Tracce N.11, Dicembre 1996

Natale per noi
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Finisce un anno dominato, nella vita politica e sociale d'Italia, da una grande confusione. Un anno che si conclude su prospettive ancora incerte, ove l'unica sicurezza è la necessità di sacrifici e di restrizioni. La tenuta del tessuto sociale e civile è messa a dura prova: da tempo risultano compromesse la possibilità di una giustizia certa e la centralità di problemi come l'educazione e il lavoro.
In questa situazione c'è la tentazione di lasciarsi prendere da un atteggiamento di vago e paralizzante sconforto e di cedere allo strisciante egoismo. Anche le energie ancora pronte ad esprimersi costruttivamente rischiano di chiudersi nel particolarismo o di esaurirsi in generosi ma sterili tentativi.
Occorre perciò avere ben chiaro quale sia la dinamica secondo cui un popolo si costituisce e, quindi, si può anche rigenerare. Ne ha parlato don Giussani in una intervista dei primi giorni dell'anno, in un modo insieme chiarificatore e pacificante:

«Un popolo nasce da un avvenimento, si costituisce come realtà che vuole affermarsi in difesa della sua tipica vita contro chi la minaccia. Immaginiamo due famiglie su palafitte in mezzo a un fiume che si ingrossa. L'unità di queste due famiglie, e poi di cinque, di dieci famiglie, man mano che si ingrossa la generazione, è una lotta per la sopravvivenza e, ultimamente, una lotta per affermare la vita. Senza volerlo, affermano un ideale che è la vita. Così la gente che dice di riferirsi a un popolo reputa inesorabilmente positiva la vita. Per la conoscenza razionalmente impegnata che ho della vita del singolo e della società, queste condizioni dell'idea di popolo toccano il vertice di concezione e di attuazione nell'annuncio del Fatto cristiano, nel quale per noi si compie quello che ha qualificato in tutta la sua storia il grande ethos del popolo ebraico e la sua tensione a cambiare la Terra» (La Stampa, 4 gennaio 1996).

Affinché tale dinamica si ripercuota ai vari livelli della vita del nostro popolo stanco e confuso, occorrono punti - non importa se grandi o piccoli -, in cui essa sia già in atto. Punti che, vista la difficoltà dei tempi, la comunichino con un'attenzione e una generosità particolari; in una parola, con quello che cristianamente, anche nella sfera dell'impegno sociale e politico, si chiama carità e che, per tutto l'anno, molte lettere e molti articoli ospitati in queste pagine ci hanno testimoniato, sostenendo la nostra speranza.