Una via de L'Avana

Cuba. Cambio di frequenza

Si sono trovati per la presentazione del nuovo libro di Scuola di comunità. Ma quella sera, tra le vie de L'Avana Vecchia, gli incontri e le sorprese sono continuati. Dall'ultimo numero di "Huellas", il racconto di Alejandro
Alejandro Mayo

Avevamo programmato di incontrarci per assistere insieme alla presentazione del libro di Scuola di comunità. Sappiamo per esperienza che i nostri incontri superano sempre i programmi e gli obiettivi che ci siamo prefissati, ma quel sabato l’abbondanza dei doni del Signore è stata particolarmente generosa.

Già dai giorni di preparazione del gesto abbiamo incominciato a godere della generosità del Signore - in mezzo a circostanze avverse che sembrano cospirare contro qualsiasi piano - attraverso la disponibilità di diversi amici, dentro e fuori Cuba, che ci hanno aiutato a organizzare i trasporti tra le città di Matanzas e L’Avana e l’alloggio. Inoltre, i frati francescani dell’Avana, Luigi e Silvano, sempre molto disponibili, ci hanno prestato, tra le altre cose, la sala della chiesa di San Francesco. Va anche ricordato il “piccolo” miracolo della puntualità di quel giorno (una virtù che non è molto frequente in queste terre).

Dopo una breve introduzione, un canto e la preghiera, inizia il video; tutti sono molto attenti! Le parole di Prades, Yolanda e Carras trovano in tutti noi una sintonia speciale. Lo si vede dai volti, dagli atteggiamenti, da chi prende appunti, dall’ora e un quarto che passa senza sentirne il peso… Soprattutto lo si vede alla fine, nel momento di dialogo; di nuovo i volti attenti, non c’è stanchezza, le persone sorridono… Padre Ariel, che era con noi, ha posto domande provocatorie e ha fatto commenti sull’attinenza di ciò che avevamo ascoltato con la situazione che viviamo oggi a Cuba, e ci ha lanciato la grande sfida di educare noi stessi e di educare gli altri al senso religioso. Educare, risvegliare i cuori nella Cuba di oggi come metodo per un domani migliore. Dopo il dialogo, un momento conviviale con la mitica ensalada fría (una ricca insalata di pasta, ndt) di Vladimir (e compagnia), i cui ingredienti principali sono il grande affetto e l’impagabile generosità.

La presentazione de ''Il senso religioso'' a L'Avana

È il momento dei saluti, delle foto di gruppo, dell’Angelus davanti all’immagine di Nostra Signora della Carità del Cobre. Nell’atrio della chiesa ci siamo abbracciati per salutarci e tornare alle nostre case. O meglio, questo ci siamo detti, ma il gruppo non si disperdeva, nessuno se ne andava; così ci siamo incamminati insieme per le strade dell’Avana Vecchia, in direzione della casa di Laura, che si trova in zona, anche se alcuni hanno allungato un po’ la strada, solo per stare insieme ancora un po’.

Il dialogo continua a casa di Laura, parliamo della vita, delle sfide che affrontiamo a Cuba, di tante cose. È quasi un momento di Scuola di comunità… In un attimo di pausa, guardo il mio cellulare e vedo diverse chiamate perse di Erika, un’italiana di CL di Verona, che era in visita a Cuba con suo marito Tomás, cubano, e altri amici. Erika mi aveva già contattato settimane prima, esprimendo il desiderio di incontrare quelli di CL a Cuba. Alla fine mi ha chiamato di nuovo e si è scoperto che si trovavano in un bar lì vicino, perciò sono venuti anche loro a casa di Laura.

Sono arrivati in carrozza, nel tipico stile della Cuba coloniale. Erano in sei: Erika con il marito e gli amici, una coppia di sposi con le due figlie. Subito abbracci, presentazioni, sorrisi, stupore, gioia; gli sguardi e le parole di chi si incontra per la prima volta, ma sente di conoscersi da sempre. Poi, il caffè; avevano fretta, per i loro programmi e l’ora già tarda. In ogni caso, abbiamo saputo che Tomás non veniva a Cuba da molto tempo e che prima era ateo, ma aveva conosciuto Cristo grazie a sua moglie. Erika ci ha suggerito di recitare l’Angelus prima di andar via, e l’abbiamo fatto lì, nel piccolo salotto di una vecchia casa dell’Avana, rispondendo ciascuno nella propria lingua. Anche il vetturino della carrozza si è unito alla preghiera; probabilmente stava recitando l’Angelus per la prima volta in vita sua. Uno vero spettacolo! Erika in seguito mi ha detto che sembravamo i cristiani delle catacombe. Prima di partire, ci siamo dati appuntamento alla messa serale, pioggia permettendo. La pioggia è arrivata ore dopo, proprio mentre stavamo per uscire per la messa. Non ce l’abbiamo fatta.

