Enzo in gita sul Monte Cusna, Appennino Reggiano (Foto Fondazione Enzo Piccinini)

Argentina. «Il mio incontro con Enzo Piccinini»

Alla vigilia delle celebrazioni per il 25° anniversario della morte del chirurgo modenese, la testimonianza di chi, anche dopo la sua scomparsa e a migliaia di chilometri dall'Italia, si è imbattuto in lui e ha avuto la vita cambiata
Carlos Aníbal Bonino

La storia del mio incontro con Enzo è la documentazione del cristianesimo come incontro misterioso (misterioso perché non possiamo spiegare il “come”), con una presenza che rimanda a un’Altra presenza. Non si tratta di seguire un “buon esempio”, dei “valori” importanti incarnati in una persona, ma dell’attrattiva generata dall'imbattersi in una persona nella quale traspare tutta la sua umanità che, nel bene e nel male, appartiene a Cristo.

Il primo momento è stato quando ho letto per caso (come dice Enzo: «la casualità è segno del Mistero») il libretto con la testimonianza da lui resa agli Esercizi del Clu del 1998. A uno come me, proveniente da una famiglia essenzialmente agnostica e con grandi pregiudizi nei confronti dell’associazionismo cattolico e della vita della Chiesa, questo personaggio era sembrato del tutto inverosimile, ma allo stesso tempo imprevedibilmente corrispondente: un laico, padre di famiglia, professionista in campo sanitario, impegnato nel mondo e interessato alle cose belle della vita, che amava l’amicizia e la compagnia, e che sprizzava un’energia e un’intensità affascinanti. Ma la cosa più sconcertante è che viveva tutte queste cose in modo sempre più pieno, man mano che cresceva la sua consapevolezza e il suo rapporto con Cristo risorto («come una mongolfiera», diceva).

Il secondo momento è arrivato qualche tempo dopo. Ho incominciato a svolgere la mia professione: fisioterapista specializzato in neuroriabilitazione, ho messo su famiglia, sono cresciute le responsabilità nel movimento e nella vita civile. Tra l’altro, con mia moglie, avevamo incominciato a gestire una clinica che offriva prestazioni mediche specialistiche e riabilitazione e che avevamo deciso di intitolare proprio al "Dottor Enzo Piccinini”, per affermare l’impronta che volevamo dare a quel luogo e, allo stesso tempo, per mostrare l’approccio umano differente con cui venivano trattati i pazienti.

ANNIVERSARIO - Qui le informazioni sulle celebrazioni, gli eventi e le iniziative in occasione dei 25 anni dalla morte di Enzo Piccinini il 26 maggio

Nel corso degli anni ho avuto modo di incontrare persone che avevano conosciuto Enzo e di leggere altre trascrizioni degli incontri che aveva tenuto in Italia e nel mondo, e ogni volta non potevo fare a meno di desiderare di vivere con la stessa intensità con cui aveva vissuto lui. Ma proprio come era stato nella sua vita terrena con i suoi amici, Enzo mi sfidava e mi costringeva a fare un passo di maturità, soprattutto quando mi sono trovato, poco tempo dopo, a fare i conti con tutti i miei limiti e con l’amara constatazione che non avevo nulla del suo temperamento e della sua forza, e ancor più con il mio orgoglio ferito c’era anche il rammarico di pensare: «Quanto avremmo bisogno nel mondo di oggi, nella nostra vita, di una testimonianza potente come quella di Enzo».

Di fronte a queste cose bisogna giudicare, perché l’intensità della vita - come ci insegna la Scuola di comunità - non sta tanto nel fare molte cose, quanto nella coscienza del Mistero, del destino presente in ogni cosa, per piccola che sia, e d’altra parte l’attrattiva che la vita di Enzo genera viene dal suo essere uno conquistato da Cristo. Come direbbe Giussani: «La sua adesione a Cristo era così totalizzante che non c’era giorno in cui non cercasse in tutti i modi possibili la gloria umana di Cristo», perché solo questo corrisponde veramente al cuore. Il resto è vanagloria.