Tracce N.4, Aprile 1996

Servire il popolo
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L'impegno politico, quando è mosso da un impeto ideale e dunque si fonda sulla certezza che la vita presente della persona e della società merita d'essere servita, è un'azione umanamente dignitosa. La politica, infatti, si può e si deve tentare con qualsiasi sacrificio per servire il popolo.
Non è possibile, tuttavia, per l'uomo che voglia servire il proprio popolo nel campo della politica - dall'esercizio del voto all'assunzione di un incarico - evitare la serietà e la gravità delle domande che tale concetto di servizio porta con sé. Per il cristiano la radice e la sintesi di tale responsabilità stanno nell'esperienza della carità. Per questo motivo per noi si tratta di un'azione dignitosa e doverosa. Tanto più oggi: alla vigilia di un importante test elettorale, il Paese si trova per vari motivi in una situazione gravissima.
Il primo motivo è la mancanza di punti di riferimento sicuri. Essa non si è realizzata per caso: è piuttosto la conseguenza di un dogmatismo culturale che ha eretto il dubbio e il sospetto come criteri per affrontare tutta la realtà, dal particolare della vita personale al problema che investe la totalità del popolo.
Ne proviene un urto di scetticismo che avvelena ogni rapporto e immobilizza, specie nei più giovani, ogni tentativo di giudizio dei fattori in gioco e di coinvolgimento in una edificazione comune.
Il secondo motivo è un certo utilizzo dello strumento giudiziario - così prezioso per l'equilibrio e la pace di un popolo -, che ha confuso l'applicazione delle norme col tentativo di imporre un sistema di pensiero. Tale distorsione, spesso al servizio di fini politici, ha creato gravi danni nel tessuto civile e nella coscienza morale, fino a inculcare un'idea di libertà totalmente dipendente dal consenso di chi detiene gli strumenti pubblici di controllo.
Quando in un popolo vengono confuse le idee di libertà e di giustizia, viene minato qualcosa di essenziale alla sua stessa sopravvivenza.
In un momento così confuso e appassionante, la Chiesa non manca di esprimere la sua posizione. Lo fa innanzitutto coi ripetuti interventi del Papa: sulla libertà della persona, sulla libertà di educazione, sul lavoro, sul principio di sussidiarietà che afferma la preminenza della società sullo Stato, sulla solidarietà. Nei recenti interventi intorno ai temi sociali più scottanti, il cristiano trova espressi criteri chiari per le sue scelte.
In un editoriale di qualche mese fa abbiamo scritto che il nostro compito di cristiani non coincide con l'appartenenza a un gruppo politico-partitico. Come ha detto Giovanni Paolo II a Palermo, «la Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito, come del resto non esprime preferenze per l'una o per l'altra soluzione istituzionale o costituzionale, che sia rispettosa dell'autentica democrazia».
Nella occasione delle elezioni, con gli strumenti propri della circostanza, esprimeremo senza titubanze l'azione di servizio al popolo come responsabilità civile e impegno concreto - che per noi è un dovere morale - a cui l'educazione che abbiamo ricevuto ci richiama ogni giorno e che per noi è sorgente di ipotesi di lavoro positive per tutte le cose della vita.