Tracce N.5, Maggio 2003
L'"arma" per la ricostruzione dell'umanoLeggi«Non sono solo interessato all’educazione, ma anche, in particolare,
al tipo di suggestioni innovative proposte da don Giussani nel recuperare l’educazione
come attività cristiana. Avrei molto da dire sul libro Il rischio educativo.
Ma, ahimè, mi trovo in tale sintonia con Giussani che mi sembra solo di
poter dire: “Vorrei averlo detto io”». Parole di Stanley Hauerwas,
nel 2001 “miglior teologo d’America” secondo Time Magazine.
Insieme a una cinquantina di docenti universitari, filosofi e pedagogisti, nelle
scorse settimane ha partecipato a un convegno alla Georgetown University di Washington
DC. A tema, The Risk of Education, il testo di don Giussani da poco edito negli
Usa. È un piccolo, ma significativo evento, svolto a pochi metri dai palazzi
in cui nelle stesse settimane si decideva il riassetto geopolitico del mondo.
Una coincidenza che aiuta più di molti discorsi a guardare con giudizio
nella confusione di questo periodo.
Circa trent’anni fa, il poeta Pier Paolo Pasolini si interessò dei
ragazzi che negli anni Settanta sfilavano per le vie con inni e slogan e che
volevano cambiare il mondo. Avvertiva in quell’impeto una debolezza: facevano
affidamento sui buoni sentimenti ed esaltavano l’organizzazione per risolvere
i problemi. Ma quella “generazione sfortunata”, diceva il poeta,
non aveva trovato tempo per commuoversi di fronte ai tabernacoli degli antichi
o di fronte a un pittore del Cinquecento. E, avendo rifiutato una tradizione,
si trovava senza radici ad affrontare il presente.
Oggi, in questo tempo confuso, segnato dalla violenza, dal terrore e dalla guerra,
molti pensano ancora una volta di cavarsela facendo appello ai buoni sentimenti
ed esaltando la forza delle organizzazioni. Così sembra che tutto il campo
dell’umana azione sia occupato da due sole possibilità: i sentimentali
slogan a favore della pace e della tolleranza o la strategia raffinata e potente
delle nazioni. In entrambi i casi, in ultima analisi, la costruzione di un futuro
migliore è demandata al funzionamento di buone organizzazioni. Salvo poi
constatare che nessuna buona organizzazione (né familiare né mondiale)
garantisce da sé la pace e la libertà. Occorre altro.
Quasi nessuno sembra considerare che questo tempo di tensioni e di drammi chiede
all’uomo di interrogarsi su quali siano le sue reali risorse per affrontarlo.
Perciò, mentre tutti sembrano attestarsi sulle posizioni in cui ritengono
di avere ragione, e si generano così a tutti i livelli - personale, nazionale
e internazionale - le condizioni di maggior divisione e di scontro, qualcuno
prende il toro per le corna e chiede: come stiamo educando le nostre vite, come
i nostri figli? Come rafforziamo nei giovani e in noi stessi le ragioni che fanno
un uomo libero, cioè capace di perseguire il vero, il bene e il giusto,
capace di sperare anche in mezzo alle contraddizioni? Come sorge nella storia
un uomo veramente libero? I cinquanta del convegno di Washington se lo sono chiesto
per due giorni con una serietà ancor più esemplare perché rara
da reperire oggi. Nei dialoghi dei professori Schindler, Hauerwas, Tillman e
colleghi, non c’era niente di artificioso e astratto. Tutta la loro esperienza
umana e intellettuale era in gioco, tanto il problema educativo era avvertito
come l’emergenza numero uno dell’America (e quindi di tutto il resto
del mondo), e questo proprio nei giorni della guerra.
Ancora una volta, in mezzo alla scena convulsa della storia contemporanea, mentre
ideologie di ogni razza si contendono duramente il campo, i cristiani portano
il loro annuncio alla vita reale della gente, fissando punti di ripresa e di
speranza. E offrono l’esperienza di un’educazione presente come “arma” per
la ricostruzione dell’umano, per sostenere «la grandezza e la profondità della
lotta tra gli uomini». Come è accaduto a Rimini la vigilia di Pasqua,
quando don Giussani ha parlato a settemila studenti delle scuole medie superiori: «L’uomo
cerca la felicità, dice la Bibbia. Qual è il metodo? Da quando
il Signore ci prende per le spalle e ci spinge avanti, da quel momento non c’è più nulla
che possa sostituire il dono di Dio nella vita».
Educazione è libertà.