Tracce N.2, Febbraio 2002

La lezione della carità
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 Proponiamo come editoriale l’articolo di don Giussani apparso sulla prima pagina del Corriere della Sera, 3 febbraio 2002

Caro Direttore,
non possiamo tacere la nostra partecipazione al gesto con cui Dio, per mezzo del Papa e di altri capi religiosi, ha richiamato con una chiarezza inequivocabile l’uomo di oggi. «Giustizia, perché non ci può essere vera pace se non nel rispetto della dignità delle persone e dei popoli. E poi anche perdono, perché la giustizia umana è esposta alla fragilità e ai limiti degli egoismi individuali e di gruppo» ha detto Giovanni Paolo II ad Assisi, certo che solo Dio può fare giustizia. A queste cose abbiamo partecipato con emozione per lo slancio del Papa e per la tensione degli altri esponenti religiosi.

La domanda di un’educazione che cominci dai genitori, e ottenga un esito operativo e buono, possa trovare nelle mani del Papa ospitalità, e nella sua umanità una lettura sufficiente della storia e quindi un consiglio più grave per la durezza di tanti cuori, anche credenti. Così da investire il cuore di tutti i credenti della misericordia di Cristo, «nostra pace. Colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia» (Ef 2,14).

È ben chiaro che una reale adesione a una concezione di Dio come misericordia può formare persone a vivere quello che i cristiani sentono espresso nel termine usato in tutti i loro catechismi: la carità. Non si vuole con questo negare l’atteggiamento altrui, ma affermare con sincerità ciò che ci è proprio, in un attivo rispetto di ogni altro. Così la presentazione delle ragioni emergenti nella sensibilità dei credenti possa trarre un largo consenso anche nell’istinto educativo che rimane in ciascuno, nella scuola e nei giornali. Possa essere quindi attenuata la forza distruttiva, perché la sincerità di atteggiamento così espressa è un’intensa partecipazione alla verità del vivere nella sua interezza. Quella sincerità che «non spinge alla contrapposizione e meno ancora al disprezzo dell’altro, ma piuttosto a un costruttivo dialogo, nel quale ciascuno, senza indulgere in alcun modo al relativismo né al sincretismo, prende anzi più viva coscienza del dovere della testimonianza e dell’annuncio».

Dio morto in croce per risorgere illumini la ragione che tutti i cuori cristiani - specialmente i giovani e chi ha in mano il potere - devono trovare in questo richiamo del Signore.

Il Papa è realista, per cui ha invitato tutti alla preghiera: pregare, infatti, non è come un’ultima spiaggia sul limitare di un mare di ghiaccio in cui sembra finire ogni umano impeto di desiderata risposta; «non significa evadere dalla storia e dai problemi che essa presenta».

La preghiera, che è domanda a Dio, è l’avamposto dell’uomo che si getta così disarmato nella quotidiana lotta. Dico grazie al Santo Padre dell’esempio che ci ha sempre dato in questo luogo di battaglia per i cristiani e non, che è il mondo.

Luigi Giussani