Jordi e Glòria Cabanes (Foto: World Meeting of Families 2022)

«Meno per meno dà più»

L’intervento di Jordi e Glòria Cabanes all’incontro in Vaticano. La conversione, la Masia, poi l’incontro con CL… La strada bellissima dove «non è la nostra forza che accoglie, ma la nostra debolezza»

Buongiorno, siamo Jordi Cabanes e Glòria Arnau e apparteniamo alla sezione spagnola dell’associazione Famiglie per l’Accoglienza, un’esperienza nata da don Luigi Giussani quarant’anni fa. La prima cosa che vogliamo testimoniare è che siamo una famiglia accogliente perché prima siamo stati accolti noi. E abbiamo un solo merito – che non è piccolo: essere intermediari dell’Amore che abbiamo ricevuto. Come insegnante di storia, lo descriverò cronologicamente.

L’amore di Dio che ci ha pensato prima di ogni tempo e ci ha creato al momento giusto: l’amore dei genitori di Glòria, che si sono aperti alla vita e si sono presi cura di lei con tutto l’amore possibile; l’amore della mia madre biologica che mi ha amato così tanto da rinunciare a me, perché altri potessero prendersi cura meglio di lei; l’amore dei genitori che mi hanno adottato, in un modo che mi ha sempre impedito di distinguere tra genitori biologici e adottivi, che per me sono gli stessi.
C’è un proverbio spagnolo che dice più o meno «dalla vicinanza nasce l’amore». Dal mio punto di vista di figlio adottivo e orgoglioso, la vicinanza fa l’amore, non c’è sangue più potente dell’amore.

L’amore della Chiesa, che ci ha accolto nel suo seno quando ci siamo convertiti, ancora giovani ma già adulti, e ci ha permesso, con alcuni amici, di iniziare un’esperienza di comunità e comunione in una casa di campagna (che in Catalogna chiamiamo la Masia), che dura ancora, 20 anni dopo.
L’amore del successivo incontro con il carisma di Comunione e Liberazione, che ha dato alla nostra compagnia una Compagnia più grande e ci ha permesso di affrontare senza paura la costruzione della Chiesa, ciascuno nel pezzettino che gli è stato assegnato e nella misura in cui può. Io, come insegnante e ora direttore di una scuola; e Glòria come medico e ora direttore del Centro Sanitario del nostro paese. L’amore che riceviamo anche dai nostri figli: Agnès, 21 anni, Cinta, 19, Irene, 18, Luli, 16, Mar, 14, Ramon, 13, Xylyn, 6, e Mark Xian, 5.

Dal momento della nostra conversione – ogni cristiano, anche se cresciuto come tale, ha bisogno del proprio incontro personale con Cristo –, ci troviamo con un dubbio: come vivono i cristiani? E soprattutto come educano i propri figli? Avevamo poche idee, ma abbiamo avuto un’intuizione: insieme. Per questo, con i nostri amici Ferran e Tere, anche loro convertiti, abbiamo deciso di affittare una casa in campagna dove trascorrere insieme le nostre vacanze. Fin dall’inizio abbiamo aperto i nostri pranzi e cene agli amici e nel tempo alcuni di questi sono rimasti: Paco e Meri, Piju e Marta, Eva, Josep, Marta e Xevi, Marta e Luís (tra tutti noi, abbiamo 32 bambini, tra figli naturali e in affido). A poco a poco abbiamo messo a posto la casa per poter trascorrere le estati insieme e abbiamo sistemato il vecchio fienile come sala da pranzo per accogliere chiunque arrivasse...

Stavamo vivendo un'esperienza cristiana autentica, e molte delle nostre intuizioni erano corrette (altre no), ma sentivamo che mancava qualcosa. Eravamo come un lago interiore, calmo, pieno di pace ma che doveva aprirsi al resto degli oceani. Questa apertura ci è arrivata, come un vero uragano, quando abbiamo incontrato CL: finalmente qualcuno aveva dato un nome e un fondamento a ciò che, in qualche modo, avevamo già sperimentato intuitivamente. Sia nella nostra vita professionale - la maggior parte di noi amici lavora nell’educazione o nella sanità -, sia nel nostro modo di vivere il quotidiano. Abbiamo scoperto che l'ospitalità che già praticavamo nella Masia aveva un valore propriamente sacramentale. Cristo, compiendo la Sua promessa, si fa realmente presente quando ci raduniamo nel Suo nome e dà vita a noi e a coloro che vengono cercando una risposta.
La verità è che tutto ci è sfuggito un po’ di mano… Quando ci incontriamo, è difficile che siamo meno di 50 a pranzo e a cena (il record è di 160). Siamo sicuri che è Cristo, per i piccoli miracoli quotidiani di cui siamo testimoni. Una volta, una delle nostre figlie lo ha espresso molto chiaramente: «Non ho mai dubitato dell'esistenza di Dio dall'esperienza che vedo vivere dai miei genitori: li conosco bene, sono un vero disastro, l'unica spiegazione ragionevole di quello che succede qui è che sia una cosa di Cristo».
Se qualcuno vuole saperne di più sulla nostra esperienza, consigliamo il libro L’Abbraccio. Verso una cultura dell'incontro di Mikel Azurmendi. Un antropologo basco agnostico che si mise a osservare con curiosità etnografica l'esperienza cristiana della Fraternità di CL e finì per convertirsi all'età di 75 anni. Il libro è il resoconto della sua esperienza, anche alla Masia.
Come succede in questa meravigliosa realtà che è la Chiesa, la conversione di Azurmendi è diventata uno stimolo per la nostra stessa conversione. Discepolo diventato maestro che ci ha preceduto, quasi un anno fa, sulla via del Paradiso.

