La mostra di Rimini

Migranti, incontrarsi in mostra

L’esposizione sui profughi presentata all’ultimo Meeting di Rimini sta facendo il giro dell’Italia. Scuole, parrocchie, università: dal Trentino alla Sicilia. Gli immigrati a fare da guide, in una catena di reazioni e di rapporti. Che generano nuove idee
Giorgio Paolucci

È nata da una fioritura di incontri con tanti stranieri che hanno raggiunto l’Italia da Paesi lontani, ha messo al centro del suo percorso la parola “incontro”, ha generato una serie inaspettata e feconda di incontri. È l’avventura che sta vivendo la mostra sui migranti presentata lo scorso agosto al Meeting.
Dopo essere stata visitata da circa 25mila persone a Rimini, nella versione itinerante che ne è stata ricavata (trenta pannelli e quattro video) è approdata in una decina di città ed è già prenotata in altre da scuole, centri culturali, parrocchie. Non ha la pretesa di sfornare soluzioni per un problema complicato, che divide le cancellerie internazionali e l’opinione pubblica, ma vuole proporre anzitutto una posizione umana basata sulla immedesimazione nell’esperienza vissuta da quanti lasciano la loro terra cercando il compimento del loro destino.

«Quello che viene descritto nei pannelli Omar e Alhidad, due studenti originari del Marocco e dell’Afghanistan, l’hanno vissuto sulla loro pelle, perciò quando gli abbiamo proposto di fare da guide hanno subito accettato perché si sentivano “raccontati” come persone», dice Elia Frignani, che insieme a un gruppo di amici ha portato la mostra alla Facoltà di Sociologia dell’Università di Trento: «Ciò che più ci ha colpito, al di là del gran numero di visitatori, è vedere tante persone che uscivano dalla mostra commosse, interessate, con tante domande suscitate da quello che avevano visto. Ma è stata l’occasione di un cambiamento anzitutto per me. Un giorno sono passato accanto ad Abdul, un ragazzo senegalese che vende le sue mercanzie vicino all’università. Ho tirato dritto come al solito, ma poi ho pensato: cosa c’entra lui con ciò che sto facendo nella presentazione della mostra? E lui, cosa c’entra con me? Sono tornato indietro e gli ho proposto di fare colazione insieme, lui mi ha raccontato la sua storia e ha concluso: “Anche io come te desidero studiare, lavorare, tornare a casa. Voglio essere felice”. Era proprio quello che dicevo spiegando la mostra, lui lo interpretava in carne e ossa».

«Ciò che più ci ha colpito, al di là del gran numero di visitatori, è vedere tante persone che uscivano dalla mostra commosse»

Migranti in carne e ossa, non teorie o analisi: come gli ospiti dei centri di accoglienza che hanno visitato la mostra allestita presso la Certosa di San Lorenzo a Padula, in provincia di Salerno. «Sguardi attenti, emozionati nel vedersi raccontati nei pannelli e nei video», racconta don Vincenzo Federico, consulente della provincia di Salerno per l’immigrazione: «Non è facile parlare di migranti ai migranti, ma incontrandoli abbiamo verificato la verità di quanto dice papa Francesco: non sono numeri, sono volti, nomi, storie».
Family Happening. Marco Benedettini, insegnante all’istituto Marvelli di Rimini, dopo aver visto la mostra al Meeting, ha proposto di portarla a scuola e il collegio dei docenti ha approvato all’unanimità. «L’hanno visitata i 750 studenti della scuola, ciò che ha colpito di più è che non veniva proposto un “discorso” sui migranti, ma la loro esperienza umana, con cui ci si poteva paragonare. Altre scuole hanno deciso di ospitare la mostra valutandone la grande potenzialità educativa in riferimento a un argomento troppo spesso vittima di contrapposizioni ideologiche e di strumentalizzazioni mediatiche».

«Non sono una “tifosa” dei migranti, ma dopo avere accettato la proposta di occuparmene ho scoperto un mondo», racconta Alice, che ha curato l’allestimento in occasione del Family Happening di Verona: «Le mie resistenze sono state messe in discussione, ho imparato uno sguardo diverso, anche per certi incontri fatti. Come quello con un anziano signore che mentre guardava i pannelli dedicati alle vicende degli italiani emigrati all’estero si è commosso. Aveva vissuto da vicino la tragedia di Marcinelle in Belgio, con 136 italiani morti in miniera: si è seduto su una panchina e ci ha raccontato la sua storia di migrante. La mostra ha mosso il cuore anche di mio figlio, che dopo anni è venuto al Family Happening e poi ha deciso di fare la tesi di laurea su questo argomento».

«Non sono una “tifosa” dei migranti, ma dopo avere accettato la proposta di occuparmene ho scoperto un mondo»

Alessandra, docente universitaria di Filosofia, ha invitato uno dei curatori a presentare la mostra a un gruppo di studenti americani in Italia per uno stage formativo. «Sono rimasti colpiti dallo sguardo umano che viene proposto, dal fatto che si possa guardare il migrante anzitutto come una persona e non come un problema da risolvere adottando diverse strategie. Alcuni di loro hanno deciso di preparare i loro home assignments (la presentazione di un lavoro davanti a tutta la classe) proprio sulle migrazioni, facendosi interrogare dalle provocazioni emerse dalla presentazione. Nel tempo è nata un’amicizia con questi studenti, fino alla proposta di partecipare alla Colletta del Banco alimentare che si svolgeva in quel periodo. Alcuni hanno accettato e ci siamo ritrovati insieme a fare un turno come volontari davanti a un supermercato, per vivere insieme un’esperienza di bene».

