Le vacanze a Catskills Mountains, negli Stati Uniti

«Neanche una vacanza bellissima (come questa) basta al nostro cuore»

Sono un gruppo di "Millennials" (con mariti, mogli e figli) risvegliati dalle parole di don Giussani. Arrivano da ogni parte degli Stati Uniti per una convivenza sulle Catskills Mountains. Tra loro un amico speciale, don Julián Carrón
Flora Carelli

Al New York Encounter 2015, tra le mostre proposte spuntava un percorso particolare, “I Am Exceptional: The Millennial Experience”. Gigantografie, schermate Facebook e cabine selfie proponevano al visitatore di ripercorrere l’avventura capitata a un gruppo di 75 giovani americani a partire dall’invito di don José Medina ad approfondire gli scritti di don Giussani.
In quell’occasione raccontammo a don Julián Carrón dell’imprevisto accaduto in quei mesi di lavoro per la mostra: nel prendere sul serio i nostri desideri, qualcosa si era risvegliato in noi, facendo emergere uno sguardo nuovo sulla realtà e sulle nostre vite. Inaspettatamente, dal condividere nei dialoghi su Skype le domande più urgenti, persone lontante che si conoscevano appena si erano ritrovate profondamente amiche.

«Senza saperlo, senza rendervene conto, avete fatto una Fraternità», commentò don Carrón sentendo i nostri racconti. A partire da quel riconoscimento di qualcosa già in atto, nei mesi successivi il desiderio di continuare insieme il cammino ha preso la forma di una Fraternità a cui si sono aggiunti mogli, mariti e amici – una cinquantina tra giovani e meno giovani e una quarantina di bambini, da New York a Phoenix, da Miami a Toronto.

Don Julián Carrón alle vacanze di una comunità degli Stati Uniti

Le circostanze, in primo luogo la distanza geografica, hanno pian piano suggerito le modalità di incontro: un paio di weekend all’anno divisi in due gruppi, East Coast e Minnesota, in cui trascorrere insieme tre giorni, inframmezzati nell’anno da brunch e picnic per chi abitava vicino e incontri mensili su Skype per “il resto del mondo”. Fino al desiderio, l’estate scorsa, di trovare un modo per passare cinque giorni tutti insieme. Di fronte alle molteplici sfide – metà di noi avrebbe dovuto prendere l’aereo, e il budget di tanti era limitato – ci siamo ingegnati per capire le soluzioni che quelle circostanze potevano suggerire. Per esempio, per riuscire a risparmiare abbiamo deciso di cucinare noi per l’intera vacanza. E qui, la sorpresa: sfidando la fatica iniziale, questa, che era nata come una complicazione dettata dalle necessità, si è rivelata totalmente per noi. Nel fare la spesa e cucinare per così tanta gente ci siamo scoperti più stanchi ma più facilmente coinvolti, perché «pensare insieme a tutti i dettagli dei pasti», dice Marta (New York): «ci ha fatto vivere il posto della vacanza come fosse casa nostra». E trovandoci a verificare la proposta della Fraternità nelle stesse circostanze della vita quotidiana (i bambini da guardare, i pasti da preparare), ha reso più semplice verificare che Cristo risponde alla vita così com’è, senza dover lasciare nulla da parte.

Così quest’anno per organizzare la vacanza di luglio siamo partiti proprio da quella scoperta, e dopo una assemblea in quaranta in video a maggio per ridirci che cosa ci attendevamo da quei giorni, ci siamo divisi in gruppi per curarne i vari aspetti (pasti, gite, canti…), coinvolgendo tutti per due mesi nella preparazione. «Io ero nel gruppo dei pasti», racconta Porto, romagnolo trasferito a Miami: «e dopo queste settimane di lavoro sono arrivato alla vacanza in impensabile unità con gente che avevo visto di persona solo un paio di volte. Mangiare si deve mangiare, ma nel pensare ai pasti insieme il punto non era come spendere meno, ma cosa ci stava a cuore in quel compito». Fino ad ingegnarsi a pensare menù che potessero aiutare a vivere meglio il tempo della vacanza: buonissimi, ma anche veloci da preparare, o addirittura anche coinvolgendo i bambini. «La vacanza, così, è iniziata a maggio, e i cinque giorni a luglio sono stati l’esplicitarsi di quel che è successo prima». Innanzitutto, un modo nuovo di vivere le cose solite, perché, come scopre Jonathan (St. Cloud, Minnesota), tre bambini piccoli, «le mie settimane hanno cominciato ad essere piene della memoria di quelle video chiamate serali per organizzare la segreteria o le presentazioni. Quando mi son reso conto che qui c’è quello che più cerco, ho cominciato a desirare non di fare il mio pezzettino, ma di poter dare tutto di me in quello che mi era chiesto – per la vacanza così come a casa e al lavoro».

