Niccolò Bizzarri

Firenze. Nicco, la poesia e l'avventura che continua

A poco più di un anno dalla morte dello studente fiorentino per un incidente in carrozzina, i suoi amici hanno organizzato un concorso nazionale per giovani poeti
Maria Acqua Simi

Come chi vede la luce in quel momento è il titolo di una piccola raccolta di poesie di Niccolò Bizzarri, il giovane di Firenze morto improvvisamente il 13 gennaio 2020 per un banale incidente con la carrozzella e di cui Tracce ha raccontato la storia nel marzo di quell’anno. Nei versi di Niccolò, così brevi e pieni di stupore, c’è tutta una vita. La sua, quella dei tanti amici incontrati (del movimento e non), dei suoi genitori. In una delle poesie più belle, scrive: «Ascolto la musica nelle viscere / mi strugge di triste dolcezza / soltanto eppure unicamente / umana. / Come sono io, umana fino a far male. / Tutto il dolore che serve / perché il senso abbia vita / perché la mia sofferenza sia pari / soltanto al mio destino».

La percezione che tutto nella vita sia un dono ricevuto, da condividere e in qualche modo restituire, è la cifra di Niccolò. E in queste pagine (la presentazione il 27 aprile al Centro Culturale di Firenze con Davide Rondoni), emerge con potenza. Oltre al libro, però, gli amici hanno fortemente voluto anche un concorso di poesia.

Niccolò durante una vacanza in montagna.

«Nessuna celebrazione di Niccolò, niente gesti “in memoria”. Semplicemente ci siamo resi conto che quello che l’amicizia con lui continua a generare deve poter essere per tutti. Quella vitalità, quella sua capacità di incontrare persone così diverse tra loro non poteva essere un qualcosa che si fermava solo a lui o che non ci riguardava. Così abbiamo pensato a un concorso dove alcuni giovani poeti potessero incontrare dei maestri», spiega Filippo Ungar, amico di Nicco tra gli universitari di CL (CLU) e studente di Lettere moderne: «Sembrava una cosa irrealizzabile eppure, mese dopo mese, la cosa ha preso forma in una maniera del tutto inaspettata. Grazie al supporto del Rettore dell’Università, del Comune di Firenze, della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze e dell’Ufficio Scolastico della Regione Toscana è nato un concorso a livello nazionale che permetterà a dieci poeti under 25 di vincere un seminario con alcuni grandi poeti. Il premio non è del denaro, ma una relazione con i giurati, sul solco di quanto accaduto nel rapporto tra Nicco e Davide Rondoni, che gli fu amico e insegnante. Vogliamo dare ad altri la possibilità di fare questa esperienza di amicizia e di scoperta di sé e dei propri talenti. Rondoni, Daniele Mencarelli, Sauro Albisani, Rosalba De Filippis e Alba Donati, poeti e scrittori di grande notorietà, si sono resi disponibili con entusiasmo per fare da giuria. Ci è sembrato un sogno. Il concorso verrà aperto il 5 maggio e il 17 settembre nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio ci sarà la proclamazione dei vincitori. Nei giorni successivi, i dieci ragazzi potranno partecipare ad un seminario poetico nella bellissima Villa Bardini, con lezioni e momenti di dialogo e convivialità».

Anche Angelo e Carolina, genitori di Niccolò, sono pieni di stupore per quanto sta accadendo. «In questi giorni riflettevo sul fatto che è straordinario che ragazzi dai 20 ai 24 anni siano riusciti, partendo dal nulla, a realizzare un evento di carattere nazionale, che parla del problema umano, del problema fondamentale dell'uomo», racconta il papà: «Non si tratta di fare qualcosa per ricordare Nicco, ma di continuare a diffondere quella possibilità di vivere indipendentemente dalle circostanze. Lui viveva questa condizione dura: una sofferenza che non sopportava eppure non trascorreva i giorni in attesa di un miracolo o di una cura straordinaria. Viveva dentro questa contraddizione della malattia con tutto se stesso. La abitava». Anche la pubblicazione delle poesie è nata per iniziativa di una compagna di liceo che lo conosceva bene. «Noi genitori non abbiamo fatto nulla», racconta mamma Carolina, «ma siamo commossi perché questo anno è stato al contempo difficile e bellissimo. Rimangono un grande dolore e una grande nostalgia, ma quello che accade ci fa continuamente dire che allora davvero non è tutto finito con la morte di nostro figlio». Ci sono tanti piccoli fatti che lo documentano. «Negli anni dell’università Nicco aveva incontrato un gruppo di ragazzi che frequentavano come lui un seminario libero su Platone. Nessuno di loro era credente. Pian piano tra loro è nato un confronto appassionato sulla vita, sul desiderio, sul mondo. E così, mentre durante la settimana lui frequentava gli amici del CLU, i sabati in birreria li dedicava a stare con questi giovani. Un legame che è rimasto: sulla sua tomba, un anno dopo la sua morte, abbiamo trovato un loro biglietto e dei fiori. Alcuni di loro hanno continuato a scriverci e appena l’emergenza Covid finirà, speriamo di poterli accogliere a casa per conoscerli meglio», chiosano i genitori.

Accoglienza e apertura sono due parole che hanno permeato la vita di questa famiglia, senza gesti eclatanti o eccezionali. Già all’inizio del loro matrimonio, quando figli naturali sembravano non arrivare, adottarono un bimbo di sette anni. Rimase però soltanto tre mesi, perché per una serie di pasticci burocratici dovette seguire un’altra strada. «Siamo rimasti in rapporto con lui, perché abbiamo sempre saputo che era un dono. Anche da quel momento doloroso è nato qualcosa di bello». Quel bambino oggi è un uomo di oltre trent’anni. Alla messa per il primo anno dalla morte di Nicco, fuori dalla chiesa, sussurra ad Angelo e Carolina un grazie «perché quei tre mesi passati con voi sono stati i più belli della mia vita».

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«Vorrei che scrivesse questo», dice Angelo: «La vita può essere davvero vissuta! Tutti abbiamo le stesse possibilità di essere felici, in qualunque circostanza o condizione. A noi è stato fatto il dono del compimento di questo desiderio e siamo certi che la chiave sia un’apertura alla possibilità che una risposta alle domande del nostro cuore ci sia. In questo siamo stati molto aiutati anche dagli ultimi Esercizi spirituali della Fraternità con don Carrón». “Apertura” è il termine che questi due genitori, quasi senza accorgersene, ripetono più spesso in questa breve intervista. Un’apertura che li ha portati - proprio in queste settimane - a dire di sì ad un nuovo percorso di affido familiare. «L’avventura continua», sorride Angelo.