preoccupate di evangelizzarla. Uno di loro aveva detto: «Siamo preoccupati perché vediamo che noi - come pastori, preti, insegnanti, professori e soprattutto genitori - stiamo facendo molta fatica a trasmettere la fede in questo contesto particolare». Il documento usa una espressione spagnola, cambio de epoca: cambiamento d’epoca. E hanno cercato di analizzarlo, per capire cosa stava succedendo. Viviamo in una nuova situazione: un mondo globalizzato. Carrón nel suo libro ha parlato di «crollo delle evidenze». Penso che sia molto interessante: cose che prima, in apparenza, erano evidenti a tutti, ora non lo sono più. E anche coloro che dovrebbero offrire l’evidenza ai giovani hanno dubbi.



Così i Vescovi latinoamericani hanno detto: «Siamo pastori, dobbiamo annunciare il Vangelo in questo mondo. Prima eravamo abituati ad annunciarlo all’interno delle dinamiche della società e della cultura, adesso no. Allora cosa dovremmo fare? Siamo pur sempre la Chiesa». E che cos’è la Chiesa? È il luogo scelto da Cristo per continuare la sua missione di annunciare il Vangelo. E la Chiesa siamo noi. Noi dobbiamo reinventare la Chiesa perché sia in grado di annunciare la Buona Novella in questo mondo di oggi. Questo è ciò che i Vescovi hanno cercato di offrire ad Aparecida.

Poi, all’improvviso, è arrivato papa Francesco e ci ha regalato l’Evangelii Gaudium, che è la copia del documento di Aparecida e che è diventata la linea guida per tutta la Chiesa. E che cosa dice? Che oggi, in questo nuovo contesto, dobbiamo offrire Gesù al mondo. Dobbiamo offrire la possibilità di un incontro con Cristo. In passato l’incontro con Cristo, in un certo senso, avveniva in un altro modo. Oggi siamo noi a dover offrire questo incontro.

E tutto il libro di Carrón, e questo è il motivo per cui lo ringrazio, contiene un’analisi profonda, molto sottile, molto interessante, della necessità di offrire a questo nuovo mondo la possibilità di un incontro. E se non lo faremo noi questo non accadrà, perché l’incontro con Cristo passa necessariamente attraverso la Chiesa.

Leggendo queste pagine mi è venuto da chiedermi: ma io ho incontrato personalmente Cristo? E la mia risposta è sì. Ma non basta dire soltanto “sì”. Come hai incontrato Cristo? Quando? Qual è la tua vera esperienza con Cristo? Pensandoci, ho capito come in tutta la mia vita Cristo, attraverso la Chiesa, la mia famiglia, le mie varie esperienze di Chiesa, ha esercitato una profonda attrazione, perché la sua figura attraverso la comunità cristiana non è un’idea, non è un concetto al di fuori della realtà, ma mi è stata offerta attraverso un’esperienza.

Di fronte a questo mondo abbiamo davvero bisogno di tornare alle basi e aiutare le persone indifferenti. Oggi il mondo non aiuta i giovani a interessarsi al vero significato della vita, perché è questo ciò che conta. Una vita priva di significato è grigia, e le persone non sanno cosa vogliano o cosa stiano cercando. E il Santo Padre lo sa profondamente, perché ne ha avuto esperienza. Così vuole che la Chiesa sia la Chiesa, non sia solo un’organizzazione o un’istituzione culturale che difende valori. Valori che sono ottimi. Ma la Chiesa deve essere la compagnia che testimonia Gesù, che è in grado di incontrare le persone e aiutarle ad avere un incontro personale con Lui. Questo è il solo modo per difendere quei valori. A volte pensiamo che salveremo il mondo se manterremo quei valori. Ma non ci rendiamo conto che i valori saranno una conseguenza dell’incontro con Gesù.

John Carr e monsignor Pierre

Come Chiesa, la nostra priorità è incontrare la gente. E questo è ciò che libera le persone, che le aiuta a riscoprire la libertà, la ragione, tutto ciò che c’è di buono nelle nostre vite. E il Papa vuole che diventiamo strumento per questo incontro.

Se il Santo Padre parla dei poveri, c’è chi lo accusa di essere un marxista. Se parla di qualcos’altro, è accusato di altro... Ma la medicina contro questo atteggiamento è tornare alla realtà. E la realtà è la difficoltà che le persone hanno di dare un senso alla loro vita. Noi abbiamo, avendo incontrato Cristo, una risposta che non è di tipo ideologico, ma è un incontro. Dobbiamo proporre questo e se non lo facciamo è segno che non lo abbiamo sperimentato neanche noi. Non puoi amare una persona se non te ne sei innamorato. E se provi a sposare quella persona, ma non ne sei innamorato, il tuo matrimonio crollerà.

Forse c’è una falla nell’educazione. Stiamo riducendo l’insegnamento allo spiegare come funzionano le cose senza dire perché funzionano. Così penso che la sfida sia toccare il cuore delle persone, come diceva Gesù. Zaccheo era totalmente fuori dalla realtà fino al giorno in cui ha incontrato Gesù. La Samaritana viveva in un mondo diverso e ha improvvisamente incontrato qualcuno che le ha aperto il cuore e lei ha scoperto di essere piena di desiderio di verità, di bellezza.

Don Giussani non è stato solo un grande educatore, ma ci ha offerto anche un metodo educativo. I professori, all’università ad esempio, sono così gelosi del proprio metodo che non ascoltano gli altri. «Io penso così», «io faccio così»: ma, alla fine, un vero educatore è quello che come prima cosa fa in modo di incontrare gli altri. Questo è ciò che ha fatto Gesù.