Europee. Cosa fa vibrare il cuore di tutti?

Una sfida sul lavoro, già fallita in passato e che ritorna. «Ma è il mio momento, perché è possibile ricominciare dal piccolo pezzo di realtà in cui siamo stati messi». Anche avendo a che fare con tasse e tributi...

Lavorare in un ente pubblico, soprattutto se di grandi dimensioni e in questo particolare momento storico, non è semplice. Ed è ancor più complicato se si lavora nel settore delle risorse finanziare. In questi anni il mio carattere è stato messo alla prova dal mio mestiere: ci sono poche cose più divisive che il tema delle tasse. Eppure, l’incontro con il movimento, fatto ormai tanti anni fa, sostiene la mia vita e continua a produrre cambiamenti nelle mie giornate.

Di recente i miei dirigenti mi hanno chiesto di tenere una relazione su alcuni aspetti controversi di un’imposta. In passato mi era già capitato un caso simile e non era andata bene. Ma non mi sono voluta tirare indietro. Ho pensato che era il mio momento, il “nostro” momento. Era il momento per ciascuno di noi, perché è possibile ricominciare dal piccolo pezzo di realtà in cui siamo stati messi e dalla consapevolezza che per vivere abbiamo bisogno degli altri. Solo così si può ragionare su un avvenire possibile e, di certo, anche l’Europa è un pezzo di questo avvenire.

Sono cambiata rispetto a qualche tempo fa e sono, paradossalmente, più sicura. È stato un percorso iniziato con un momento di grande difficoltà sul lavoro, accompagnato da tante domande che cercavano senza sosta una risposta. La cercavo durante la Scuola di comunità, nel rapporto con gli amici, nel tentativo di prendere sul serio i volantini e gli avvisi del movimento. Ho deciso di accettare l’invito a confrontarmi con l’ultimo documento di CL in forza di un desiderio insopprimibile: che l’incontro fatto non sia solo sentimentale, ma tenga l’urto del tempo, regga il confronto con le cose della vita, sia strumento di giudizio nelle mie scelte, compresa quella riguardo alle Elezioni Europee. Se questa presa di coscienza diventa sempre più vera per me, può diventarlo anche per il mondo.

Eppure, nonostante l’impeto ideale, la sfida di quella relazione restava ardua. Quando si parla di tasse non si può essere approssimativi e gli altri relatori erano di assoluta eccellenza. La platea, poi, era composta da potenziali avversari: avvocati e le principali associazioni di categoria interessate al provvedimento. Così ho cercato di non trascurare nulla, come si fa quando devi curare un figlio. Pur conoscendo bene la materia, mi sono preparata da capo. Man mano cresceva in me l’idea che la vera sicurezza per affrontare le sfide si poggia sulla persona, sull’unità del giudizio e sul fatto di concepirsi insieme “Sotto lo stesso cielo”, come dice la campagna Tende Avsi.

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Il primo intervento era andato benissimo, poi stata investita da tante domande insidiose, che toccavano i punti deboli dell’impianto normativo, sui quali, tra l’altro, chi incalzava aveva le sue ragioni. Era sufficiente trovare una via di fuga dialettica? Loro cosa stavano cercando? Quali erano gli interessi tutelati? Senza il dialogo con l’altro, ho pensato, neppure la forza coercitiva delle leggi raggiunge l’obiettivo prefissato. Il confronto deve avvenire su quelli che sono i veri bisogni. Così ho risposto chiedendo: «Ma voi cosa volete veramente? Davvero preferite trovare il modo di eludere questo tributo, invece che aiutare il vostro territorio a crescere e favorire, proprio attraverso il pagamento delle tasse, gli investimenti necessari a migliorarlo, a renderlo sempre più bello e utile al bene di tutti? Piuttosto che trovarci a discutere per non pagare, tra l’altro a discapito di altri, troviamoci a discutere su come spendere i soldi che mettiamo in comune». È sceso il silenzio. Vibrava solo ciò che interessa il cuore di tutti. Il portavoce dell’associazione più rappresentativa si è alzato in piedi dicendo: «È vero! È questo che vogliamo. E beneficio delle nostre imprese e a beneficio di tutti».

Ivana


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