Tracce N.9, Ottobre 2008

Oltre le mura
Leggi

C’è in giro un romanzo che va per la maggiore, padre di un film che a sua volta ha vinto a Cannes. Arriva dalla Francia, in italiano si chiama La classe, ma il titolo originale rende meglio l’idea: Entre les murs, «dentro le mura». Ovvero, dentro le pareti claustrofobiche di una media di Parigi, dove vivono e lavorano il prof protagonista della storia, i suoi ragazzi e tutto il microcosmo che si aggira in una realtà identica a molte scuole di casa nostra. Libro amaro. Michele Serra, su Repubblica, ne ha dato una lettura un po’ cupa, ma realistica, prima di buttarla in politica e andare a parare sui «giovani ministri che confondono scuola e caserma»: ha parlato di pessimismo doloroso, di rinuncia al futuro, di una scuola «svuotata di sé nella quale ciascuno ha rinunciato a offrire o prendere alcunché. Se non si riesce a trovare, o almeno a cercare, il bandolo di un significato, di un destino, di un rapporto di emulazione e sfida tra adulti e ragazzi, allora hanno ragione i vecchi reazionari…», eccetera.

Ma che cosa succede se qualcuno, in classe, inizia a cercarlo, quel bandolo? Se si entra tra le mura avendo a cuore il destino, il tuo e quello di chi hai di fronte? E soprattutto, che cosa impedisce che questo accada, ora? Non è che abbiamo aspettato La classe o Serra per affrontare la questione. Però la coincidenza è singolare. Perché, in fondo, è per rispondere a queste domande che siamo andati in giro per le scuole italiane a cercare fatti, episodi, momenti in cui questo è successo. E il bello è che riforme o no, scioperi o meno, strutture o non strutture, ne abbiamo trovati tanti. Piccoli e grandi. Studenti che entrano in classe a caccia di un significato. E professori che dentro le ore di lezione - insegnando Dante o le equazioni - accettano una sfida che don Julián Carrón, in un’assemblea di pochi mesi fa con cinquemila di loro, riassumeva così: «Ma noi qualche volta ci poniamo la domanda su che cos’è veramente insegnare? Che cosa è veramente la conoscenza? Se posso spiegare qualcosa senza dare ragione della totalità, io non spiego bene il reale. Perché capire una cosa è capire il nesso con la totalità».

C’è un altro libro uscito proprio in questi giorni. Non è un romanzo, di sicuro non venderà come La classe, ma scava molto più a fondo nell’educazione. Il titolo? Per l’amore e per la libertà (Marietti), di María Zambrano, la filosofa spagnola. Raccoglie saggi sui giovani, la scuola, la vocazione del maestro. Ce n’è uno che parla dell’aula, parola che all’origine, in greco, «designa anche un luogo vuoto, un’apertura». Il contrario delle mura, insomma. «Nel vuoto delle aule accade qualcosa che va oltre ciò che si apprende materialmente in esse. Molti di coloro che sono passati attraverso di esse forse non hanno acquisito tante conoscenze, com’era necessario. Ma nel frequentare le aule è accaduto loro qualcosa; in esse si insegnò loro qualcosa di essenziale per essere uomini: (…) aprirsi al pensiero che cerca la verità». Ecco, a leggere il “primo piano” di questo numero, ti accorgi che è vero. Accadono fatti che sfondano quelle mura e allargano l’orizzonte, cercando la verità. Accadono a scuola. Ma sono un richiamo per tutti.