Tracce N.9, Ottobre 1998

Chiamati con il Suo nome.
In questo mondo, storico
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Le parole di don Giussani durante la giornata d'inizio anno degli adulti di Cl nella diocesi di Milano, il 26 settembre scorso, che vogliono indicare le linee e i fattori di un'immagine cristiana dell'uomo e della storia, dal brano profetico di Geremia.

Tu sei in mezzo a noi, Signore, e noi siamo chiamati con il tuo nome: non abbandonarci, Signore Dio nostro» (Ger 14, 9).

In questo mondo, storico, in cui ogni uomo è persuasivamente invaso, in ogni occasione, dalla falsa libertà delle opinioni, anche contro le evidenze più permanenti, e dalla assenza totale di dignità con se stesso e nei rapporti con tutti, e quindi ultimamente da un'ultima "insulsità" dell'essere e dell'agire, in questo mondo la frase di Geremia, a Compieta - come ieri sera -, ogni giorno ci richiama lo scopo per cui tutta la nostra vita, nella società che ci tocca di vivere, trova la sua verità, che permane fortemente in qualsiasi contingenza «Tu sei in mezzo a noi, Signore».
Ogni impegno di sé, sacrificio e soddisfazione, parte dalla coscienza di questa misteriosa Presenza. Per cui ogni giudizio sulla umanità dei poteri e degli assembramenti umani ha come scopo la gloria, nel tempo e nello spazio, dell'uomo Gesù di Nazareth.
Noi siamo chiamati con il Suo nome.
In questa cultura tutta nemica di tutto il passato, tutti noi abbiamo una missione. È un invito che raggiunge ognuno di noi in ogni famiglia, in ogni paese, in ogni città e in ogni nazione. Dunque, in questo mondo che non Lo riconosce fino a negarLo, noi nasciamo e cresciamo partecipandone della stessa mentalità: nella coscienza che concepisce giorno per giorno il proprio modo di vivere, nei giudizi che segnano la strada, nella dedizione operosa che collabora con il Mistero creatore e redentore.
Come ci appare distratto e difficile tutto questo!
Ogni sera, come ogni assemblea sincera, denuncia questa difficoltà del camminare.
Ma la vita della Chiesa nel corso dei millenni, ogni giorno, in ogni situazione umana ripete, sfidando l'apparenza della morte, cioè della corruzione di tutte le cose: « così che, pur vivendo nella carne, io vivo della fede in Cristo Gesù, il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me» (cfr. Gal 2,20).
Mendicando da Cristo, come abbiamo detto a Roma il 30 maggio, alla presenza di Maria, Sua e nostra Madre, ci rimettiamo in cammino; perché «se non fossi tuo, mio Cristo, mi sentirei creatura finita» (S. Gregorio Nazianzeno).