Nell'epoca del nichilismo la positività del reale

Parola tra noi
Giovanni Paolo II

«Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa buona»
Messaggio di Giovanni Paolo II al XVIII Meeting per l'amicizia
fra i popoli

Rimini, 24-30 agosto 1997



A Sua Ecc.za Rev.ma

Mons. Mariano De Nicolò

Vescovo di Rimini

Eccellenza Reverendissima,

il Santo Padre, informato del prossimo svolgimento a Rimini dell'annuale
Meeting per l'amicizia fra i popoli, desidera far giungere ad organizzatori
e partecipanti il Suo beneaugurante saluto, rilevando con compiacimento
l'impegno di presentare, anche quest'anno, la perenne attualità del
cristianesimo per la comprensione dell'uomo e della sua storia. Il tema
prescelto, infatti, lascia intravedere quanto la fede sia in grado di illuminare
ogni umana vicenda, mostrando i limiti e le carenze di certi aspetti dell'odierna
cultura e indicando, al tempo stesso, la strada per potervi rimediare. La
nostra epoca è profondamente segnata da correnti culturali nichiliste,
che hanno trovato la loro più drammatica e consapevole teorizzazione
in alcune scuole filosofiche dell'Ottocento, ma che hanno radici risalenti
anche a movimenti di pensiero precedenti.

Il Medioevo cristiano nella sua epoca d'oro, riflettendo sui dati della
Rivelazione e sugli apporti della filosofia greca, aveva espresso nei "trascendentali"
la propria visione della realtà: ogni ente, in quanto partecipe dell'Essere,
è vero, buono e bello. A questi trascendentali si riferisce letteralmente
la frase di Dostoevskij assunta come titolo del Meeting: «Lo Starets
rispose: "Davvero tutto è buono e splendido, perché tutto
è verità"». Acquisizione capitale del pensiero
medioevale era quella secondo cui l'uomo, nell'atto del conoscere, si apre
alla realtà oggettiva, la quale si pone davanti a lui come termine
del suo stupore e perciò del suo rispetto, oltre che della sua creatività.
Venivano così tracciate le linee fondamentali non solo di una concezione
del reale, ma dello stesso porsi dell'uomo di fronte al mondo.



Il pensiero moderno, qualunque sia l'interpretazione che se ne voglia dare,
ha sostituito al principio di realtà la ricerca della certezza mediante
il cosiddetto "dubbio metodico". La conseguenza è stata
che l'uomo, smarrito progressivamente il senso dello stupore e del rispetto
per la realtà a lui esterna e da lui indipendente, ha cominciato
a pretendere di ergersi al centro del cosmo con una crescente presunzione
di dominio. Ha preteso di dare consistenza alla realtà stessa attraverso
la sua ragione, segnando lui i limiti di ciò che poteva e non poteva
essere, secondo i criteri di una sempre più spavalda autonomia. In
questo processo egli ha respinto sempre più lontano dal suo orizzonte
teorico e pratico la presenza di un Dio creatore. Vi è anzi stato
chi, nella tragica corsa verso un dominio prometeico del mondo, non ha più
visto Dio che come antagonista e nemico. Il crollo della percezione della
realtà come razionalità e bellezza, in cui si riflette l'eterna
sapienza del Creatore, ha avuto come conseguenza un diffuso senso di smarrimento,
che l'uomo ha cercato di superare mediante il ricorso all'ideologia scientista,
che pretende di conferire alla scienza il ruolo di alternativa a Dio. Ma
ecco il risultato paradossale a cui è giunto questo itinerario: cancellato
Dio come origine della creazione e della sua razionalità, l'uomo
non ha più saputo comprendere la logica profonda sottesa alla creazione
stessa e questa gli si è ribellata. Tragiche esperienze della rivolta
della creazione contro gli abusi di chi ha preteso di farsene padrone sono
oggi l'incubo atomico, l'interrogativo radicale sul futuro dell'uomo minacciato
dalle sperimentazioni genetiche, il degrado ecologico giunto ormai a livelli
allarmanti così da far temere il superamento del punto di non ritorno.

In questione, tuttavia, non è soltanto l'uomo del nostro tempo. Il
nichilismo è una tentazione sempre presente, in quanto nasce dal
rischio stesso della libertà. Non ne sono forse espressione già
i primi peccati dell'umanità? Quello di Adamo ed Eva e quello di
Caino? L'uomo che si ribella a Dio, e vede di conseguenza la realtà
sfaldarglisi tra le mani, è perennemente tentato di dire che la realtà
è nulla, che non ha consistenza.



A quest'uomo sfiduciato occorre mostrare la strada di una nuova speranza.
L'esperienza di Dostoevskij, a cui il Meeting rimanda, può essere
vista come metafora dell'impegno che attende il cristiano di oggi. Lo scrittore
russo è stato acuto testimone della crisi profonda che minaccia di
portare l'uomo a sprofondare nelle sabbie mobili del nichilismo immanentista.
Ma nei suoi romanzi è sempre presente, quasi al fondo di tale inferno,
l'esperienza della risurrezione. Lo Starets, che pronuncia le parole ricordate,
è icona della presenza di Cristo. Egli richiama il dramma della libertà
dell'uomo di fronte al riconoscimento della positività del reale.
Tale riconoscimento non è mai una affermazione scontata o superficiale,
ma giunge al termine di una sofferta ricerca, grazie alla quale è
possibile, dentro l'esperienza stessa del male e del dolore, riconoscere
i segni di un disegno misericordioso in cui anche ciò che è
negativo viene misteriosamente ricuperato e redento.

Per la coscienza cristiana, infatti, affermare che la realtà è
positiva significa anzitutto riconoscere la verità della creazione:
«Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa buona» (Gen
1, 31). Significa poi riconoscere la realtà e l'efficacia della Redenzione
operata da Cristo, che ha restaurato nell'uomo la primitiva immagine e gli
ha reso possibile il cammino verso la comunione piena con Lui, realizzazione
suprema alla quale aspira la creazione stessa: essa - come dice l'Apostolo
- «attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio e nutre
la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione,
per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo
bene, infatti, che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie
del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie
dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione
del nostro corpo» (Rm 8, 19-23).

Nel consegnare a Vostra Eccellenza queste riflessioni, perché se
ne faccia tramite con i partecipanti al Meeting, il Santo Padre esprime
l'augurio che le relazioni presentate al Convegno offrano validi spunti
per capire sempre meglio l'itinerario che conduce l'uomo verso la verità
che salva. È guardando a Cristo, e solo guardando a Lui, che tale
itinerario diventa possibile: «Non vi è, infatti, altro nome
dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere
salvi» (At 4, 127).

Con questo auspicio Sua Santità invia a Lei ed a tutti i presenti
la Sua affettuosa Benedizione, pegno di copiosi favori celesti.

Anch'io unisco volentieri i miei voti personali di felice successo per l'incontro
e profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio.

Suo dev.mo nel Signore

Cardinale Angelo Sodano

Segretario di Stato


Città del Vaticano, 21 luglio 1997