Tracce N.11, Dicembre 2000

L'avvenimento che fa un popolo
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Un popolo sorge nella storia mosso da un avvenimento. Questo avvenimento può essere la personalità di un re o di un santo, o una serie di eventi che nella coscienza di qualcuno si illuminano di una prospettiva nuova.
Ma quali sono i fenomeni che segnalano, dopo che è sorta, l’esistenza di un popolo? Innanzitutto, a prima vista, il fatto che tra le persone di quel popolo ci si aiuti nei bisogni e nelle prove. Poi che sia espressa nella cultura una concezione tendenzialmente unitaria della vita e del mondo. E, infine, che se c’è da lottare per difendere qualcosa che vale, ci sia prontezza e unità nell’azione, anche a costo di sacrificio.
Nelle scorse settimane ci sono stati tre fatti che hanno segnalato l’esistenza di un popolo, di un movimento di popolo. Li ricordiamo velocemente, perché permanga il valore di esempio e di richiamo per la vita di tutti.

Primo: il grande gesto di carità del Banco Alimentare. 100.000 volontari si sono alternati per un giorno davanti a 2.500 supermercati d’Italia, raccogliendo migliaia di tonnellate di alimenti che contribuiranno a sfamare 950.000 poveri.
Un gesto imponente e semplice, elementare nel comunicare le proprie ragioni e nel coinvolgere chiunque.

Secondo: una serata speciale nel teatro intitolato a Giorgio Strehler, il Piccolo di Milano, luogo simbolo della cultura laica. In occasione dell’uscita del libro di don Giussani, Che cos’è l’uomo perché te ne curi?, un grande attore come Glauco Mauri ha dato voce a quella che Dante definiva la più grande poesia di ogni tempo, i Salmi di Israele, con il contrappunto di commenti tratti dal volume e di canti polifonici.

Terzo: la mobilitazione di adulti - insegnanti e genitori -, in Lombardia e in altre parti del Paese a difesa della libertà di educazione e delle prime significative azioni legislative regionali volte a promuoverla, a dispetto di un anacronistico monopolio statale dell’istruzione che degrada l’Italia a Paese sottosviluppato.

La carità, la concezione culturale, l’azione sociale. Un popolo cristiano si vede quando è costituito da persone che concepiscono la propria appartenenza non in astratto, ma nel vivo dell’esistenza secondo tutte le sue dimensioni.
La storia è ricca di segni e di impressionanti testimonianze di ciò che il popolo cristiano ha compiuto in ogni campo, soccorrendo alle necessità più personali e a quelle sociali e opponendosi alle barbarie di ogni genere, costruendo le più alte difese dell’umano (nel diritto, nella cultura, nella scienza).
Non c’è nulla di più sterile - e perciò di più facilmente tollerato da chi detiene il potere sullo status quo - di una esperienza di fede ridotta a sentimento individuale e a fenomeno privato, irrilevante e inutile al mondo. Esattamente il contrario della “pretesa cristiana” di essere risposta all’uomo.

«Il cristianesimo non è una dottrina, non è una teoria di ciò che è stato e di ciò che sarà dell’anima umana, bensì la descrizione di un evento reale nella vita dell’uomo» (Wittgenstein). La storia non è la stessa da quando il cristianesimo si è posto come avvenimento reale che dà vita a un protagonista nuovo sulla scena del mondo, e quindi a un popolo nuovo. Portato e testimoniato da una compagnia umana, quell’avvenimento è la risorsa che, dentro ogni esperienza di possibile limite, fa ripartire la nostra speranza, come contributo alla speranza di tutti.