Tracce n.6, Giugno 2024

Senza calcolo
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Il Giubileo del 2025 sarà dedicato alla questione di tutti, e di tutti i giorni, sempre di più: la speranza. Nella Bolla di indizione, papa Francesco pone delle domande: dove poggia la nostra certezza? Qual è il fondamento del nostro sperare? Che cosa è la felicità? Quale felicità attendiamo e desideriamo? E ci indica l’esperienza vissuta da san Paolo, il quale, dice, non è affatto un ingenuo o un illuso, «è molto realista». Per questo stupisce la sicurezza dell’apostolo: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?». Può dirlo, continua il Papa, perché «la speranza cristiana non illude e non delude», può dirlo in forza di una esperienza reale di quell’amore, che rende certo il desiderio.

In questo senso Charles Péguy dice che la speranza «non va da sola», che per sperare «bisogna essere molto felici, bisogna avere ottenuto, ricevuto una grande grazia». È l’autore che ha dato il titolo e ha accompagnato il percorso degli Esercizi spirituali della Fraternità di CL, di cui trovate il libretto in allegato (i testi degli Esercizi degli Adulti e Giovani lavoratori saranno disponibili prossimamente su clonline.org). Questo numero raccoglie alcune testimonianze sul tema di quei giorni, sulla fiducia che si riaccende nel cuore dell’uomo, contro ogni previsione, per la novità di vita che nasce dall’incontro con Cristo. È quella che investì Matteo Ricci fino a darsi tutto senza calcolo, senza attendere i frutti. Accadeva quattro secoli fa in Cina e accade oggi, a Cuba o in Cile, tra le mura di una casa o di un carcere minorile.
«Ciò che mi stupisce, dice Dio, è la speranza». Péguy si immedesima con la sorpresa di Dio per l’uomo che spera, per quella «piccola speranza che ha l’aria di non essere nulla». Come il metodo stesso di Dio, il suo modo di agire, «sommesso», lo definì Benedetto XVI: «Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia. (…) Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di “vedere”». E così di stupirci, per sperare.