Tracce n.10, Novembre 2021

Fame di nascere
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L’Encuentro Madrid, che si è appena svolto, aveva per tema la speranza e, in uno dei dialoghi della manifestazione, è stata citata la filosofa María Zambrano, che sulla speranza ha scritto pagine straordinarie. Lei la descrive come un ponte, che permette l’impossibile, cioè di sollevarci sul fiume impetuoso della vita e sul tumulto interiore.

Riapre il flusso del tempo quando sembra chiudersi. Così la speranza scopre le sue radici proprio di fronte a ciò che la ostacola, dentro la corrente contraria.

E la corrente oggi è forte. Magari ha la faccia del disinteresse, dell’astensionismo, non solo politico. Magari è la paura del vivere, o un vivere risentito, verso di sé, verso gli altri, e anche verso un cambiamento che non avviene, come la promessa non mantenuta che la pandemia avrebbe riportato al centro l’essenziale, nelle vite personali e nel dibattito pubblico. Invece le cose tornano come prima e tornano scontate, ciò che è importante si consuma in una serie di appelli: a ripensare l’economia, a ripensare il lavoro, la scuola, l’ecologia, la sanità, a ripensare la vita. Appelli a un orientamento diverso, che generano solo altri appelli.

Eppure non è rimandabile quello che speriamo, il bisogno di una luce chiara per vivere tutto. «Se vuoi capire la realtà, se vuoi entrare nella realtà, bisogna nascere di nuovo». La radicalità delle parole di don Giussani riproposte alla Giornata d’inizio anno di CL, che abbiamo pubblicato a ottobre, è il filo conduttore delle testimonianze che troverete in questo numero.

C’è ancora qualcosa che suscita e attira tutto il proprio desiderio? Che sappia accendere l’uomo, in qualunque condizione si trovi? Quell’uomo che, dice Pascal, «è un punto invisibile dentro l’enormità dello spazio», eppure è più grande di ogni cataclisma.

Nascere di nuovo, secondo le parole di Gesù a Nicodemo (a cui è dedicata la copertina), è ricevere il dono di un incontro che apre una percezione nuova di sé, da cui scaturisce una capacità di affezione, un’apertura, nelle difficoltà, nella malattia, nello studio o nello svegliarsi la mattina a pezzi.

È un sapersi amati, senza il quale si vive cinici o sfuggendo da quello che non è risolto in noi. Si rinasce seguendo quell’incontro, in cui cresce la sorpresa del rapporto presente con Cristo, oggi come all’inizio: «Duemila anni fa la vita nuova era stare con la Sua presenza», continua Giussani: «Avveniva, stando alla Sua presenza, come un ribollimento, un rinnovamento di sé: nasceva, nasceva l’io! Nasceva l’io con la sua consistenza trasparente, cristallina, con la sua forza viva, con la sua sete e capacità di voler bene, con la sua realtà; insomma, nasceva l’umano dentro di sé». Quell’umano che, per la Zambrano, è continuamente costituito e sospinto dalla «fame di nascere del tutto».