Una visita guidata

Tra ebrei e musulmani. A Montecosaro (Macerata) la devastazione portata dal terremoto non ha fermato gli amici che avevano prenotato la mostra. «È stata un’occasione di apertura al mondo, per capire cosa muove i migranti e come stare di fronte al loro bisogno, che è anche il nostro, di gente che fa i conti con il terremoto», racconta Natalia Conestà, impegnata nella cooperazione internazionale con il Centro educativo alla mondialità, che ha coinvolto l’amministrazione comunale e le Acli locali e provinciali: «Il nostro viceparroco viene dal Camerun, come altri sacerdoti della zona, e la celebrazione della messa è stata animata dal coro multietnico Elikya, composto da persone di dodici Paesi diversi, di cui si parla in un video della mostra. L’Ordine dei giornalisti delle Marche ha inserito la nostra iniziativa tra i momenti di formazione della categoria, e a gennaio andrò al liceo di Civitanova Marche per presentare la mostra agli studenti».

A Pesaro c’è stato un lungo lavoro di preparazione che ha coinvolto molte realtà e ha generato frutti inattesi. «Abbiamo continuato il percorso iniziato lo scorso anno quando avevamo ospitato un’altra mostra del Meeting, “Abramo: la nascita dell’io”, che era divenuta occasione di amicizia con le comunità ebraica e islamica della città», racconta Daniela Careri, preside della Nuova Scuola: «Ci siamo incontrati una volta alla settimana a pranzo per due mesi lavorando sui testi dei pannelli, guardando i video, leggendo le cronache giornalistiche sull’argomento e confrontandoci sulle domande che emergevano. Animati dal desiderio di calare la tematica nella nostra realtà territoriale, abbiamo incontrato immigrati arrivati da vari Paesi e gente che da tempo lavora sull’argomento: il prefetto, il direttore dell’Ufficio per la pastorale dei migranti della Diocesi, quello dell’Ufficio per il dialogo interreligioso, il Presidente della Federazione islamica marchigiana, i volontari di una cooperativa che fa accoglienza, una famiglia siriana arrivata in Italia grazie ai corridoi umanitari e ospitata in una casa a Pesaro, una ragazza nigeriana, un giovane del Mali. Gli studenti hanno intervistato l’assessore alla Solidarietà, amici, familiari, semplici cittadini. Aderendo alla proposta del Presidente della comunità islamica stiamo raccogliendo indumenti da inviare in Marocco. È stato un fiorire di incontri che hanno generato amicizie, iniziative concrete, uno sguardo umano su questa realtà».

Alice Cecconello, insegnante alla Nuova Scuola, ammette di essere partita senza troppo entusiasmo nella preparazione della mostra. «Poi la partecipazione ai pranzi di lavoro, la conoscenza di tante realtà vive, lo sguardo colmo di gratitudine degli stranieri accolti in città, la loro umanità ferita e riabbracciata, hanno fatto diventare la mostra un’esperienza da vivere e da proporre, più che qualcosa da spiegare». Per Alice Rossi, insegnante alla Nuova Scuola, che ha guidato varie scolaresche, «ogni visita è stata un’immersione nell’umanità di quella gente. Più di tutto mi ha colpito lo sguardo curioso e interessato dei piccoli, gli alunni delle elementari, che hanno preso a cuore le vicende descritte nei pannelli, in contrasto con un certo scetticismo dei più grandi».

Col sindaco di Palermo Leoluca Orlando

All’Istituto nautico Giovanni XXIII di Salerno - una città da tempo divenuta approdo per migliaia di profughi trasferiti dopo l’arrivo in Sicilia - settanta studenti si sono preparati per fare le guide. Una di loro, Francesca, ha il padre che lavora nella polizia municipale: «Una volta l’ho accompagnato per seguire le operazioni di sbarco, e ho capito quanto vale una vita umana. Per questo quando spiegavo la mostra c’era sempre dentro un po’ di me». La preside Daniela Novi - che insieme a docenti e studenti ha allestito un presepio ambientato in mare con i profughi che tendono le braccia verso Gesù Bambino in braccio a Maria su un gommone - è commossa dalla partecipazione dei ragazzi. «Molti di loro andranno a lavorare in mare, dove può capitare di salvare una vita in pericolo. Le storie dei migranti che la mostra racconta e l’esperienza di immedesimazione che invita a fare sono una grande occasione formativa e questi giovani l’hanno fatta propria. Così la scuola diventa palestra di vita».
Nel mese di febbraio la mostra - da cui è nata anche una pagina Facebook, “Migranti, la sfida dell’incontro” - verrà ospitata in alcune città siciliane. Prima tappa il 4 a Palermo, con la partecipazione del sindaco Leoluca Orlando, dell’arcivescovo Corrado Lorefice, del medico di Lampedusa, Pietro Bartolo, e il coinvolgimento di centri culturali, Diocesi, Caritas e Migrantes. Un lavoro che vede operare insieme realtà diverse, nel segno di incontri da cui la mostra è stata generata e che sta generando.