Alfonso Calavia

Spagna. In cerca dell'uomo

Alfonso Calavia da dieci anni, ogni mattina, passa in rassegna la stampa spagnola. È un “incontro” continuo. Con le domande, la sofferenza e il desiderio dell’altro. Da Tracce di febbraio
Paola Ronconi

«L’anno che termina non ha regalato bellezza al mondo. Alla luce non urge venire a vederci. Noi la cerchiamo ovunque ma non c’è. Speriamo che l’anno prossimo cada la bellezza dal cielo perché tutti gli uomini e le donne di questo pianeta la possano vedere», così scriveva Manuel Vilas su El País, quotidiano spagnolo di area progressista, il 29 dicembre. «Chissà cosa intendeva lui per “luce”...», pensa Alfonso, mentre legge il giornale. E il 9 gennaio davvero qualcosa scende dal cielo, coprendo Madrid con un metro di neve. Un fatto rarissimo. Città bloccata. In ospedali già pieni di Covid, si aggiungono le ossa fratturate per scivoloni sul ghiaccio. Ma l’eco della meraviglia di fronte a quel paesaggio imbiancato fa il giro del mondo. «È assistere a uno spettacolo molto puro. Guardiamo la neve, da quando siamo bambini, con la speranza che una mattina cada dal cielo. Anche quando è un problema, porta qualcosa di ragionevole, una bellezza intatta» (El Mundo), firmato Antonio Lucas, uno dei giornalisti più anticlericali della stampa spagnola.

Tracce di febbraio

Alfonso Calavia, 33 anni, insegna Letteratura in un liceo di Madrid, ma tutte le mattine, all’alba, legge una dozzina di quotidiani spagnoli. E come un cane da tartufi “stana”, come dice lui, le tracce dell’umano originale, sincero: «Nei giornali cerco un piccolo bagliore di umanità, anche dove si parla di neve. E sempre lo trovo. Penso si tratti delle domande di chi non ha trovato ancora la risposta. Ma io, che quella risposta l’ho incontrata, sono ancora in ricerca come lui. Mi interessa quel barlume, perché lì è come se il Signore spingesse da dentro e dicesse “qua, in questo tuo bisogno, ci sono Io”». Aggiunge: «A volte mi stupisco che la stessa persona possa scrivere cose talmente profonde e il giorno dopo dare giudizi, politici o culturali, che non condivido affatto, magari contro la Chiesa. Ma se io non avessi incontrato il fatto cristiano sarei nella stessa posizione. A volte lo sono ancora».

Dieci anni fa, Alfonso ha iniziato a fare una rassegna stampa, a partire da alcuni temi, come servizio al movimento spagnolo: col tempo si è accorto che sempre più spesso negli articoli, soprattutto in quelli scritti da persone atee, agnostiche, ci sono quelle tracce del bisogno di senso. Tempo fa, articoli così erano rari. «Oggi non passa giorno che non trovi qualcuno che voglia condividere con te (lettore) la sua sofferenza, la sua preoccupazione, la sua domanda. Forse perché ora la gente è più ferita, dalla vita, da un mondo che cerca di distrarre».
A Natale è uscito Soul, film della Disney-Pixar. «Un sacco di polemiche sull’anima: cosa è e dove va. Ma guarda cosa trovo scritto: “La premessa di questo film è la stessa che dovrebbe essere al centro della nostra esistenza: perché mi risveglio ogni mattina?”. E lo scrive Sol Aguirre l’8 gennaio su El Español, una con cui non sono d’accordo in niente».

