Triduo di GS. Qualcuno mi ama, adesso, qui

È partito per Rimini per "dovere", per curiosità e con una domanda: perché cinquemila ragazzi decidono di stare tre giorni ad ascoltare un prete? Al ritorno si è portato a casa molti interrogativi in più. Ma anche una certezza

Perché cinquemila ragazzi si sono trovati a Rimini per meditare sul senso e il mistero della Pasqua? Come è possibile che quei ragazzi, che noi adulti tante volte consideriamo ormai privi di qualsiasi speranza e capacità di concentrazione, decidano di stare tre giorni ad ascoltare un giovane prete, don Pigi?

Ho dentro ancora questa domanda, dopo tre giorni così. Non mi porto a casa chissà quale frase, effetto o altro: questa domanda, a cui non trovo ancora una risposta precisa. E sono molto contento di questo.

Sono partito per il Triduo con tante preoccupazioni a causa di alcuni fatti che quest’anno mi hanno un po’ fiaccato. E neppure fisicamente stavo benissimo. Ero veramente stanco. Una settimana prima ero stato agli Esercizi della Fraternità, e il solo pensiero di ritornare a Rimini in pullman e infilarmi in un salone con migliaia di persone... Eppure ci sono andato. Un po’ per “dovere” e per curiosità. E poi perché alcuni miei studenti hanno aderito alla proposta del Triduo con uno slancio che non mi aspettavo. Ero contento di questo, a parte un’accesa discussione che ho avuto con alcuni di loro a una settimana dalla partenza: «E adesso cosa mi invento per stare con loro? Sicuramente quanto successo pregiudicherà la riuscita del gesto», pensavo.

Durante il Triduo spesso mi sono sentito insofferente, polemico e infastidito di tutto! E mi sentivo in colpa di questo. Ma la mattina del venerdì mi è venuto come un flash: «Ma io posso essere me e stare qui, anche con tutta la mia polemica! Non devo superarla per capire se Gesù mi vuole bene oppure no». Lo stesso durante la seconda stazione della Via Crucis: «Posso essere sovrastato da tutto, vedermi “caduto”, non capire nulla, perfino rinnegare qualcosa che prima vedevo e credevo vero. Ma adesso, qui, magari anche un po’ confuso, mi accorgo che sto seguendo Qualcuno che ha già operato nella mia vita. Qualcuno mi ama così come sono. Non dopo, non ieri, ma ora, adesso, qui».

Ma che cosa è successo perché me ne accorgessi? Non ho dovuto essere diverso da me, dal mio carattere, dalle mie inclinazioni, dal mio misero essere. Anzi proprio perché uno è meschino o disastrato può accorgersi veramente di quanto grande sia l’amore di Gesù che molti amici mi testimoniano. Don Pigi ha introdotto l’Angelus del sabato mattina raccontandoci la sua fatica «Stamattina mi sono alzato pervaso dalla negatività! Come se tutto quello che è successo non sia reale. Eppure c’è una realtà a dispetto dei miei sentimenti. Eppure Lui ti dice: torna a guardare!».

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Non serve uno sforzo, un impegno o un ragionamento. Questo è stato chiarissimo quando Francesca, una ragazza di Macerata, mi ha scritto questo messaggio: «Appena tornati dalla lezione del venerdì mattina siamo andate a fare due passi in spiaggia. C’era una signora insieme al marito e ai figli e ci ha chiesto come mai eravamo lì. Avevano visto tanti pullman. Le abbiamo spiegato chi siamo e cosa stavamo facendo. E lei mi ha detto: “Si vede che c'è qualcosa di veramente grande tra di voi per farvi venire qui”. Non sapeva niente di noi, ma ha notato subito che c'era qualcosa che ci legava». Ma cosa ha visto quella signora? Cosa c’era in quei ragazzi che giocavano sulla spiaggia o in quei pullman che passavano?

Lo stesso imprevisto lo racconta Federica, anche lei di Macerata, dopo la Via Crucis del venerdì a Sant’Arcangelo di Romagna: «Devo ammettere che la Via Crucis mi ha colpito molto. Camminare vicino a persone che non conoscevo, ma tutte unite per uno stesso desiderio... Sono stata veramente felice di vivere questa esperienza con voi». Anche lei, che cosa ha visto di tanto strano e impressionante? E ancora Katia, una di quelli con cui avevo discusso in classe prima di partire, parlando dell’assemblea del venerdì sera: «Tutti quelli che hanno parlato hanno detto qualcosa di me, di quello che sento io. È stato fantastico!». Come possono degli sconosciuti parlare di te?

L’unica cosa che posso fare è scoprire che non ho ancora capito nulla di quello che ho incontrato. Il primo segno di questo avvenimento che si è introdotto nella mia vita è una tenerezza totalmente gratuita, un amore che dona una serenità (non una “gioia”) che comincia a reggere l’urto del tempo. Una tenerezza immeritata che ti investe e ti sovrasta.

Gabriele, Macerata