Coast to coast

Un gruppo di studenti di New York, un parroco della Bible-belt, infermieri e medici della Mayo Clinic... una valanga di incontri accaduti lo scorso luglio, durante la visita di Julián Carrón alle comunità americane (da Tracce, settembre 2011)
Christopher Bacich

«Tu continui a riproporre a tutti la stessa cosa - l’essenziale - in modi diversi», gli ho detto. «È perché è tutto quello che ho. Tutto il resto è una conseguenza», mi ha risposto don Julián Carrón. Questo scambio di battute si è svolto più o meno a metà del nostro viaggio che, in quasi un mese, ha attraversato gli Stati Uniti.
È successo a luglio e l’avventura ha avuto inizio nella campagna a nord di New York, dove oltre trecento amici (più della metà aveva meno di 18 anni!) provenienti da tutto il Nord Est si sono radunati per una vacanza. Qui è emerso subito il leitmotiv che avrebbe caratterizzato gli incontri di Carrón in tutto il Paese: «È così normale!», ha commentato Paolo: «Non potevo credere che si sarebbe messo in fila e avrebbe ritirato il suo pranzo con tutti gli altri».

«Perché sei così felice?». Ma questa apparente normalità nascondeva qualcosa di straordinario, come ha testimoniato Vincent, studente di liceo, che ha conosciuto Carrón a colazione insieme ad altri studenti: «Don Carrón è arrivato con il suo vassoio, si è guardato intorno e ha chiesto a ciascuno di noi da dove venivamo e dove studiavamo, ma non come si fa di solito... Il modo con cui ci ha guardato manifestava un interesse vero. Carrón non ha considerato nulla di ciò che ci dicevamo come un “tanto per dire”; ha parlato dell’incontro con don Giussani e con il movimento, del perché è prete, dei suoi fratelli e sorelle in Spagna, di scherzi e persino di basket. Ha parlato di tutte queste cose in un modo pieno di vita e di energia. La sua felicità era piena, quella felicità che io sperimento a frammenti, in lui era piena. Così è venuta fuori in me la domanda: “Com’è che sei così felice? Sei sempre così felice?”. Ci ha risposto che lui è quasi sempre felice perché vivere il rapporto con Cristo è la cosa più bella che ci sia, e che tutta la nostra vita, in particolare le difficoltà sono l’occasione per vedere la forza dell’amicizia con Lui. E alla fine ci ha detto: “Allora quando ritornerò voglio sentire come questo sta succedendo per ciascuno di voi”. E io ero lì seduto, pieno di stupore e gratitudine perché, nell’enorme dono di don Carrón, Cristo era con tutta evidenza a quel tavolo con noi. Altrimenti, come sarebbe possibile quella vita così totalmente attraente e piena che lui vive, o come sarebbe possibile che il solo fatto di mangiare con lui possa spalancare i nostri cuori e riempirci di una gioia così evidente?».