In Spagna non ci sono molti giornalisti che possono permettersi di scrivere ciò che vogliono. «Il 13 novembre trovo queste parole di Juan José Millás: “Dove sono le foto dei nonni, il triciclo, l’ortografia e la sintassi, le mie risse con gli amici e l’alcol? Cosa mi succede stasera? Cosa sono? Da dove vengo?”. Tutta una colonna di domande, nel bel mezzo del País». Un altro ancora, Gustavo Martín Garzo: «“Un uomo giovane ci racconta che abita con un animale strano, che non sa definire, l’ha ereditato da suo padre, qualcosa gli fa parlare di lui come fosse un fatto divino. Lo mostra ai figli dei vicini, nel quartiere. Dopo ci racconta una delle cose più strane che fa: salta su di me come se volesse dirmi qualcosa, per accontentarlo io dico sì. Si parla di un animale che abbiamo e con cui non sappiamo che fare. È un animale che ci causa tristezza come felicità, e ci chiede di fare cose anche quando non ne siamo capaci. Perché non posso evitare di dire di sì? Perché tutte le persone che mi hanno amato mi chiedono di lui e vogliono che io lo mostri. Questa creatura assurda è il cuore umano”. È il 25 ottobre 2020, sempre su El País. Lo stesso: “Questa epoca del Covid è complicata e dolorosa, ma nell’essenziale non è diversa da altre epoche: l’essere umano è sempre insoddisfatto… è una domanda di cui nessuno sa la risposta; questa domanda è il bisogno”».

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Con l’arrivo del Covid, gli articoli pieni di domande si sono moltiplicati. È anche grazie al lavoro di Alfonso se in testi come Il risveglio dell’umano o Il brillìo degli occhi di don Julián Carrón ci sono molte citazioni dalla stampa spagnola che ci mostrano un cuore umano che la pandemia, più potentemente di altri momenti, ha messo a nudo, come ha messo a nudo l’illusione di aver tutto sotto controllo, mostrando la vulnerabilità dell’uomo che l’orgoglio tecnologico aveva fatto dimenticare. «Quando alla fine dell’anno leggi: “Che passi questo schifo di 2020”, io non ci vedo né poca né tanta fede», dice Alfonso: «Ci leggo un grido enorme: qualcuno mi può dire come si fa a vivere in questo disastro? È un grido che mi commuove».
Ai suoi studenti in classe, o allo schermo su una delle tante piattaforme, legge spesso qualche brano trovato: «E sai cosa colgono al volo i ragazzi? Che le questioni sono le stesse dei poemi medievali, o di un autore del Seicento, o di uno scrittore della guerra franchista. Perché il desiderio e le domande dell’uomo non cambiano mai. E sono anche le loro, ragazzi del Ventunesimo secolo».
Alfonso in moltissimi casi prova a contattare gli autori degli articoli. Non tutti rispondono, ma con qualcuno è nato un rapporto in carne e ossa. «Prendi Jesús Montiel: ho letto qualcosa, poi ho comprato un suo libro, divorato in una notte. Il venerdì dopo, sono salito in macchina e mi sono fatto più di 400 chilometri per arrivare a Granada dove abita e pranzare con lui». Sembra di sentire risuonare le parole del Papa nella Fratelli tutti: «Una via di fraternità la possono percorrere soltanto spiriti liberi e disposti a incontri reali». E nel caso in cui l’incontro vero non avvenga? «Quando un giornalista o un intellettuale parla di sé, si sta incontrando con me. L’unica cosa è che lui non lo sa».

Una delle più recenti “scoperte” di Alfonso è la giornalista e scrittrice catalana Joana Bonet. «L’ho “tallonata” sulle pagine de La Vanguardia e mi ha emozionato per tutte le domande che esprime. Le ho scritto, ci siamo visti con altri amici, ed era come se ci conoscessimo da sempre». Non che sia facile parlare di sé, soprattutto se gli esperti di marketing consigliano di evitare argomenti personali e una certa profondità, per avere più visibilità su social e web. Ma ad Alfonso, la Bonet ha detto: «Tu hai colto il punto centrale dei miei articoli». A ottobre lei ha presentato la versione catalana de Il risveglio dell’umano con Carrón.

Alfonso sostiene di ricevere dal cielo tre doni “assoluti e diari”, cioè quotidiani: sua moglie, che è medico e «ha il cuore grande come una cattedrale»; i suoi studenti, perché «sono vivi davanti alle cose vere, non come molti “addetti ai lavori” ce li dipingono: impermeabili al bello e col tunnel carpale da videogiochi». E questi giornalisti. Grazie a loro «tutti i giorni quando mi alzo mi chiedo: dove Ti sorprenderò oggi?».