Don Elia Carrai

I fatti che non passano

Elia Carrai è un sacerdote di 31 anni. Qui racconta che cosa, nella sua vita, regge l'urto del tempo. «Ciò che "resiste" non devo porlo io con uno sforzo: resiste perché già c'è». Da Tracce di giugno
Alessandra Stoppa

Elia dice spesso ai giovani che incontra che la verità è come un brano di musica, quel preciso brano che ti ha fatto ascoltare la persona di cui ti sei innamorato: tutte le volte che lo sentirai, ti verrà in mente quel volto. «La verità è così, ci raggiunge sempre dentro la concretezza di un rapporto. Se no è astrazione, teoria, è aria. Allora, se uno è teso a che si chiarisca la verità della vita, il riscoprirla ogni volta è legato a un incontro, un fatto, una faccia. Alla realtà».

Sacerdote di 31 anni, Elia Carrai è fiorentino, ma vive a Roma. È sempre stato colpito da come don Giussani, anche in tarda età, ritornasse su fatti di quand’era giovane: «Mi chiedevo perché a quell’uomo gli avvenimenti della vita facessero così compagnia». Oggi nel cammino del movimento sta sperimentando la stessa possibilità: che quello che capita non svanisca, non sia confinato a un momento, ma possa «durare, attraversare il tempo, continuare a cambiarci», come diceva don Julián Carrón agli Esercizi della Fraternità, giorni che per lui hanno spalancato ancora di più «il valore dei fatti che mi succedono e che non “passano”. Non solo quelli che accadono a me, ma anche ad altri e di cui sono testimone».

Un amico, giovane medico, gli racconta «una cosa bella» successa al lavoro: «Il primario mi ha detto di esser sbrigativo con una paziente, perché non c’era più nulla da fare. Io non ero convinto e ho rischiato una terapia, almeno per alleviarle il dolore. La donna ne era molto grata; e anche il primario, quando lo ha scoperto». Elia, ascoltandolo, è stupito e gli chiede come mai non abbia fatto come voleva il primario. «Perché non mi corrispondeva trattare così quella donna». Ma perché? «Perché io non vengo guardato così!».

«Nel mio amico», dice Elia, «era accaduta una novità: il suo gesto non era dominato dalla mentalità di tutti – lo scarto –, ma da un’affezione che è solo di Cristo. La sua scelta nasceva da Cristo contemporaneo: a lui, a quella donna che si è sentita amata, al primario... Il grande rischio che noi corriamo è stare sulla superficie dei fatti, accontentarci di un’ultima genericità, dicendo “che bello”, e perdendone la portata. In quella stanza di ospedale Cristo si è reso presente attraverso quel mio amico».

Se ci si ferma all’apparenza, la vita non “aggancia” il fondo della questione, il fondo di se stessi: «Le cose accadono e non chiariscono niente del mio bisogno e di chi vi risponde». Per questo è così grato degli Esercizi, «perché c’è un uomo come Julián che non ha paura della domanda: cosa regge l’urto del tempo? In quei giorni sono stato “sotto” lo sguardo di chi ha a cuore la mia umanità in un modo più vero del mio». Ed è stato liberante sentir parlare della fedeltà non in termini etici, «una preoccupazione che mi fa ripiegare su di me e mi frustra, rispetto ai miei limiti. Invece, la fedeltà è di Dio alla mia vita. C’è un cammino che posso riprendere, ogni giorno, senza scandalo, perché nessuno sbaglio mio preclude la possibilità di riaccorgermi che Lui c’è».

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È tornato a casa più desideroso di vivere, affrontare il dottorato, la preparazione di un pellegrinaggio, tutto quello che ha da fare. A volte lo risveglia un’umanità che lo sorprende e gli fa invidia. «Altre volte, una umanità ferita, che mendica da me lo sguardo di Gesù e lo fa riemergere». Il suo amico Alex vive per strada, proprio sotto a dove abita lui. «Esco dal portone già pieno delle mie idee e dei miei stati d’animo e vederlo mi cambia. L’altra mattina ci siamo solo guardati e sorrisi, ma immediatamente il suo dramma mi ha fatto dire: chi sono io? Cosa mi attendo dalla giornata?». Nel tempo sono diventati amici. Un giorno, per aiutarlo, Elia si è trovato in difficoltà. Ed Alex continuava a chiedergli: «Perché lo fai?». «La sua domanda mi si è piantata dentro. Mi ha fatto accorgere che, se fossi partito dall’idea che ho di me, di quel che so fare, non mi sarei mai coinvolto così con lui. Ero pieno di stupore, per il fatto di vivere in un modo a tratti impossibile a me stesso». Per una vita portata di continuo oltre la misura delle proprie capacità: «Ciò che “resiste” non devo porlo io con uno sforzo: resiste perché già c’è. Devo accorgermene».

Come è stato detto agli Esercizi: tante volte noi pensiamo che ciò che accade sia conseguenza di un fatto passato di duemila anni fa, mentre il punto è riconoscere che queste cose accadono perché Lui è presente. «Questa è la chiave di volta per rendermi conto che il rapporto con Cristo non è fumo, è reale. A noi accadono fatti incredibili, e ci affanniamo tanto, eppure non ne usciamo più liberi, felici, con una più viva coscienza di chi risponde al nostro dramma. Mentre la fede è una vita, che non possiamo produrre: un rapporto nuovo con le cose, possibile solo perché Cristo è presente».