La mostra sulle "Nuove generazioni" a Milano

Milano. Una settimana che mi ha aperto gli occhi

Piazza Mercanti, a due passi dal Duomo, ha ospitato "Nuove generazioni. I volti giovani dell'Italia multietnica". Una mostra «già saputa», se non ci fossero stati Omenea, Luna, Tawfik. E il loro segreto...

Dal 30 settembre al 7 ottobre. Una settimana di mostra a Milano, al Palazzo dei Giureconsulti in Piazza Mercanti. Una settimana a raccontare le “nuove generazioni, i volti nuovi di un’Italia multietnica”, come recita il titolo dell’evento. Io di che cosa parla questa mostra lo sapevo e lo so bene. Avevo iniziato quei giorni con una certa sufficienza, pensavo che sarebbe stata una bella avventura ma dai contorni già ben definiti, proprio come quelli che ho visto delinearsi in questo ultimo anno, dalla “prima” al Meeting 2017 ai tanti allestimenti in giro per l’Italia.

Invece, lunedì mi ha investito qualcosa di eccezionale, che non avevo minimamente immaginato. Arrivo al primo piano del Palazzo dei Giureconsulti, predispongo le attrezzature per la prima giornata, ma poi parte Omenea, egiziana di origine, con il suo giro a spiegare i pannelli e con la sua energia travolgente, come poi faranno Luna, Maru, Tawfik... Tutti ragazzi con cui è nato e cresciuto questo lavoro. E qui subisco il primo contraccolpo: la sfida è a ricominciare non tanto dalla mostra, ma da quella ragazza che ha qualcosa di sé da raccontare, che è lì perché ha una passione per la sua vita, ha a cuore il suo destino. “L'altro” mi ridesta, e io devo decidere se seguirne le mosse o se tornare alle mie immagini, e questo mi ha fatto gustare lo stare tra i pannelli. Con ogni gruppo che questi ragazzi incontravano si aprivano domande sul perché del vivere, la mostra era trapassata da un desiderio incalzante di verità.

I curatori della mostra

«Qual è il loro segreto?». Una domanda che tornava continuamente alla mente, ma sempre di più si chiariva che la risposta era nello stare in rapporto con loro, ragazzi così colpiti da ciò che hanno incontrato, che tutto li interessa, tutto li appassiona.

Mercoledì c’erano troppi studenti, tutti nello stesso momento. «Idea!», dice Luna, studentessa di origini marocchine di Giurisprudenza in Statale, proponendo a due classi di andare in una sala chiamata “Parlamentino”. Li seguo, e vedo lei che comincia a raccontare la sua storia. Pian piano i ragazzi rispondono con domande e con osservazioni. Quelli stranieri raccontano a loro volta come vivono dentro la classe, che problemi hanno avuto, come li hanno superati. È il segno della dinamica dell’incontro, che risveglia l’io, lo ridesta e lo rilancia. «Chi vive si incontra», ho sentito dire tante volte. Questa settimana ne è stata una prova.

Mi ha colpito anche un ragazzo che ha fatto da guida e che è tornato tutti i giorni, anche fuori turno. Anche all’ultimo, un’ora prima che chiudessimo i battenti. «Ma perché?», chiedevamo continuamente. E lui ogni volta rispondeva che con noi stava bene, che con le “nuove generazioni” aveva trovato qualcosa di più di una mostra, una sfida che riguarda la vita.

Anche i ragazzi di Portofranco sono venuti a spiegare la mostra, venerdì mattina. E lì si sono accorti che la mostra riguardava ragazzi come loro, stranieri e che sono stati aiutati sono stati aiutati. Così hanno cominciato a parlare delle loro esperienze a Portofranco, diventando più affascinanti e convincenti che se avessero fatte delle spiegazioni perfette.

Sta proprio qui il segreto di questa mostra: non si ferma, anzi apre sempre nuove prospettive, perché ciò che la sostiene è un’amicizia vera, dentro cui si accetta fino in fondo la provocazione della realtà, in cui ci si aiuta a guardare al destino. E che chiama in causa fino in fondo la libertà di ciascuno.

Quante volte ho sentito Luna ripetere che ciò che l’ha colpita da quando al Meeting ha incontrato il gruppo delle “nuove generazioni” è che con loro si sono ridestate le domande vere della vita: «Chi sono io e che senso ha per me vivere?». Oggi ancora una volta mi accorgo che si ridestano anche me e mi rilanciano nella vita. Questo mi vibra dentro, per cui sono grato a questa amicizia, le cui origini sono in qualcosa che viene prima e va oltre la mostra, un “cuore” che ci tiene desti e insieme.

Gianni, Milano


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