Tat’jana Kasatkina al Meeting di Rimini

All'Itis Dostoevskij va forte

Una “scuola” per gli insegnanti. Una sperimentazione nelle classi. Centinaia di ragazzi coinvolti. Il metodo della filologa Tat’jana kasatkina non fa bene soltanto agli studenti, ma anche ai prof. Ecco cosa succede a Modena, Mirandola e Brescia
Luca Fiore

Può un europeo di oggi - non troppo colto - leggere, leggere davvero, i romanzi di Fëdor Dostoevskij? Per “non troppo colto”, intendiamo anche uno studente qualsiasi di un qualsiasi istituto professionale. E per “leggere davvero”: incontrare, capire, godere. Usarlo come accesso alla comprensione della vita.
Chi Dostoevskij l’ha letto, e anche chi non lo ha fatto, si augurerebbe di sì. Ci mancherebbe. Ma sotto sotto, siamo convinti che non tutto sia per tutti. Figuriamoci il romanzo russo dell’Ottocento. Eppure la storia della sperimentazione didattica “Il mondo parla”, in corso da quattro anni a Modena, Mirandola e Brescia, è un piccolo-grande esempio di quanto, se sfidati nel modo giusto, i ragazzi possano vibrare con la grande letteratura. Ma non solo: mostra quanto gli insegnanti abbiano bisogno dei propri alunni per riscoprire ciò che, da studenti, li aveva sedotti.

Complice di questa piccola rivoluzione è stata Tat’jana Kasatkina, tra i maggiori studiosi russi di Dostoevskij, che ha sviluppato un metodo di lettura per cui le domande dei ragazzi sono necessarie per arrivare a comprendere un testo letterario. «L’insegnante deve essere consapevole della limitatezza del suo orizzonte visivo», spiega la studiosa: «E le domande degli studenti gli permettono di rendersene conto».

Tutto è iniziato nel 2013 all’Istituto professionale Fermo Corni della città emiliana. Cristina Rossi sta leggendo Le notti bianche con una classe di “elettricisti”. Non gente da salotto letterario. In città è in programma una conferenza della Kasatkina e la Rossi, non senza insistenza, ottiene che la professoressa tenga una lezione ai suoi studenti. Sarà un dialogo memorabile. I ragazzi incollati alle sedie e la prof che non riesce a credere alle sue orecchie.
«Parlando de Le notti bianche, ci ha fatto notare che nel finale dell’opera compare una ragnatela che pende nella piccola stanza del protagonista», racconta la Rossi: «Io a quella ragnatela non avevo dato importanza. Ma quando, nel dialogo, ho capito che quell’immagine percorre tutto il romanzo e che è fondamentale per comprendere l’opera mi sono detta: io gli occhi li ho, come ho fatto a non vedere la ragnatela? Perché lei è riuscita a notarla?».
La Rossi esce dalla lezione che è tutta un subbuglio: «Salutandola ho lasciato da parte ogni pudore e le ho detto: “Vorrei imparare a vedere e a leggere come fa lei”». La Kasatkina la guarda con un sorriso un po’ dolce e un po’ ironico: «Se riesce a organizzare una scuola estiva per professori, io vengo». Così è nata la summer school sulla lettura “analitico-sintetica” di testi letterari per insegnanti delle scuole superiori secondarie, ma in realtà aperta a chiunque sia appassionato di Dostoevskij, tenuta da Tat’jana Kasatkina e arrivata, quest’anno, alla quarta edizione. Cinque giorni a Sestola, Appennino tosco-emiliano, in dialogo serrato con la studiosa.

«Salutandola ho lasciato da parte ogni pudore e le ho detto: “Vorrei imparare a vedere e a leggere come fa lei”»
Fëdor Dostoevskij

«L’impatto della primissima lezione è stato dirompente. Il tema era Memorie dal sottosuolo, di cui in Europa occidentale, per via di una traduzione in fondo inadeguata, ci era arrivata una lettura freudiana che lo interpretava come una descrizione della malattia dell’uomo contemporaneo. Noi l’avevamo sempre letto così. Anche io», racconta la Rossi: «La Kasatkina esordisce leggendo una lettera dello stesso Dostoevskij, che dichiara apertamente che l’intento dell’opera è mostrare la necessità di Cristo per la vita dell’uomo». Quattro o cinque insegnanti dicono: no, non ci interessa. Per loro è la fine del percorso, per gli altri l’inizio di un’avventura.
La summer school è suddivisa in un tempo di lettura e studio individuale, che cerca di seguire degli input dati nella lezione introduttiva. Come si fa a vedere tutto quel che l’autore ha messo sulla pagina? Leggendo e rileggendo. Una passeggiata al rallentatore dentro il sentiero segnato dalla trama. «Non bisogna lasciarsi prendere dalla fretta di andare a vedere come finisce la storia. Occorre prestare attenzione ai particolari», dice la Rossi. Il suggerimento della Kasatkina è: «Concentratevi su ciò che non capite. Individuate ciò che non vi torna. Altrimenti tutto finirà per confermare ciò che già sapete». E questo è un lusso che di solito un insegnante non si permette nella routine del lavoro scolastico. A scuola, dalla cattedra, si deve apparire come chi ha già capito tutto.

