Tracce N.10, Novembre 2010

Che cosa è successo?
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Fateci caso, e dite se non è un buon segno. Si esce sorpresi da una serata, da un incontro tra amici o da un evento più imponente e ci si ritrova tutti presi, quasi dominati, da una domanda imprevista, di quelle a cui non puoi rispondere a cuor leggero: che cosa è successo? Non «chi aveva ragione?», o «chi ha detto la cosa più intelligente?», o gli altri giri di parole a vuoto che tante volte finiscono per ridurre la vita a talk show, la realtà ad opinione. Ma qualcosa di più semplice, capace di scavare come scavava nei cuori dei primi discepoli davanti a quei fatti inspiegabili eppure innegabili. Erano accaduti. Li avevano sotto gli occhi. Li obbligavano a chiedersi: che cosa è successo?
È un buon segno, quando ce lo chiediamo. Perché rispetta la natura della ragione, che è anzitutto apertura e stupore - cioè domanda - di fronte ai fatti. E la natura dell’uomo, che dall’origine è spalancato a tutto e teso nel desiderio di conoscere. Ma è un buon segno anche per altro. Quella domanda rispetta l’essenza stessa del cristianesimo. Anzi, per certi versi è l’unica via di accesso al cristianesimo. Che è un fatto, appunto. Qualcosa che succede. Se ne seguiamo il filo con lealtà, davanti a fatti imprevedibili ed evidentemente inspiegabili anche sommando tutti i fattori umani che li costituiscono, partendo da quella domanda si arriva per forza al Mistero. A Dio che opera. All’unico fattore che può rendere ragione di quel di più presente in ciò che è successo.

Bene: è proprio questa la domanda che viene dal Cairo. Dove, pochi giorni fa, si è svolto un Meeting “figlio” di quello di Rimini. Due giorni di incontri e mostre, all’insegna della bellezza come terreno di dialogo, in terra islamica. E organizzati da musulmani, gente che vive la sua tradizione fino in fondo e colpita da un’amicizia con chi vive il cristianesimo fino in fondo. Fino a farne carne e sangue, cioè cultura. A pensarlo solo qualche settimana fa, avresti detto: impossibile. E invece è accaduto. Ed è stato imponente. Talmente imponente da risultare, appunto, inspiegabile anche sommando tutta la buona volontà e le capacità di chi vi ha preso parte. E da spalancare in molti - meglio, in tutti - proprio quell’apertura: che cosa è successo lì? E chi lo ha reso possibile?

Basta non chiudere questa domanda. Tenerla aperta, davanti allo spettacolo di uomini che prendono sul serio il loro desiderio di verità e felicità e ne incontrano altri che vivono lo stesso desiderio. Basta usarla come lente per mettere a fuoco le prossime pagine. E tutte le altre che verranno in seguito, che stanno già arrivando, perché tra i tratti inconfondibili del Mistero ce n’è un altro che all’uomo è impossibile: ciò che Lui fa nascere, dura. Si compie. Magari con modalità inaspettate (anzi, quasi sempre con modalità inaspettate), ma si compie. «La fede cristiana, amici, parte dai fatti e perciò possiamo dare ragione dei fatti, non un generico “sperém”», ricordava tempo fa Julián Carrón: «La fede parte da un fatto che genera una speranza, e questa speranza è piena di ragioni per il fatto accaduto». Un fatto. Basta seguirlo, dove e come accade. Anche al Cairo.