La vittoria sul Faraone. Nell’assemblea finale, una delle testimonianze più forti è stata quella di Monica, una giovane insegnante che di recente ha perso il lavoro più volte. Ha raccontato che, quando ha informato il suo capo di essere incinta, lui le aveva detto che la scuola non era in grado di offrirle un contratto per l’anno successivo. Piena di sconforto aveva parlato con un amico che le aveva ricordato la vicenda del popolo d’Israele in Egitto, e di come l’ingiusto uso del potere che Dio aveva permesso al Faraone si fosse rivelato come l’opportunità per testimoniare la vittoria di Dio sul potere dell’uomo. Monica ha accettato la sfida del suo amico, continuando a lavorare con ancora maggiore impegno, arrivando a inventare nuove iniziative con i suoi studenti, mai viste prima nella scuola. Alla fine dell’anno il suo capo l’ha convocata, nuovamente, e le ha offerto un contratto dicendole: «Ti ho visto così certa... Ma come facevi a essere così? A lavorare così bene?». Carrón è saltato su: «Qual è la differenza fra adesso e prima? Dire “Dio vince” non è la stessa cosa che vederlo con i miei occhi. Si vede che quello che dici è un’esperienza e non una citazione. Ciò che l’esperienza aggiunge è la certezza. Anche se il tuo capo non ti avesse offerto di nuovo il contratto, la vittoria era già nel modo con cui tu stavi vivendo il lavoro».
Finita l’assemblea, via verso Greenville, South Carolina, per vederci con gli amici del Sud Est. Ci siamo trovati in una scuola cattolica, di cui è direttore un nostro caro amico, Keith. Qui Carrón ha tenuto un intervento pubblico sull’educazione. Sin dall’inizio è apparsa chiara la novità del suo approccio, a partire dalla domanda che ha posto: «Molti parlano di un’emergenza educativa oggi, ma in che cosa realmente consiste questa emergenza? Che cosa manca? L’emergenza è data da una mancanza di umanità. Allora il vero problema è che cosa può risvegliare la persona. Parafrasando il recente rimando del Papa a sant’Agostino: che cosa è in grado di muovere il livello più profondo della persona?». La vivacità dello scambio di domande e risposte che è seguito ha reso evidente l’interesse che una simile proposta ha suscitato.
Durante un’assemblea svoltasi più tardi con amici provenienti dall’area protestante del Sud Est degli Stati Uniti (la cosiddetta Bible-belt), una domanda ha colpito molti. «Cosa posso fare quando il mio cuore è atrofizzato?» La risposta di Carrón è stata: «Chiedi a Cristo di vincere la tua resistenza con la bellezza. Cristo ha combattuto per te fin dal tuo Battesimo, per condurti al Padre. Cristo è un mendicante che ti supplica di lasciarlo entrare. Lo sguardo di don Giussani è lo sguardo della contemporaneità di Cristo. Qual è il segno che Egli sta accadendo ora? Che ci guardiamo l’un l’altro con questa misericordia. Altrimenti, non posso sopportare me stesso, non posso vivere con me stesso». L’esperienza di quello sguardo in quell’assemblea ci ha fatto ardere il cuore e abbiamo goduto della grigliata e della birra a casa di Keith. La gioia straripante dello stare insieme si è concretizzata nel cantare con tutto il fiato che avevamo.