L'esperienza della Masia non avrebbe lo stesso valore se si fosse limitata a un solo luogo e a pochi giorni all’anno. La cosa più impressionante per noi è che ci ha contaminato tutta la vita, dal lunedì alla domenica. Dio paga sempre cento volte tanto, su questo non c’è dubbio, ma ti “paga” con una moneta che non ti aspetti e il merito umano, in un certo senso, è riuscire a capire il valore del cambio di valuta… Scoprendo l'esperienza dei nostri amici di Cometa a Como, abbiamo deciso di fare un passo avanti nella nostra esperienza di comunione e di coinvolgere i nostri rispettivi patrimoni in un progetto di vita comune, dal lunedì alla domenica... da gennaio a dicembre... Abbiamo voluto vivere l’esperienza della Masia ogni giorno. È stata una “operazione” audace, ma al tempo fattibile, per acquistare e ristrutturare un di terreno con una vecchia casa nel cuore della Catalogna. Avevamo già fatto i primi passi quando è scoppiata la crisi del 2008, il prezzo delle nostre case è crollato e il progetto è stato interrotto. Non chiedetemi quanti soldi abbiamo perso… la cosa miracolosa è che, nonostante il fallimento, la nostra comunione non solo non si è indebolita, ma si è rafforzata.

Un paio d’anni dopo, il Vescovo di Vic, che conosceva la nostra vocazione educativa, ci chiese di occuparci della gestione pedagogica di due collegi diocesani che rischiavano di chiudere, ma lui voleva mantenerli per l'evangelizzazione. Abbiamo deciso di accettare la sfida e siamo andati tutti a vivere in un piccolo paese della Catalogna centrale: ognuno di noi vive a casa propria, ma condividiamo il più possibile. La maggior parte lavora nelle scuole, altri continuano il nostro lavoro a Barcellona, a ottanta chilometri dalle nostre case.
Gloria lavora come direttrice del Centro Sanitario del paese, vivendo la medicina come vocazione integrale. È difficile andare a fare la spesa con lei al supermercato perché tutti la conoscono... In tutto questo tempo, l’intera comunità è cresciuta giocandosi in prima persona: Marta e Ferran dirigono le scuole, Marta e Tere lasciano il lavoro e iniziano a insegnare, Eva entra nella Fraternità San Giuseppe, Piju organizza le vacanzine per i più giovani…
E soprattutto Gloria, che, dopo aver scoperto Famiglie per l'Accoglienza, si è coinvolta fino a diventare la responsabile catalana. Da 15 anni partecipiamo agli incontri dell’associazione, in Italia e in Spagna, sedotti da tante testimonianze che ci mettono davanti la bellezza dell'accoglienza. In questi amici abbiamo trovato fratelli maggiori da seguire in questo fascino, che ci ha portato ad assumerci la responsabilità degli incontri e delle testimonianze, così come dei bisogni che ci sono in Catalogna, per essere portavoci del bene che è una famiglia aperta a se stessa e al mondo intero.

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Da quando ci siamo trasferiti sono passati ormai 10 anni: in casa nostra c'è sempre stato qualcuno a vivere con noi, anche più di uno insieme. Per prima cosa li abbiamo invitati noi genitori, ma da quando i nostri figli sono cresciuti, non so mai quanti ceneranno o dormiranno da noi. I pazienti di Gloria, i miei studenti, i compagni di classe dei miei figli, i genitori degli studenti... E negli ultimi 4 anni due aggiunte permanenti alla nostra famiglia sono Xylyn e Mark, due stupendi fratelli che adotteremo presto, a Dio piacendo. Mi ha colpito vedere che tutti i miei figli li considerano fratelli a pieno titolo fin dal primo giorno, anche per litigare... Tutto ciò produce un turbinio di vita e di apertura che, lo ammetto, dà un po’ le vertigini.

Al contrario di quanto può sembrare, non è né uno sforzo, né un merito, viviamo nel felice paradosso del cristianesimo: non è la nostra forza che accoglie, ma la nostra debolezza, che, arrendendosi, si vivifica. Meno per meno dà più, se Cristo è presente. Non vorremmo, tuttavia, dare un’immagine erronea, ingenua. Come dice il Vangelo, il suo giogo è morbido e il suo peso leggero, ci sostiene mentre lo portiamo, ma questo non ci risparmia dolore o stanchezza. Nel cammino cristiano che stiamo facendo come individui, come famiglia e come comunità, vediamo che siamo sempre più impegnati, sempre più stanchi, ma sempre più soddisfatti... un altro paradosso del cristianesimo! E non perché i nostri lavori abbiano successo, ce ne sono alcuni, altri no... Non tutte le accoglienze finiscono bene, non tutti gli studenti si lasciano educare, non tutti i malati sono curati, le scuole sono sempre sul punto di chiudere, le nostre economie sono sempre in procinto di rompersi...
Ma la verità è che né siamo falliti né le scuole chiuse, e finiamo sempre per vedere il sole dietro le nuvole. Infatti, negli anni, ci siamo resi conto che la precarietà è il nostro ambiente naturale: un malato terminale con la salute di ferro, fino alla Destinazione finale... Che, in fondo, tutto sembra molto logico, poiché “precario” deriva dalla stessa radice di “pregare”, e la preghiera non è lo stato naturale del cristiano?
Nella comunità ci sono diversi gradi di sensibilità mistica, alcuni pregano di più nel dialogo, altri con la Liturgia delle Ore, altri con il lavoro quotidiano, che diventa preghiera perché memoria Cristo. Questo è il nostro desiderio e ciò per cui lottiamo ogni giorno, personalmente, in famiglia e in comunità: rubare minuti all’oblio e guadagnarli nella consapevolezza della presenza del Signore. Grazie mille.