Il carcere di Opera

Colletta 2018. La mia Giornata in carcere

La raccolta di generi alimentari nella casa circondariale di Opera. «Grazie, perché ci date la possibilità di poter fare del bene, di essere utili e sentirci utili», dicono i carcerati. Con loro Giacomo riscopre il valore di un gesto fatto da tanti anni

È la prima volta che faccio la Colletta Alimentare in carcere, ho cominciato, infatti, solo quest’anno la caritativa nella casa di reclusione di Opera. Forse, proprio per questo è stata una Colletta diversa da tutte le altre.

I detenuti erano già stati avvisati dalla direzione su che cosa sarebbe successo quel giorno. Ci dividiamo in due gruppi per coprire i quattro piani delle due sezioni in cui saremmo andati. Qui incontriamo tanti volti, per alcuni ormai diventati amici, di quelli che ogni sabato mattina un gruppo di volontari di Incontro e Presenza va a trovare, ma ce ne son anche di nuovi. Arrivati al reparto, Guido invita tutti – volontari e carcerati – a guardare il significato profondo di quello che stavamo facendo, lanciando una provocazione che, se uno è minimamente consapevole del luogo in quelle parole risuonano, non può non apparire audace: «Per quanto uno possa avere commesso degli sbagli – e anche noi ne commettiamo, tutti i giorni! –, donare agli altri qualcosa di noi ci mette insieme, anche se divisi dalle sbarre, perché il cuore è fatto per questo: il cuore è lo stesso in ciascuno. Per questo vogliamo ringraziarvi per quello che vorrete donare!».

Ho pensato: «Ma che coraggio ci vuole per dire quelle parole». La risposta mi aspettava lungo il corridoio dove si affacciano le celle. Mentre uno carcerato ci aiutava spingendo il carrello su cui c’erano le ceste da riempire e invitando tutti gli altri a «donare qualcosa per chi ha più bisogno», chiamandoli uno per uno, pian piano si fanno avanti sempre più carcerati con in mano scatole di pasta, carne, di tonno. Più tardi, raggiungiamo l’altra sezione. Qui, non possiamo passare nei corridoi, per ragioni di sicurezza: i carcerati ci passano tra e sbarre dei sacchetti con gli alimenti o si organizzano per raccogliergli e darli poi agli operatori carcerari.

Ci fermiamo, allora, a parlare con loro: noi da una parte, loro dall’altra. Andrea e Michele raccontano della Colletta, di che cosa sta succedendo contemporaneamente in tanti supermercati di Italia e di come ciascuno di loro, nello stesso modo di chi in quel momento, libero, stava andando a fare la spesa, poteva contribuire alla costruzione di un’opera di bene. Ringraziandoli per la loro generosità, siamo, però, tutti stati interrotti quasi subito dagli stessi carcerati che ci hanno detto: «Siamo noi a dovere ringraziare voi, perché ci date la possibilità, con questo gesto, di poter fare del bene, di essere utili e sentirci utili». «È un bisogno nel bisogno. Noi che abbiamo bisogno aiutiamo qualcuno che ha più bisogno di noi».

Dalla testimonianza di questi uomini, la cui condizione potrebbe anche “comprensibilmente” portarli al disinteresse per tutto, ho riscoperto il valore di un gesto che ho fatto per anni. Solo il povero, infatti – non solo o non per forza il povero che non ha nulla, ma solo chi sa che cosa vuol dire avere bisogno – può donare davvero quello che ha e facendolo è più contento, più insieme a tutti. E questo è tanto più vero, perché non si sono fermati qui, anzi, ci hanno fatto una proposta, a testimonianza di come la creatività nasca dalla consapevolezza del proprio bisogno. Ci dicevano: «Ci piacerebbe potere continuare a contribuire anche durante l’anno. Non possiamo trovare un modo?». Alla fine della giornata, mi sono tornate in mente le parole di don Giussani: «Cristo, dunque, arriva proprio qui, al mio atteggiamento di uomo, di uno, cioè, che aspetta qualcosa, perché si sente tutto mancante» (Il cammino al vero è un’esperienza).

Guardare lo spettacolo della Colletta in carcere è stata l’opportunità di tornare a coincidere con ciò che sono davvero, pieno di letizia e di desiderio di essere povero come quei carcerati. Gli 826 kg raccolti non sono che il segno tangibile della gratuità con cui ciascuno di loro ha voluto partecipare alla Colletta.
Giacomo, Seregno (Milano)