Cecilia e i punti di luce
Ritrovarsi ad assistere pazienti in un reparto Covid senza neppure il tempo di festeggiare la laurea. Eppure, tra tanta fatica e sofferenza, scoprirsi «presa per mano» da qualcuno. La storia di una giovane infermieraPer l’emergenza Covid, Cecilia si laurea in anticipo, a marzo, in Scienze infermieristiche e dopo dieci giorni è già in corsia in un ospedale milanese. I primi tre mesi sono traumatizzanti. Una mattina, Cecilia si avvicina a un paziente per le procedure di pulizia. L’uomo soffre così tanto che non vuole nemmeno essere sfiorato. La ragazza si blocca inerme in fondo al letto. L’infermiere che è con lei la prende per mano e le dice: «Ceci, noi possiamo aiutarlo. Chiediamo a un medico di cambiare la terapia per alleviare il dolore». «Mi ha fatto vedere che c’era un’altra possibilità. E soprattutto che non ero sola».
A pranzo, un collega le fa trovare salmone e avocado, il suo piatto preferito. «Lo aveva portato per me», ricorda. «Solo dopo, ripercorrendo quel periodo, mi sono resa conto che i miei colleghi sono stati delle presenze, dei punti di luce che, senza che allora me ne rendessi conto, mi hanno fatto andare avanti. Hanno spostato il mio sguardo, impietrito dalla sofferenza».
Dopo la pausa estiva, Cecilia riprende il lavoro in un altro ospedale, ma sempre tra i malati Covid. Con in mente quei volti e con la consapevolezza che nel tempo è arrivata, è più semplice affrontare la nuova situazione, anche se rimane drammatica. I punti di luce ritornano, ma ora è più facile scorgerli.
«Vuole che laviamo i capelli?», chiede un’infermiera al paziente che gronda sudore dentro il casco per l’ossigeno. Cecilia guarda allibita la collega. È una giornata convulsa e lei vuole “perdere tempo” a lavargli i capelli? L’ultima cosa da fare, normalmente. L’uomo annuisce con la testa. La sera, uscendo dall’ospedale, Cecilia sente meno la pesantezza di quella giornata. Quel semplice gesto è stato l’indizio che c’è qualcosa di più grande della sofferenza.
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Una notte, un malato in preda al delirio cerca di strapparsi la strumentazione medica a cui è attaccato. La prassi prescrive di contenerlo con ogni mezzo. E invece l’infermiere che è accorso con Cecilia gli dice: «Tu non stai morendo, ci sono qua io, per favore fatti sistemare. Noi non ce ne andiamo», e gli stringe la mano. «La speranza, che sei mesi fa mi sembrava impossibile, passa attraverso fatti così», dice Cecilia:«Il Signore mi sta prendendo per mano attraverso queste presenze di umanità».