Tracce N.7, Luglio/Agosto 2012

Il cammino dell’estate
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Il rischio c’è, ed è meglio accorgersene in fretta. Anche perché la frase si presta bene. Basta cambiare una parola, e ci si ritrova con uno slogan familiare e aggiornato al tempo stesso. Abbiamo ripetuto spesso (con don Giussani) che le vacanze sono «il tempo della libertà», perché nel tempo libero viene a galla a che cosa uno tiene davvero. Ma ci vuole poco a sostituire l’espressione con un’altra - sempre di don Giussani - che ci sta diventando familiare: «È il tempo della persona». Tanto più se la frase, che esprime così bene la sfida a cui siamo di fronte in questi tempi duri, diventa un titolo suggerito per le vacanze comunitarie del movimento. Cambi “parola d’ordine”, la ripeti più volte tra incontri pubblici, volantini e testimonianze varie, e sembra di aver fatto un altro passo. Anzi, il passo.
Ma basta? Che cosa significa che è «il tempo della persona»? Che cosa possiamo iniziare a scoprire di noi stessi, anche in queste settimane in cui gli impegni rallentano e l’“anno sociale” fa una pausa (lui, non noi)?

Durante una convivenza in montagna con un gruppo di responsabili di Cl (una vacanza, appunto), in un dialogo con Julián Carrón emergevano alcuni punti che vale la pena di tenere presenti, se si vuole evitare che anche questa provocazione si riduca a slogan, che «il tempo della persona» diventi un’etichetta appiccicata su una vita che scorre altrove.
E il primo fatto è che la persona è un cammino. «Non è un concetto, qualcosa di chiuso, di definito», osservava uno dei presenti: «È un cammino di crescita». Anche dolorosa, faticosa. Ma un cammino. «E per fare questo cammino dobbiamo correre dei rischi: rischiare la nostra umanità, fino in fondo». Non c’è ambito che garantisca da questo rischio. Non c’è luogo o circostanza che lo renda automatico. Non c’è slogan che sostituisca il dramma di vivere. Grazie a Dio.

E qui entra in gioco un altro fattore. Legato proprio a questa parola: «Cammino». Non è scontato farlo. Non è ovvio affrontare la realtà partendo da lì. Davanti alle sfide di quest’anno (la crisi, le inchieste, la politica) «ci siamo trovati tante volte spostati, confusi», sottolineava lo stesso Carrón: «Dire “io” era la cosa meno scontata. Anche avendo in anticipo la “chiave” per entrare». Le cose non accadono a caso: «Nella vita di chi Egli chiama Dio non permette che accada qualcosa se non per la maturità, per una maturazione di coloro che Egli ha chiamati», diceva don Giussani. «Ma chi di noi ha pensato che quello che succedeva era per la nostra maturazione?».
Maturazione. Ecco la sfida. Ed ecco il cammino che ci si para davanti, anche in queste settimane. Tutto quello che accade - tutto: grandezze e miserie, bellezza e problemi - «mi chiede di prendere posizione», proseguiva Carrón: «Posso rimanere al fatto che è un ostacolo o posso usarlo come strumento di una maturazione».
E il bello è che non è già deciso: «Dobbiamo deciderlo noi questo: se usarlo in un modo, incastrarci nell’obiezione, o come occasione per altro». Se affondare o camminare. Avvitarci su noi stessi e sulle nostre idee, o maturare. Non lo decidono le cose: lo decidiamo noi. «La nostra libertà». La persona.
C’è qualcosa di più grande per cui vale la pena gioire o soffrire, lavorare o riposare, camminare in montagna o ritrovarsi al Meeting? La partita è aperta. Buone vacanze. E buon cammino.