Vacanze GS/5.«Ciò che conta accade»

Per un grande dolore, Bianca, fino alla partenza per la Val di Zoldo con gli amici di GS del Friuli Venezia Giulia e Emilia, aveva vissuto da spettatrice. Poi una sera le scritte di un'amica down la risvegliano. E la vacanza diventa una "febbre di vita"

Ho iniziato l'anno con una ferita molto profonda, un mio amico ha deciso di rinunciare alla vita. Da quel momento ho incominciato a serbare rancore nei Suoi confronti, tanto che non riuscivo a stare di fronte alla messa, alla preghiera e specialmente alla quotidianità. Le certezze che avevo, le risposte che incominciavano a diventare tangibili, si sono improvvisamente sgretolate lasciandomi sola spettatrice, pietrificata e impassibile. Ho incominciato a vivere passivamente, ero diversa e me ne rendevo conto, ma non facevo nulla per cambiare, non volevo che qualcuno mi cambiasse, ero come una bestia ferita. Ho atteso la vacanza estiva con gli amici di Gs del Friuli Venezia Giulia e Emilia a Coi, in Val di Zoldo, con ansia e con grande eccitazione, sovrastate però dalla passività e noia con cui vivevo le cose.

Il tema della vacanza era “febbre di vita”. I primi due giorni li ho vissuti senza dare tutto di me, anzi, mi ero impegnata, giusto quello che bastava per lasciarmi cullare da un'amarezza profonda. Ma proprio quell’amarezza mi ha risvegliata, grazie anche alla serata che ho passato a disegnare con una mia amica con la sindrome di Down. I sorrisi che riportava nei suoi ritratti mi hanno letteralmente sorpresa. Dopo alcune righe simpatiche di frasi sconnesse che aveva scritto leggo in mezzo al foglio: «Sei felice» e a capo «GS». Ciò mi ha lasciata di stucco, volevo anche io guardare la realtà con la sua semplicità.

Dopo questo fatto, il terzo giorno è stato un dono assoluto, ho deciso di lasciarmi sorprendere. Alcuni di noi scendendo da un ghiaione si sono fatti male, ma per provvidenza nulla di grave. Vederli graziati mi ha riportata alla realtà dei fatti. Qualcuno deve esserci e deve aver pensato ad ognuno di noi. Quella gita poteva trasformarsi in un orrore, invece si è rivelata tutt’altro per ognuno dei presenti, anche per i feriti.

Quella giornata mi sono inaspettatamente arrivate due richieste: la prima di scrivere questa lettera e la seconda mentre di tenere un gruppetto di Scuola di comunità. Allibita, ho accettato le sfide, era troppo evidente che Qualcuno mi stava cercando nonostante la mia fede vacillante. Mi sono lasciata trasportare, coinvolgere e ora ho il cuore pieno di gioia. Alcune persone mi hanno fatto presente che il Signore ci richiama quando meno ce l'aspettiamo, e in questa vacanza ho sperimentato proprio questo. «Ciò che conta accade» è la frase di Andrea Mandelli (il ragazzo morto a 19 anni, protagonista del libro Ti regalo la mia molla, ndr) che una mattina Cristina ci ha ricordato e non c’è nulla di più concreto di questa frase. Quello che veramente valeva l’ho trovato, non posso negarlo. Veramente qualcuno mi vuole bene. Ultimamente ho sempre avuto timore di affermare una cosa del genere per paura di rimanere ferita nel profondo. Ma se volto le spalle a questo, come faccio? Essendo maturanda sento molto l'angoscia di ritrovarmi ancora a vagare nel nulla, di non rivedere determinati amici che finora sono stati i miei pilastri. Mi pesa moltissimo. Ma durante l'assemblea conclusiva una cosa si è impressa con forza dentro me: il desiderio impossibile. Impossibile non nel senso di irrealizzabile ovviamente, ma immenso. Nonostante ciò bisogna stargli davanti e prenderlo seriamente. Stranamente, dopo esserci salutati e augurati il meglio, la tristezza ha ceduto lentamente il posto alla gioia. Forse perché riscopro sempre l’amicizia che ci unisce e grazie alla quale riesco a vivere in modo differente. Bisogna fare un incontro per credere, e io posso dire di averlo fatto.
Bianca, Udine