Verso la Colletta alimentare del 24 novembre

Verso la Colletta/2. La proposta di un cammino

Un caffè con le mamme dei ragazzi del catechismo. Una chiacchierata con il capo-contrada al Palio del paese. E l'invito a dare una mano con la raccolta del Banco alimentare. «Fatti. Che fanno riscoprire una speranza che già c'è»

Nella mia parrocchia aiuto a seguire i ragazzi del dopo-Cresima. Il sabato, molte mamme accompagnano i figli al catechismo, poi rimangono per un’oretta ad aspettarli nei dintorni della chiesa. Allora, con il parroco ci siamo detti: «Perché non approfittiamo di quel tempo per stare con loro, prendere insieme un caffè e proporre loro la Colletta alimentare?».

Così è stato. Hanno fatto molte domande, perfino obiezioni: «Ma dove va a finire tutto il cibo raccolto? Chi garantisce che tutto il ricavato vada a buon fine? oggi se ne sentono tante...». E così via... Io allora ho raccontato quello che accade a me, «la speranza che è in me”, direbbe don Giussani. Ho detto loro del pacco di alimenti che porto ogni settimana a una signora che, dopo un periodo di grande successo nella vita, era finita nella droga e, poi, a San Patrignano. Uscita da lì, era caduta nella solitudine. Attraverso quel pacco, quell’amicizia nel lento coinvolgimento con noi, sta riprendendo in mano la sua vita: «Come è cambiata la mia vita per un pacco di biscotti!», ci ha detto.
Mentre lo raccontavo alle mamme mi sono commosso. Loro hanno aderito subito e il 24 novembre verranno a fare la Colletta.

Un altro fatto. Nel nostro paese si svolge ogni anno una specie di "palio", in cui le varie contrade si affrontano in giochi e competizioni d’altri tempi. Quest’anno è stato eletto capo-contrada un giovane del mio quartiere, per il quale non ho mai provato grande simpatia. Questo ragazzo si è mosso con grande impeto ed entusiasmo, e ha organizzato riunioni e cene di contrada in cui erano presenti più di 300 persone. Superando i miei “pregiudizi”, gli ho chiesto di incontrarci, gli ho presentato la Colletta e l’ho invitato. Mi ha ascoltato, poi mi ha risposto che ciò che gli interessava non era solo il ruolo di capo contrada, ma di poter fare “un cammino” insieme con tutti gli abitanti del quartiere: «Ecco, quello che mi proponi, la Colletta, ci può far fare questo cammino».

Quella speranza di cui parla Giussani, da solo non riesco a trovarla in me. Ma mi accorgo che questi fatti, le mamme o il capo-contrada, me la fanno riscoprire. Per me è un ricominciare, un ripartire.

Tonino, Campiglione (Fermo)