Tracce N.10, Novembre 1997

Realtà o preconcetto? (tradizione o ideologia)
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Assistiamo in questi mesi a molti dibattiti pubblici sui temi più vari. Talvolta sembra che dall'esito di questi dibattiti dipendano addirittura le sorti della nazione. Se ciò è vero, allora c'è da preoccuparsi. Infatti, qualcosa non torna. Ecco due esempi, che ci interessano al di là del merito dell'oggetto in discussione.
Nei giorni scorsi un acuto e autorevole commentatore, Angelo Panebianco, ha spiegato sul maggiore quotidiano del Paese che, molto probabilmente, su uno dei temi più caldi dibattuti in questi mesi, quello della separazione delle carriere dei magistrati, la maggioranza dei parlamentari, se potesse scegliere in coscienza, si pronuncerebbe a favore». Dall'esperienza, infatti, vengono indicazioni in tal senso. Però «fattori politici contingenti» pregiudicano l'accordo. Quel "però" rende quasi irrisolvibile la questione. E ciò dipende da un problema di potere, legato anche alla posizione assunta da talune Procure.

Ecco, la realtà non è tenuta in considerazione, sopravanzano motivi legati a interessi di parte. L'ideologia dunque non è morta.
Altro esempio. Al di là del merito, colpisce che tutto il can-can che la Lega di Bossi scatena, aiutato anche da chi dice di opporvisi, si basi su una cosa che non c'è: milioni o migliaia di voti, manifestazioni, proteste per una cosa, la "Padania", che semplicemente non esiste. Anche qui non è la realtà ciò su cui si basa l'azione, ma una valutazione ideologica, un disegno di potere che dovrebbe produrre la realtà così come la si vorrebbe.
«È la Ragione che sembra aver perso la ragione», scrive l'intellettuale francese Alain Finkielkraut in un libro di cui ci occupiamo in questo numero della rivista.

Il cristiano è invece spinto dall'educazione che riceve alla massima considerazione di quel che è la realtà come emerge nell'esperienza, così che attraverso un uso corretto della ragione possa giudicarla e trarne conseguenze anche operative.
Di fronte a un certo modo, generalizzato, di trattare i problemi del vivere - si manifestino in casa propria o nella società - l'alternativa per un cristiano non è l'astenersi dal prendere posizione. Anzi, il suo è un tenace riaffermare che il punto di partenza è la realtà. Il cristianesimo è una difesa appassionata della ragione come capacità di scoprire la realtà così come essa è.

Ogni giudizio e ogni azione che non partono dalla realtà sono, nonostante la tolleranza predicata a parole, pieni di indifferenza e di violenza verso tutti coloro che non rientrano forzatamente nello schema prodotto dall'atteggiamento che si assume di fronte alla vita: ostilità, difficoltà, volontà di dominio o di possesso.
In questa società che ama definirsi pluralista e rispettosa dell'altro, i modi con cui viene negata la realtà in nome di un preconcetto sono tanto raffinati quanto massicci. Ciò ha fatto dire al già citato Finkielkraut che la nostra è l'epoca del dominio del "miraggio" e dell'apparenza sulla fisicità delle cose e dei volti umani.
L'urgenza di una posizione vigile e cosciente del popolo cristiano è alta. La sfida della realtà, e non le chiacchiere sull'etica pubblica che dovrebbe assicurare benessere e pace, è il vero e reale terreno di incontro e di collaborazione ricercata con gli uomini "di buona volontà".