Ma con la Kasatkina non si riduce tutto a un socratico “sapere di non sapere”. A questo lavoro personale di ricerca segue la forma del seminario. Una discussione che la studiosa russa ha plasmato sulla sobornost, la sinodalità, ortodossa. «È l’idea che ciascuno, per il posto che occupa nel mondo, quindi per il punto di vista che ha, vede certe cose che solo lui può vedere. Il contributo di ciascuno è fondamentale. Così ogni studente cerca di condividere con gli altri il proprio percorso mostrando i punti non chiari e le ipotesi di spiegazione che si è dato». Il risultato è una comprensione che nessuno aveva all’inizio, nemmeno la grande esperta russa. Tanto è vero che, proprio dal lavoro di quei giorni, è nata l’edizione di Scritti dal sottosuolo (ed. La Scuola), con una nuova traduzione e l’apparato critico che riporta i dialoghi della scuola estiva. «È molto importante che si tratti di una nuova traduzione», spiega la Kasatkina: «Perché la mia collaboratrice Elena Mazzola, probabilmente per la prima volta nella storia delle traduzioni di Dostoevskij, è partita dalla comprensione chiara dei tanti livelli presenti nel testo. Questi devono essere assolutamente resi in modo adeguato affinché si possa sentire la voce autentica dell’autore».

La scuola estiva, per gli insegnanti, è un’esperienza destabilizzante. Qualcuno inizia a desiderare che quella dinamica possa diventare un modo di fare scuola con i ragazzi. Così la prof Rossi e alcuni colleghi di Mirandola e Brescia decidono di organizzare, nelle proprie scuole, una sperimentazione didattica. Come funziona? Viene scelta un’opera di Dostoevskij e a novembre la Kasatkina arriva per fare un incontro introduttivo, in cui spiega il metodo. Lì viene proposta la lettura integrale del testo guidata dai professori. Ogni studente è chiamato a partire da quel che non capisce e a fare le sue ipotesi di lettura che confluiscono in una relazione scritta. Ne vengono scelte una o due per ogni classe e a marzo la Kasatkina torna per discuterle con i ragazzi. «Devono esporre il lavoro in massimo dieci minuti. Non si scelgono i più bravi a scrivere o a parlare, ma si decide rispetto alle domande più interessanti che vengono poste. Con i ragazzi Tat’jana non fa passare una frase, una virgola, che non abbia un riscontro nel testo. È feroce. Tratta tutti con una serietà e una stima incredibili. E i ragazzi se ne accorgono».
C’è una mattinata di due ore di discussione. Al pomeriggio, per chi vuole, si ritorna sui temi ancora aperti. E poi si finisce con un’ultima tavola rotonda.
«L’anno scorso è successa una cosa per me impensabile», racconta la Rossi: «Due miei studenti, due tipi di solito indisciplinati, non proprio “animali da conferenza”, sono tornati alla discussione del pomeriggio e si sono fermati fino alla fine. E non erano ancora soddisfatti». Che cosa volevano capire? «In ballo c’erano certi passaggi sulla vita nell’eternità. I riferimenti erano all’Apocalisse di san Giovanni. Quando mai si riesce a portare questi ragazzi a riflettere su certe cose?».

Con i ragazzi Tat’jana non fa passare una frase, una virgola, che non abbia un riscontro nel testo. È feroce

La Rossi racconta anche della discussione nata dall’affermazione di Dostoevskij secondo cui, se tutti fossimo Cristi, il mondo cambierebbe in un istante. «Un dibattito all’arma bianca, con gente che non aveva mai aperto il Vangelo in vita sua. Poi un mio studente, uno che partecipa ai circoli anarchici, e che ha un grandissimo senso della giustizia, mi ha scritto che ha iniziato a leggere il Vangelo». Durante una delle assemblee, la Kasatkina ha riproposto un’altra posizione dello scrittore russo: ognuno di noi può essere un buco avido che risucchia tutto, senza mai trovare soddisfazione, o una fonte inesauribile di bene per gli altri. «Quel ragazzo è rimasto inchiodato da questa cosa. E il giorno dopo mi ha scritto: “Prof, ma io che sono un depresso cronico, come faccio a credere a queste cose?”. O un altro che dopo una lezione su Montale, mi dice: “Ma non abbiamo detto tutto...”». I ragazzi vengono risvegliati. Si appassionano anche al resto.


Tat'jana Kasatkina e Cristina Rossi

«Il problema degli insegnanti di Lettere è che pensano che la letteratura sia qualcosa di meraviglioso, ma accessorio», spiega la Kasatkina: «Invece i grandi capolavori sono qualcosa di irrinunciabile, perché servono a fare di un uomo un uomo». Quando a novembre la studiosa ha consegnato di persona la nuova edizione degli Scritti dal sottosuolo al più famoso fan di Dostoevskij, papa Francesco, ha ricordato al Pontefice un episodio di questi anni di lavoro. «Alla fine della sua relazione uno degli studenti ha scritto che avrebbe voluto distribuire Il sogno di un uomo ridicolo a chiunque gli fosse capitato di incontrare per strada. Perché, diceva, desiderava che tutti sapessero che ognuno di noi può cambiare il mondo cambiando se stesso. Così, seguendo l’intuizione di quel ragazzo, io ed Elena lavoreremo a una nuova edizione italiana di quel testo, perché più gente possibile possa leggerlo nel modo giusto».

Qualche mese fa la professoressa Rossi è andata in classe dai suoi “meccanici” e ha proposto Delitto e castigo: «Ragazzi, in quest’opera ci si chiede se sia mai possibile che per migliorare la vita di qualcuno occorra, per forza, peggiorare la vita di qualcun altro. La domanda a cui risponde questo libro è: come fare con questo mondo ingiusto? Chi lo vuole leggere?». Tutti alzano la mano. «Prof, se lei ci garantisce che parla di questo, noi lo leggiamo».