Tracce N.11, Dicembre 2001

Un fatto nuovo nel mondo
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«Tutti coloro che le vicende di quei tempi conosceranno dalle opere mie o da quelle d’altri, ritengano per certo che, ogni volta il principe ordinò esili o stragi, furono rese grazie agli dei, e che quelle cerimonie che un tempo avevano caratterizzato fausti eventi ora erano il segno di pubbliche sventure. Non tacerò, tuttavia, neppure quelle deliberazioni che toccarono il fondo di ogni più inaudita adulazione, o del più basso e tollerante servilismo» (Annales, XIV, 64).

Così Tacito, lo storico più grande dell’antichità romana, nello sdegno per gli eccessi del potere, sintetizzava il clima dell’epoca. Più o meno come oggi: problemi di pax romana, allora; di pax americana, oggi. Comunque, una grande e sanguinosa confusione.

Ma Gesù venne. E non si presentò come un grande illusionista che rimette le cose a posto, nonostante l’uomo. Non venne a risolvere magicamente ogni problema, ma a mettere gli uomini nelle condizioni migliori per affrontarli. Chiedendo la libertà di chi Lo incontrava. Dal mistero di quella notte scaturì un modo nuovo di vedere la vita, non più intesa come teatro di sopraffazione o come fatalità ostile, ma come cammino per compiere il proprio destino, per servire e onorare l’altro come un fratello. Qualcosa di inimmaginabile per tutti, compresi i capi religiosi e politici dell’epoca. Entrò un fattore nuovo, che nel corso dei secoli ha generato le più importanti acquisizioni nella vita del singolo e delle civiltà, nel campo del pensiero, dell’arte, del diritto e della scienza.

Tuttavia è come se i più non se ne accorgessero, perché Dio ha scelto un metodo singolare per farsi conoscere: la vita di un uomo qualunque, che può passare inosservata agli occhi della maggioranza. Come scrive don Giussani in una pagina esemplare di metodo cristiano: «Il Mistero ha scelto di entrare nella storia dell’uomo con una storia identica a quella di qualsiasi uomo: vi è entrato perciò in modo impercettibile, senza nessuno che lo potesse osservare e registrare. A un certo punto si è posto e per chi lo ha incontrato quello è stato il grande istante della sua vita e della storia tutta» (All’origine della pretesa cristiana).

Dio entra nella storia come uomo, si comunica attraverso l’umano. Qui sta l’imprevedibile originalità della pretesa cristiana. La nascita di quel Bambino si propone al cuore e alla libertà degli uomini come compagnia carnale - visibile, tangibile, udibile, disse un giorno Giovanni Paolo II -, che richiama al senso della esistenza e invita a riscoprire nelle traversie della storia la dignità incancellabile dell’essere figli e non schiavi.

Il mondo agli occhi di coloro che videro quel Bambino non fu più quello di prima. E nella storia e nella vita di ciascuno si accese la sfida della libertà a riconoscerLo e a seguirLo. Allora e oggi, in mezzo alla grande confusione del mondo.