Alcuni ragazzi del Clu  di Bloomington.  Da sinistra: Jess, Chevy,  Dusty, Kyle, Spong

I sette di Bloomington

Un giovane ricercatore ha trascorso alcuni mesi all’Indiana University. Ecco cosa ha visto imbattendosi nella piccola comunità degli studenti di CL. E la lettera di una di loro (da Tracce di luglio/agosto)
Luca Farè

Sono rientrato di recente dagli Stati Uniti, dove ho trascorso alcuni mesi per lavoro. Ho fatto molti incontri, ma c’è una cosa che mi ha stupito e aiutato a vivere in questo tempo più di tutte le altre. Sono arrivato a Bloomington, all’Indiana University, nel momento in cui sta fiorendo una bellissima comunità di sette ragazzi. Sono stato affascinato dal loro entusiasmo e dalla loro semplicità di adesione. La maggior parte di loro ha incontrato il movimento da poco, e si vede che desiderano partecipare a una vita che rende la loro più bella. Si cercano come se l’altro fosse la cosa più cara. Li ho seguiti perché avevo davvero un grande bisogno di stare con loro. Nella comunione con loro ho fatto un’esperienza di liberazione, soprattutto nei momenti più duri che non sono mancati. Il contesto universitario e sociale americano è molto sfidante. L’ideale che domina è quello del self-made man, l’uomo indipendente che riesce a cavarsela da solo. La dimensione comunitaria qui non è culturalmente qualcosa di naturale, anzi, chiedere aiuto e condividere le fatiche sono visti come una debolezza. Forse è anche per questo che quando si incontra una novità di vita diversa, il desiderio di comunione è ancora più forte. Mi ha impressionato l’impeto di questi ragazzi di far arrivare a tutti la novità che hanno incontrato. Mi raccontava un amico di Chicago che don Giussani, rispondendo a una persona in missione in America che gli chiedeva cosa potesse fare per la gente che incontrava, gli ha risposto: «Hanno bisogno di vivere un amore incondizionato». È quello che loro hanno dato a me.

Questa lettera di Chevy, una ragazza dei sette del Clu di Bloomington, testimonia quello che io ho visto.



Fino a qualche mese fa, nel Clu di Bloomington eravamo rimasti solo io e Sponge. Molti nostri amici si sono laureati e poi c’è stata anche la difficoltà di instaurare nuovi rapporti durante la pandemia. Abbiamo iniziato l’anno accademico chiedendoci come continuare la vita del movimento e la Scuola di comunità durante quello che sembrava un periodo di inattività. Ma negli ultimi mesi è accaduto qualcosa: la nostra comunità si è improvvisamente animata. Abbiamo incontrato un’amica al Newman Center, che ha cominciato a unirsi a noi due per la Scuola di comunità. Lei, a sua volta, ci ha presentato un suo amico che ha incominciato a partecipare. Una persona è arrivata quasi dal nulla, dopo aver scoperto il movimento grazie a un articolo che aveva letto. Poi si è fatto vivo un amico che non sentivamo più dal 2018, e anche con lui abbiamo ricominciato a frequentarci. Infine, si è unito a noi anche Luca, un amico del movimento dell’Italia, arrivato per lavorare con un professore. Alla fine da due che eravamo, in un modo che non riesco a comprendere appieno e in un tempo brevissimo, siamo diventati sette. Abbiamo affrontato la bellissima e impegnativa avventura di condividere il carisma di don Giussani con persone “nuove di zecca”. È impossibile “spiegare” a parole quello che abbiamo incontrato. Ma ora, in modo del tutto concreto, è cominciata una vita insieme, fatta di conversazioni, cene, discussioni, domande.
Poi quando è arrivato l’annuale appuntamento della vacanza del Clu in Colorado, abbiamo invitato anche questi nuovi amici. Alcuni non avevano la possibilità di coprire da soli il costo, così abbiamo chiesto agli amici delle comunità vicine di aiutarci, per condividere questa esperienza. La risposta che abbiamo ricevuto è stata a dir poco sorprendente: tante persone e famiglie hanno donato, ognuno come ha potuto, chi 5 dollari e chi 200... Per me è stato scioccante. Mi ha ricordato che siamo dipendenti e gratuitamente amati. Siamo costantemente generati da un Altro che si prende cura di noi.
Così tre dei nostri nuovi amici hanno potuto partecipare alla vacanza. Con i soldi abbiamo noleggiato un Suv per raggiungere il Colorado. La cosa già incredibile è che, dopo 17 interminabili ore di viaggio in auto, non volevamo ucciderci a vicenda! La vacanza è stata piena di nuove amicizie, escursioni, giochi, pranzi, testimonianze, canti. Come ha detto Sponge alla fine, è un dono meraviglioso essere sempre riportati all’inizio di questo incontro, attraverso le esperienze dei nuovi amici che Dio ci dona.
Gli ultimi mesi sono stati bellissimi e, ora che uno di noi tornerà presto in Belgio per terminare il dottorato e un altro si trasferirà Oltreoceano, io non vedo l’ora di continuare a vivere la vita insieme (anche se saremo fisicamente lontani), con una costante apertura, ovunque la nostra comunità di Bloomington sarà condotta.
Chevy