Tracce N.7, Luglio/Agosto 2013

Il nostro compito
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Qual è il nostro compito? Che cosa siamo a fare al mondo, noi cristiani? Di solito, non è il genere di domande che si fanno prima di chiudere bottega e andare - in qualche modo - in vacanza. Almeno, non se l’idea è che la vacanza sia uno “stacco”. Ma i mesi che ci aspettano non sono questo. Non sono una parentesi nella vita quotidiana, per noi non lo sono mai stati. Non siamo mai stati educati a questo.
La vacanza è un test di quello che si vive. Anzi, del «come si fa a vivere?», la grande questione a cui siamo provocati da ciò che accade e dal lavoro di questo periodo, in modo particolare dagli Esercizi della Fraternità in poi. Non è un caso che proprio questo filo rosso, «come si fa a vivere», sia il tema scelto per le vacanze che tante comunità del movimento faranno questa estate. E in fondo, anche il Meeting di Rimini - con quel suo titolo pensato un anno fa e via via sempre più attuale - parlerà di questo: l’«emergenza uomo», in un certo senso, coincide con questa domanda, «come si fa a vivere?». E con quelle che si porta dietro: a cosa serve la fede per rispondere a questa emergenza? Appunto: che compito abbiamo noi cristiani nel mondo?

È la questione che don Julián Carrón poneva di recente a un gruppo di responsabili del movimento, proprio durante una vacanza. Non è una faccenda che si può sbrigare in poche righe, ci mancherebbe. Sarà un punto di lavoro per i prossimi mesi, e sarà un lavoro intenso. Ma qui forse vale la pena di ricordare almeno un passaggio a cui si è accennato in quel dialogo: il cristianesimo vissuto porta nel mondo una diversità, un gusto e un’intensità nel fare le cose, che «perturba l’ambiente», come diceva don Giussani. Qualsiasi ambiente. Anche quello in cui, magari, ci si trova solo per pochi giorni.
Non è un caso che le prime realtà del movimento in giro per l’Italia siano nate proprio da gente che andava in vacanza. Da una diversità che “perturbava” la tranquillità dei bagnanti della Riviera Romagnola, o di chi si arrampicava sulle cime alpine. Da gente che a quella domanda, «come si fa a vivere» (e a mangiare, bere, riposarsi, stare con i figli o tra amici, gustare il bello), dava e dà una risposta diversa. Vive una risposta diversa.

«La questione è se noi approfittiamo di questo momento per comunicare qualcosa della bellezza che viviamo», ha detto in quei giorni don Carrón. «È come se ci facessimo questa semplicissima domanda: a un amico nuovo che viene con noi che cosa ci piacerebbe fargli vedere? Che cosa desidereremmo che lui portasse di nuovo a casa?». Allora tutto quanto: le gite, o un momento di testimonianza, o la presentazione di un libro, o un dialogo, la messa, le Lodi, diventano «un’occasione in cui uno possa vedere che cos’è una vacanza come paradigma del vivere, come modello di che cosa sia una giornata vissuta in Cristo, di che cosa sia la vita per un uomo che ha incontrato Cristo. Perciò tutti i gesti hanno dentro questa promessa: la possibilità di una verifica della fede nell’esperienza».
Ecco, l’augurio è che le prossime settimane siano questo. E che a settembre si possa raccontare questa verifica. Aiutati da quel dono prezioso, preziosissimo che il Papa ci ha fatto con la sua prima Enciclica. È uscita proprio ora, e la trovate allegata a Tracce. È uno strumento senza paragoni per capire meglio «che cosa siamo a fare al mondo». Per amare il nostro compito. Buona lettura. E buone vacanze.