Stavamo già accettando con rammarico l’idea che non avremmo più rivisto Erika, Tomás e i loro amici. Non ha cessato di piovere fino a tarda sera. Dopo la partenza degli altri amici, Laura, Deiviz, mia moglie e io eravamo a casa. Abbiamo deciso di uscire per una passeggiata, sperando di trovare della birra a buon mercato. Dopo diversi isolati e diverse piazze, la birra non si trovava. In compenso, mentre stavamo per tornare a casa, dalla penombra di un vicolo sono sbucate delle sagome che mia moglie ha subito identificato come Erika e Tomás, in compagnia di altre persone, che poi abbiamo saputo essere tre amici d’infanzia di Tomás. Beh, alla fine eccoli ancora! Di nuovo abbracci e la gioia di rivedersi. Anche loro cercavano un posto tranquillo per bere qualcosa. Abbiamo proseguito insieme e finito per fermarci nella hall dell’Hotel Inglaterra.

Non potevamo mai immaginare ciò che avremmo vissuto nella hall di quell’albergo. Anzi, eravamo entrati un po’ prevenuti perché eravamo degli estranei che non appartenevano al loro ambiente, e sapevamo che per loro era un raduno di amici d’infanzia, che due dei loro tre amici non erano cristiani e che il terzo era un cristiano protestante. Ma come spesso accade, se noi ci mettiamo in gioco, il Signore smonta i nostri pregiudizi e ci dà più di quanto ci aspettiamo.

E così è stato. Mentre rievocavano ricordi dell’infanzia, tra scherzi e risate, Tomás intesseva la sua testimonianza di Cristo in ogni brandello della conversazione. Ha fatto capire Cristo ai suoi amici nel modo più naturale, con termini linguistici tipici del gergo popolare di cubani semplici, senza pretese, senza complessi, senza strategie, con modi di dire anche comici, come per esempio: «Cambia frequenza, fratello, il cristianesimo è un altro canale, è un’altra cosa!». Erika osservava e ci diceva sottovoce: «Ogni volta che incontra i suoi amici e parla loro di Cristo, è come un bambino». Oltre dieci anni fa i suoi amici avevano lasciato un Tommaso ateo, e ora hanno trovato lo stesso Tommaso, ma diverso, con qualcosa in più, qualcosa di extra. Qualcosa che dava un brillìo agli occhi di Tommaso e dei suoi amici. E anche ai nostri. Quella scena mostrava, da un lato, cosa significa per qualcuno che la fede è “sua”, che c’entra con la vita. E, dall’altro lato, cosa significa dire che con Cristo sei te stesso, ma allo stesso tempo sei un altro. «Non vivo più io, ma Cristo vive in me».

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A un messaggio di ringraziamento che gli ho inviato, Tomás ha risposto: «Alejandro, anche per me è stata una bella serata, per me e per i miei fratelli; perché loro non sono miei amici, sono miei fratelli, come tutti voi. Quella compagnia fatta di dialogo e di confronto non ha altra spiegazione se non quella di dire che Dio è la vera vita in tutto ciò che ci circonda, e mostra come si può confrontarsi sulle opinioni senza odiare chi la pensa diversamente. Alla fine, devo ringraziare Dio per aver incontrato tutti voi, perché non è facile trovare a Cuba persone piene di cristianesimo come voi, e questo mi rende molto felice. Immaginate la sfida di questi giorni nel vedere persone che non condividono la mia fede e alcune che seguono percorsi diversi. Non è facile, ma rispetto il cammino di ciascuno. Ma continuo a dire che l’unica via di salvezza è Gesù. Abbiate cura di voi. Abbracci».

Noi avevamo semplicemente programmato di incontrarci per vedere insieme la presentazione del libro di Scuola di comunità… Ma il Signore aveva in programma molto di più!