Tracce N.2, Febbraio 2004

La cameriera e la storia del mondo
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Uno degli imperativi non scritti del mondo di oggi obbliga a pensare che per sentirsi vivi occorre cambiare spesso. Cambiare luogo, cambiare amori, cambiare lavoro, cambiare look.
Il poeta T.S.Eliot, nei Cori, avvisa: «Il mondo rotea e il mondo cambia,/ Ma una cosa non cambia./ La lotta perpetua del Bene e del Male». Ovvero la lotta, la differenza tra ciò che realizza il desiderio completamente e ciò che invece lo delude e lo deprime.
Cambia la storia, personale e collettiva, cambiano i luoghi, le usanze. In questi ultimi decenni abbiamo assistito a una serie impressionante di cambiamenti nella politica mondiale, nelle abitudini, nelle mode e nei mezzi a disposizione degli uomini. Eppure il cuore della vita della persona, quel che san Paolo chiama “mentalità”, può restare identico, immobile. E in mezzo alla diuturna lotta tra ciò che si sente come il bene e il male, rimanere spaesato come sempre, incerto. Una mentalità, un io in fondo rattrappiti, sospesi magari tra grandi slanci e amari ripiegamenti. Così che, tra desideri e depressioni, pare che il conto faccia quasi sempre zero. E l’io non pare avere un’identità, una vita reale, compiuta. Ma solo un’apparenza di esistenza, quasi che ci si debba rifugiare in una vita virtuale per strappare qualche istante alla disperazione.
Anche il periodo che vide sorgere il cristianesimo era segnato da grandi rivolgimenti, da mille proposte e inviti diversi, da seduzioni spirituali e da grandi ideologie. In quel contesto il cristianesimo non si pose come “nuovo discorso” sul mondo e sull’uomo. Fu un incontro, una persuasione fatta di amicizia, sorgendo da Gesù di Nazareth e propagandosi fino agli estremi confini della Terra. Le persone colpite dall’incontro avvertirono la possibilità di una vita vera per il loro “io”, una rinascita o ricreazione, un inizio di compimento. Accade anche oggi così. Nello stesso identico modo.
Il fatto vince l’ideologia, perché, come scrive Alain Finkielkraut, «l’ideologia è il rifiuto di rendere giustizia negli affari umani all’imprevedibilità e a quelle forme di spossessamento costituite dall’evento, dall’incontro con qualcosa che era già là».
Una cameriera dell’albergo di Minneapolis dove a metà gennaio si teneva il raduno dei nostri amici responsabili del movimento negli Usa e in Canada, mentre serviva l’acqua ai presenti, è rimasta colpita dalla intensità delle testimonianze, cose che non aveva mai visto e udito. E ha chiesto per sé e per suo figlio la possibilità di unirsi a quella strana amicizia.
Per essere vivi non occorre sforzarsi di cambiare la propria vita. Occorre solo, mentre si serve l’acqua o si è presi in qualunque altra occupazione, essere disposti all’avvenimento di un incontro inatteso.