Serata di canti a Crosby, Minnesota

Da Dubai per gelosia. La tappa successiva è stata Evansville, Indiana. Padre Alex, coadiutore nella parrocchia, durante la Messa del sabato sera ha presentato ai suoi parrocchiani don Carrón e il movimento di Comunione e Liberazione, descrivendolo così: «È un gruppo di amici dove il mio cuore è tenuto vivo, che mi rende presente lo sguardo di misericordia che Cristo ha su di me».
Sempre a Evansville, un seminarista, Chris, ha reso una testimonianza sorprendente: «Ero entrato da poco in seminario, ma ero proprio insoddisfatto. Padre Alex era appena diventato il responsabile diocesano per le vocazioni e gli chiesi un appuntamento. Gli dissi che non ero contento e che pensavo di andarmene. Mi chiese che cosa mi mancava, gli risposi che quello che mi mancava era un’amicizia che avesse a cuore il desiderio di approfondire il rapporto con Cristo e di viverlo con gli altri. Mi disse: “È tutto ciò che desidero anch’io”. Non potevo crederci! Gli chiesi come riusciva a tener vivo questo desiderio, perché io mi sentivo così solo. Mi disse che era attraverso il movimento di Comunione e Liberazione, e allora ho cominciato a vivere il movimento. Avevo sempre avuto una passione per la vita e il desiderio di essere una persona di fede, ma è stata una lotta capire che cosa vuol dire essere parte della Chiesa. Ero in lotta perché tenevo lo sguardo sempre fisso “al di là”, oltre la mia umanità, trascurando il punto dove il mio bisogno e il mio desiderio mi indirizzavano».
Da Evansville abbiamo proseguito per Chicago. Dopo una veloce passeggiata in città, guidati da alcuni studenti di Gs, ci siamo trovati con più di cento amici per un’assemblea. Teresa ha raccontato della sua costante tentazione di essere definita dai suoi limiti quando cerca di proporre la fede ai suoi studenti di liceo. Ma recentemente una vacanza con alcuni di loro l’aveva totalmente cambiata, quando si era resa conto che «l’unica cosa importante era che Lui mi stava dando tutto, l’unica cosa importante era il rapporto con Lui». Carrón ha sottolineato: «Questo è il punto. Noi possiamo rimanere intrappolati nella nostra stupidità. Non veniamo qui per offrire qualcosa, ma per ricevere qualcosa. Che cosa ci rende liberi? Un avvenimento! Una passeggiata, una poesia, un amico».
Quando abbiamo lasciato Chicago, non eravamo nemmeno a metà del nostro viaggio. Ci siamo diretti all’università di Notre Dame dove abbiamo incontrato una delle testimonianze più belle del nostro viaggio.
Un laureato di Notre Dame, nato in Qatar, nel Golfo Persico, da genitori indu. Da ragazzo è andato a Dubai, negli Emirati Arabi, e lì ha trovato una ragazza. Dopo qualche tempo, lei lo ha lasciato, e gli ha detto che aveva trovato un nuovo ragazzo. Gelosissimo, lui ha fatto qualche indagine, ha trovato chi era questo nuovo ragazzo e ha saputo che i due avrebbero passato un fine settimana insieme in un “ritiro”. Deciso a rovinargli queste giornate, ha deciso di iscriversi anche lui. È saltato fuori che quel ritiro era organizzato dalla piccola comunità cattolica di Dubai. Ci ha raccontato di come, alla fine, si sia ritrovato stupito a dire alla sua ex ragazza: «Io ti voglio bene, e capisco che per volerti bene non devo stare aggrappato a te, ma devo desiderare quello che è bene per te. Allora, ti auguro tutto il bene con il tuo nuovo ragazzo».
«Per me - ci ha detto - incontrare Cristo ha voluto dire essere liberato dalla rabbia, e quindi amare. Persino i miei genitori erano stupiti del mio cambiamento e mi hanno chiesto che cosa mi fosse successo». Per capire di più chi fosse Cristo si è impegnato nella lettura di numerosi libri. Fino a quando ha trovato All’origine della pretesa cristiana, di don Giussani: «È stato l’unico libro che ho letto capace di spiegarmi che cosa mi era accaduto».
Più tardi, quella sera, siamo stati ospiti di Paolo e sua moglie Susan per una bellissima cena con una decina di professori di Notre Dame. La conversazione si è sviluppata intorno alla vera natura dell’educazione. Carrón ha proposto la sua lettura: «Il vero problema è la crisi dell’umano. Abbiamo di fronte studenti che non hanno interesse in nulla. Che cosa è in grado di muovere il livello più profondo della persona? Nelle nostre classi, siamo capaci di muovere questo livello più profondo?». Via via che la conversazione proseguiva, ci siamo resi conto che alcuni di questi amici potrebbero avere molto da offrire al New York Encounter e al Meeting di Rimini.
La mattina seguente siamo andati a Minneapolis, Minnesota. Abbiamo viaggiato in macchina fino a Crosby, dove alcuni amici ci avevano lasciato a disposizione la loro casa sul Serpent Lake perché potessimo riposare. Abbiamo preso una barca a motore e abbiamo attraversato il lago per raggiungere la casa di altri amici per una grigliata. Quando Carrón è sbarcato più di cento persone sono venute ad abbracciarlo, una ad una.

