Tracce N.11, Dicembre 1997

Natale, la festa della libertà
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«Noi non siamo per nulla obbligati a pensare che Dio si sia fatto uomo perché l'uomo cessi di essere se stesso e divenga una particella ideale. (...) L'intervento "soprannaturale" è stato necessario solo perché si è trattato di sostenere l'uomo nella sua folle impresa, nell'inaudita e assurda affermazione del proprio io».
Con queste parole il filosofo Lev Sestov cercava di spiegare l'avvenimento del Natale. La libertà di Dio ha accettato di entrare nella storia per sostenere l'impresa altrimenti «assurda» dell'uomo. Affermare l'io significa riconoscere che nell'esperienza umana c'è un quid inviolabile e irriducibile a ogni condizionamento: in una parola, ragione e libertà.
Oggi viviamo in un tempo in cui tale affermazione appare proprio «assurda»: per secoli la nostra vita è stata avvolta da filosofie e da letture ideologiche che hanno avuto come esito tragico l'impossibilità di pensare alla esistenza come l'avventura della libertà. Accade sempre più spesso che l'uomo si pensi come meccanico risultato dei propri antecedenti o delle cose che gli capitano. Non a caso, il termine libertà è uno di quelli su cui è massima la confusione. Invece che libertà intesa come energia originale dell'io per aderire al reale, si contrabbanda un'idea di libertà concepita, nel migliore dei casi, come "sogno" o come utopia che si realizza solo in modo tanto effimero da lasciare in bocca il sapore della mestizia. Infatti pur se il termine libertà è sulle labbra di tutti, nel viso di pochi si nota qualcosa che non sia sotto il dominio della tristezza o del risentimento.
Ne sanno qualcosa i ragazzi di Gioventù Studentesca impegnati in questi mesi a proporre nelle scuole di tutta Italia una mostra sul tema della libertà. Il loro gesto, da un lato, ha permesso a molti, anche provenienti da esperienze lontane, di incontrarsi su un terreno appassionante, dall'altro, ha fatto emergere, a volte anche in chi dovrebbe rappresentare le Istituzioni, l'intolleranza che si mostra ogni volta che dei cristiani non accettano di restare nel recinto fatto di discorsi o di gesti di buon cuore che, nel migliore dei casi, è loro assegnato dall'ideologia.
I Magi erano pagani, tra i pastori c'era probabilmente chi era un buon ebreo religioso, chi un po' meno e chi era buono specialmente a far tornare i conti dell'attività pastorizia. Ma in occasione di quella Nascita una cosa accomunò tutte quelle persone: accorsero.
Ciò che muove l'uomo, da qualunque punto di esperienza personale provenga, verso l'avvenimento cristiano è il riconoscere in quella Presenza una promessa di compimento della libertà. Dopo duemila anni accade lo stesso.
Ne sanno qualcosa per la loro esperienza personale alcuni dei Cardinali e dei Vescovi americani che, convenuti a Roma per il loro Sinodo il mese scorso, hanno assistito alla presentazione dei libri di don Giussani Il senso religioso, All'origine della pretesa cristiana, Perché la Chiesa, editi e diffusi negli Stati Uniti e nel mondo di lingua inglese dalla McGill University Press. Rivolgendosi a loro, monsignor Lorenzo Albacete (professore nel Seminario di New York), ricordando che «la sete di libertà è la caratteristica fondamentale che definisce la cultura americana», ha sottolineato che la proposta della fede cattolica, così come è argomentata e rivissuta nei testi citati, ha sempre trovato e troverà in quella terra e in quella cultura un luogo privilegiato per essere testimoniata.
Nelle aule di sconosciute scuole o nel caos e nelle distese dell'America l'annuncio del Natale riaccade perché Dio, nel suo Mistero infinito, mostra di non avere nulla di più caro di questa libertà che ci fa uomini. Per questo il Natale è l'unica vera festa della libertà.