La sosta durante la gita
«Mangiare si deve mangiare, ma nel pensare ai pasti insieme il punto non era come spendere meno, ma cosa ci stava a cuore in quel compito»

E con questa attesa siamo arrivati a luglio alla vacanza nelle Catskills Mountains (New York), dove avevamo affittato due enormi case. Ospite d’eccezione, don Carrón, che avevamo invitato a trascorrere con noi quei giorni. Nell’assemblea iniziale Stephanie, dal Wisconsin, racconta di come «ho questa Fraternità, in cui sono così amata e preferita, ma poi nelle mie giornate sono la maggior parte del tempo a casa da sola». «Ma il problema non è quando sei da sola, il problema è cosa accade quando sei con i tuoi amici della Fraternità!», esclama Carrón, raccontando di un novizio dei Memores Domini che diceva a don Giussani della fatica a vivere il lunedì dopo i bellissimi incontri con lui la domenica.

«Il problema non è lunedì, il problema è cosa accade la domenica, perché se ci rendiamo davvero conto di cosa avviene nel momento dell’incontro, senza ridurlo, allora quello rimane per sempre. Per Giovanni e Andrea la solitudine era vinta perché nelle loro vite era entrato uno per sempre. Allora noi possiamo essere qui a perdere il tempo a lamentarci della nostra solitudine, oppure usare di ogni istante per crescere nella familiarità con Cristo, così da tornare a casa poi con questa presenza negli occhi. E per questo sono contento che il Mistero non ti abbia risparmiato questa difficoltà, perché altrimenti Cristo sarà sempre più lontano da te, ridotto a qualcosa di fragile e sentimentale che scompare alla prima fatica. Come Fraternità dobbiamo aiutarci l’un l’altro a non risparmiarci queste sfide ma a starci davanti, così che diventino strada alla certezza – non siamo insieme per generare Cristo, ma per aiutarci a riconoscerLo».

«E per questo sono contento che il Mistero non ti abbia risparmiato questa difficoltà, perché altrimenti Cristo sarà sempre più lontano da te»

Nei giorni successivi, don Carrón ci accompagna a vivere la vacanza come una “domenica” in cui non fermarci alla superficie delle cose, perché «neanche una bellissima vacanza basta al nostro cuore», e «se facciamo tantissime cose per gli altri senza renderci conto che le facciamo per Cristo, ci perdiamo il meglio, perché la fonte della nostra letizia non può essere qualcosa creato con le nostre mani, ma solo Lui: avete preparato tutte queste cose prendendovi cura di ogni minimo dettaglio come grido a Cristo ad essere presente in mezzo a noi». Carrón ci incalza con un fuoco di fila di domande, perché «voi avete già tutte le risposte, non ne avete bisogno di altre; ora dovete fare un cammino per capire come quelle rispondano alle domande che la vita vi pone», dal rapporto drammatico col padre alla collega che decide di ricorrere alla fecondazione in provetta, fino alle piccole difficoltà di quei giorni. Un dialogo continuo tra gite, giochi, la lettura dell’Innominato e l’incontro con il poeta Paul Mariani, l’introduzione di due astrofisici al ciclo di vita delle stelle, i momenti a tavola e le conversazioni dopo cena in cerchio intorno al falò, sotto la volta stellata, a partire ogni sera dal condividere semplicemente «che cosa hai visto oggi?».



L’ultima sera attorno al fuoco ciascuno dice delle piccole grandi scoperte di quei giorni. Rich (New York) racconta commosso del figlio James, sei anni, che andando a letto quella sera esclama: «Papà, io voglio stare per sempre con questi amici!» Lisa (Stillwater, Minnesota) dice di come nei primi giorni della vacanza si sentiva appesantita dal non vedersi preferita, e un pomeriggio nei giochi si sorprende piena di tenerezza verso i bambini: «Ma come posso amare cosi tanto se non perché sono continuamente amata e generata?!». E Maria (New York) racconta di come durante quei giorni lei e suo marito, presi nell’organizzazione, finiscono per non vedersi mai, e lei che pensava sempre che il top fosse stare da sola con lui a rilassarsi scopre il loro rapporto tutto nuovo nel darsi entrambi a qualcosa di grande, tanto che «nel breve saluto alla sera arrivando in camera c’era una tenerezza e intensità tra di noi che raramente viviamo».
«Dopo tutto quello che abbiamo ascoltato», conclude Carrón: «la domanda è: come possiamo spiegare questo? Siamo nella stessa situazione dei discepoli, “Voi, chi dite che io sia?”. Nella risposta a questa domanda si gioca la nostra vita». L’avventura del lunedì è appena iniziata.