«Più inquieta che mai». Dopo pranzo, siamo rimasti a conversare. Uno dei momenti più belli è stato quando una giovane mamma, Steph, ha posto una domanda a Carrón. Così lo racconta lei stessa: «Il giorno che Carrón è arrivato a Crosby, ero tutta occupata nei preparativi. Ero in cucina con mia suocera, Marcie, quando ho percepito una domanda salirmi dal cuore. Ho visto che davvero il mio desiderio è infinito, che non sono soddisfatta. Durante la gravidanza, attendevo la nascita di mio figlio come il fatto che avrebbe spazzato via la mia inquietudine. Invece, sono più inquieta che mai! Improvvisamente ho avuto la dolorosa sensazione che, di fronte a questa mancanza così grande, il nome di Cristo non significava nulla. Marcie mi ha detto che dovevo portare questo davanti a Carrón. Quello che lui mi ha risposto quella sera è stato una grazia straordinaria: “Cristo è talmente concreto nella tua vita che ti sta donando questa consapevolezza di te: è Lui che ti fa conoscere il tuo bisogno”. Da quel giorno ho cominciato una vita diversa, non ho più paura della tristezza perché, come mi ha così teneramente ricordato Carrón, questo è il primo segno della presenza di Cristo nella mia vita».
Il giorno dopo ci siamo fermati alla famosa Mayo Clinic di Rochester, sempre in Minnesota, dove Carrón ha pranzato con una cinquantina di dottori e infermieri. Molte delle domande vertevano sulla difficoltà di restare costantemente di fronte al dramma dell’umana sofferenza e della morte. Carrón è stato ostinato nella sua insistenza sul fatto che questa circostanza offre una possibilità unica di rispondere a una domanda cruciale: l’esperienza della fede è abbastanza forte da permettere all’uomo di stare con libertà persino di fronte alla morte? Se non fosse così, il cristianesimo sarebbe inutile. La soluzione è intraprendere un cammino, vivendo dentro questa circostanza, che ci renda sempre più certi di una Presenza.

Desiderio sulla West Coast. Dopo il Minnesota, il nostro viaggio si è concluso sulla costa occidentale. Prima fermata: San Francisco e Cupertino, California.
Uno degli incontri più memorabili è stato quello con alcuni giovani lavoratori della California settentrionale che hanno formato un gruppo di fraternità. Durante la cena hanno raccontato di come seguire la via indicata dal carisma li ha portati a vivere una lealtà e sincerità reciproca, in particolare nella correzione fraterna e nell’aiuto a tenere lo sguardo fisso a Cristo. Questa semplicità rende la loro amicizia un segno per tutti nelle comunità del Nord della California.
È stato qui che nel corso dell’assemblea è emersa una domanda che ha evidenziato una delle grandi difficoltà che abbiamo nel vivere il cristianesimo. Una persona ha notato che facciamo fatica ad accettare il desiderio, e Carrón ha risposto: «Perché i discepoli continuavano a cercare Cristo? Perché vedevano che Lui compiva il loro desiderio. Il problema è che noi identifichiamo la soddisfazione del desiderio con la sua eliminazione».
Questa domanda è ritornata fuori nella nostra ultima tappa, Seattle, Washington, dove abbiamo incontrato le comunità del Nord Ovest del Pacifico. Una persona ha affermato: «Io sono stufo di desiderare!» e Carrón è andato al fondo della ferita: «Le pietre non sentono tristezza, come non sono colpite dalla bellezza... Il nostro desiderio nascosto è di essere totalmente insensibili. Ma provate a rispondere a questa domanda: quando sentiamo la mancanza di una persona che amiamo, è un fatto positivo o negativo? Questa tristezza è buona perché è l’evidenza dell’esistenza di Qualcuno».
Questa avventura mi ha dato l’opportunità di vedere le meraviglie che Cristo opera.
La certezza, l’intelligenza, la solidità e la gioia di così tanti amici negli Stati Uniti testimoniano il fatto che il nostro cammino insieme ha davvero una meta. E questa meta io l’ho vista con totale chiarezza nella persona di Carrón: è la libertà. La sua libertà ha risvegliato il mio cuore di americano e mi ha fatto desiderare per me quella stessa libertà, la libertà che solo la presenza di Cristo dona.